Non so perché ma mi sentivo un tremore dentro, avevo messo a posto casa, mi ero preparata con cura, lungamente guardata allo specchio, era tutto ok, eppure qualcosa non andava. Guardai alla finestra, piovigginava appena anche se un pallido sole traspariva da nubi sottili, un arcobaleno accennato annunciava l'arrivo della primavera.
Eravamo in marzo, quasi un anno era passato da quel tragico incidente, giù dal burrone in piena notte, di ritorno sulla panoramica sorrentina. Michele, compagno di una vita, morì sul colpo, io fui sbalzata fuori dall'abitacolo e pur sentendomi squartata cominciai ad urlare.
"Subito, agganciamola" sentii vagamente e poi urla sempre più fioche "solleva, solleva dai"
Un caldo afoso entrava dalla finestra, era estate piena, fine luglio, mi disse la vicina di letto.
Non ero ancora pienamente in me, da alcune ore mi ero svegliata, mi dissero, da un coma di quasi quattro mesi.
Lentamente si avvicinò un bel giovane col camice, beh, ero già lucida!
"Buongiorno Lucia, come si sente?" mi si rivolse con un luminoso sorriso, "dove sono, cosa mi è successo?" farfugliai.
"Carissima Lucia, ne parleremo a poco a poco" e così dicendo fece cenno all'infermiera che gli stava accanto e che immediatamente cominciò ad armeggiare sull'ago che avevo al braccio sinistro cambiandone alcuni e regolando la velocità della flebo.
I giorni passavano lenti e uguali, la mia vicina di letto era cambiata più volte e già l'autunno era alle porte.
Avevo iniziato la fisioterapia, andava bene, facevo brevi passeggiate nel giardino e colloqui giornalieri con una psicologa che pian piano mi aveva parlato dell'incidente... di Michele...di...del bambino che era stato concepito da meno di un mese... e che non c'era più.
Raggelare mi sentii, dentro e fuori, lacrime prorompenti inondarono il viso, le mani, il mio essere. Una puntura, ricordo, poi un lungo sonno.
"Ti va un tè?" mi chiese mia sorella, nella nostra casa di famiglia, mentre guardavamo la tele. Anche lei era single e si stava dedicando alla mia convalescenza come solo una sorella può fare.
Ero depressa. Michele, il bambino, il lavoro abbandonato, vuota mi sentivo, totalmente vuota.
Il dott. Laurenzi, Giorgio, come aveva voluto essere chiamato, veniva regolarmente due volte alla settimana per i controlli, ma anche perchè... avevo percepito una dolce sintonia tra lui e mia sorella. Ne ero felice!
Anche adesso stava per arrivare, aveva detto che ci portava a cena assieme a Mimmo, un suo cugino venuto dal Brasile. Per questo mi ero preparata di tutto punto, un modo per rompere la pesante routine che da tanto tempo mi opprimeva tutto l'essere. Però ero inquieta... mi sentivo in colpa!
Mia sorella, la carissima Luisa, era splendida! Era buona, meritava ogni bene!
Qui a Salvador de Bahia si vive bene, non c'è stress, il mare è stupendo. Mio marito, Mimmo, sì, proprio quello, gestisce un centro turistico, organizza crociere con l'Italia e per questo spesso m'incontro con mia sorella e con mio cognato Giorgio. Le nostre bambine si adorano. Alzo gli occhi al cielo, ringrazio Dio e abbraccio sempre Michele e il nostro "cuoricino". Michele non è solo!