Le indagini erano il pane quotidiano di James e adesso doveva saperne di più. Il nome lo vide stampato in caratteri di stampatello maiuscolo sulla targhetta appesa al camice: J. Lorenzi. J.L. Jennifer Lawrence. Per la pupazza! La donna della sua vita! Finalmente trovò il coraggio di guardarla negli occhi: pure quelli identici a J.L. La donna più bella del mondo era davanti a lui.
“Sono la dottoressa Lorenzi, 40 giorni di prognosi senza carico.”
“Si, me lo hanno detto. Mi scusi, il senza carico, cosa significa?”
“Significa che per 40 giorni non potrà posare il piede a terra e camminarci sopra, signor Calamaretti.”
“James.”
“Prego?”
“Mi chiami James.”
“Non mi permetterei mai. Tendo a non dare confidenza ai pazienti.”
“Il mio cognome è imbarazzante.”
“Perché? I calamaretti sono ottimi con la pasta.”
Ecco, ci siamo, pensò James, mi paragona al crostaceo. Lo sguardo si fece triste d’un tratto.
“Signor Calamaretti” proseguì l’affascinante medico “Dovrà procurarsi o due stampelle o una sedia a rotelle.” Poi squadrandolo da testa a piedi aggiunse “Le stampelle potrebbero essere sufficienti: corporatura asciutta, tonicità muscolare nella norma, bicipiti sviluppati adeguatamente.” James si sentì lusingato dal soliloquio della dottoressa e arrossì come era solito accadere se qualcuno si complimentava con lui. Il rossore del vice ispettore Calamaretti era di quelli che non passavano inosservati: partiva con un classico tuffo al cuore e, nel giro di mezzo minuto, si propagava il rossore dal collo fino alla punta delle orecchie. La dottoressa J. Lorenzi se ne accorse, sorrise e, come per fargli un dispetto, avvicinò il suo viso a quello di Calamaretti e iniziò ad auscultare il cuore con ciò che James chiamava telefono, in realtà altro non era che uno stetoscopio.
“Soffre di tachicardia?” chiese Lorenzi. James scosse il capo negativamente.
“Parrebbe tachicardico.” Proseguì lei “E’ agitato?” Con la mano lui rispose: così così. Non riusciva a parlare, il suo cuore era finito in gola, come l’ernia iatale e, simultaneamente stavano ballando un Mambo. Che situazione del piffero!
La gamba venne fasciata fin sotto al ginocchio e, nel giro di un minuto, James si ritrovò inchiodato dentro ad un gambale di gesso talmente indurito da non sentire più che cosa vi fosse al suo interno. Cercò di muovere le dita, lasciate libere, si mossero ma lui non sentì. Impaurito, strinse il braccio della dottoressa Lorenzi e disse ciò che mai avrebbe pensato di dire: “Viene a cena con me stasera?”
La Lorenzi lo guardò con gli occhi socchiusi, lo stetoscopio ancora nelle orecchie e rispose la frase più impensabile che il vice ispettore potesse aspettarsi: “Perché no? Alle 20,30 va bene?” James perse i sensi in quell’istante.