Mollemente mi stropiccio gli occhi e per qualche istante la vista si offusca, sembra che raggi di luce, come saette, entrino furtivi dalla finestra socchiusa e lancino bagliori davanti alla vecchia vetrina ereditata dalla nonna, quasi come in un incatesimo.
Dire vetrina è poco rispettoso, è meglio dire "porta servizi"!
Sì, porta servizi, il mobile più importante delle case del primo '900.
Di legno, fatto a mano da un buon falegname, emana da sempre la sua austerità a cominciare dal "rabesq", costituito da un cesto pieno di foglie e di frutta beneaugurante, sapientemente intagliato e posto in alto al centro, quasi a far da vedetta a tutta la casa e a ricordare a tutti la sacralità del focolare domestico e della famiglia.
Al di sotto del "rabesq" segue la vetrina vera e propria i cui ripiani sono adornati con preziose trinette ad uncinetto fatte a mano dalla nonna. Tazzine, piattini, lattiere, bicchieri di cristallo, statuine e altri ninnoli vezzosi fanno bella mostra assieme alle carissime bomboniere degli eventi gioiosi festeggiati in famiglia.
Al di sotto della vetrina due cassetti più piccoli e tre cassetti più capienti contengono quanto di più prezioso costituisce il corredo di una sposa: lenzuola ricamate, camicie da notte con pizzo francese, servizi da tavola e asciugamani in lino purissimo.
Il contenuto è prezioso ma altrettanto preziose sono le sue decorazioni, cinque teste di moro e bordure finemente intarsiate, sempre in legno, fanno da cornice a cotanto valore.
Torniamo però all'incantesimo, ce n'è uno, davvero!
Nell'enorme bagliore creatosi davanti al porta servizi, intravedo sempre più chiaramente un bel giovanotto, occhi belli, verdi, espressivi, carnagione chiara e sottile, longilineo.
Siamo intorno al 1915, già la Prima Guerra mondiale coinvolge diversi Stati, ma Gaetano, chiamato da tutti Tano, vive il suo sogno di sposarsi al più presto con Maria, e proprio il porta servizi è stato appena consegnato, portato in dote da Tano, per arredare la nuova casa.
Il matrimonio si avvicina a grandi passi, i preparativi, nella loro semplicità, fervono.
Ma il destino si frappone fra i due giovani, la chiamata alle armi arriva improvvisa seppur prevista.
Quasi in un battibaleno Tano svanisce avvolto dal vapore del treno nella stazione di Bagheria.
I giorni passano lenti per Maria che deperisce a vista d'occhio, una brutta tosse sconquassa il suo petto, fa sempre più fatica a respirare: è la "spagnola", brutta pandemia che in quel periodo miete vittime a centinaia, a migliaia!
Così si spegne anche Maria e porta con sé il suo sogno di unirsi a Tano che torna poco dopo e che sente un velo di tristezza percorrere il suo essere.
Sempre più malinconico Tano passa le sue giornate ma sua sorella, Giuseppina, lo segue di sottecchi e si arrovella la mente nel pensare a qualche nuova fidanzata per l'amato fratello.
“Ecco ci sono”, pensa, e in men che non si dica organizza una visita a Cerda, piccolo paese di montagna, dalla sua cara amica Caterina che di figlie da marito ne ha ben quattro, Fifì, Cettina, Santina e Sabatina.
Non ti preoccupare, disse a suo fratello, noi andiamo per visita, se ti piace una delle figlie me lo fai capire altrimenti rimane come visita di cortesia.
Trascorsero una bella giornata a Cerda, biscotti, rosolio e altre prelibatezze, con le signorine che si davano da fare e che avevano subito notato il bel giovanotto, già sentivano un brivido nella schiena.
Sabatina fu la prescelta, per i suoi modi, per i suoi occhi bassi e per il suo sorriso dolce che però nascondeva un carattere forte e deciso.
La coppia si affiatò subito, solo un cruccio aveva Tano, si era accorto che "u tuppu" (chignon) che aveva Sabatina era posticcio (tutte le donne avevano "u tuppu" a quel tempo) e ne parlò alla sorella che prontamente, senza farlo pesare all'amica Caterina, si informò del fatto e si sentì sollevata quando seppe che per via della "spagnola" la ragazza aveva sì perso i capelli, ma che ora erano quasi completamente cresciuti, in poco tempo il tuppo posticcio sarebbe sparito.
Era da poco passato il 1920, la guerra, la pandemia, le mille paure erano svanite, ci si avviava ad una nuova vita, Tano e Sabatina ebbero otto figli, sette femmine e un maschio e una lunga serie di nipoti e pronipoti...
A questo punto l'incantesimo si interrompe, il bagliore si spegne... e io, “Adribel”, una delle nipoti di Sabatina, mi trovo qui appena svegliata, distesa sul divano del salotto dove troneggia appunto il portaservizi... che doveva essere di Maria, che è stato di Sabatina e che ora è in casa mia.
Sono chiusa in casa da un mese per scampare ad una terribile pandemia da Coronavirus, siamo nel 2020, esattamente 100 anni dopo i fatti che ho intravisto come in un sogno. La nonna Sabatina ce l'ha fatta, spero di farcela anch'io!