"Corri, corri più veloce che puoi", Farà si sentiva spinta da una paura immensa, il suo papà le diceva di correre ma lui si era fermato molto più indietro, sentiva la sua voce sempre più lontana.
Continuava a correre, era già arrivata dove finivano le case, sentì una raffica di mitra. Capì... il suo papà non c'era più. Si era fermato per farle da scudo! Continuò a correre Farà, si addentrò nel bosco, si fermò solo quando si sentì protetta dai numerosi arbusti che in molti punti erano più alti di lei.
Il sole si era abbassato, Kabul si scorgeva in lontananza, il brusio si era spento.
"Che sta succedendo?", pensò Farà, e dai suoi occhioni neri scesero calde lacrime di paura, "papààààà, papàààà" gridò più volte.
Si accovacciò ai piedi di un albero, rivide le scene di quella giornata...
...Poco dopo l'alba, col suo papà, si era avviata al mercato per fare scorte, le voci dell'invasione talebana erano sempre più incalzanti e Mustafà temeva per Farà, la sua bambina.
Da alcuni giorni le notizie della riscossa dei talebani inquietavano Mustafà, proprio per non lasciare Farà a casa da sola aveva deciso di portarla con sé al mercato, per fare un po' di provviste per la sua bottega.
"Sono contenta di venire con te papà, a scuola ci hanno dato le vacanze per alcuni giorni".
Mustafà sapeva il perché di queste vacanze, ed era preoccupato. Sua figlia, dodicenne, frequentava con diligenza e volontà, studiava l'inglese e l'arabo "colto" e sognava di diventare maestra.
Al mercato Mustafà fece gli acquisti che aveva programmato ma era molto più attento ai discorsi che facevano le persone intorno a lui.
"...siamo perduti", "...ci hanno abbandonati", "...ho detto a mia moglie di preparare un po' di roba per scappare", "...preferisco morire pur di non lasciare la mia casa".
Mustafà capì che la situazione stava precipitando, prese i suoi sacchetti e incitò Farà a camminare sempre più veloce.
Cominciarono a sentirsi colpi di arma da fuoco, "corriamo" disse Mustafà, si sentiva affannato, dietro di lui le mitragliatrici erano sempre più vicine, lanciò lateralmente i sacchetti con la frutta, quasi strattonò la sua Farà, la portò davanti a lui, la incitava a correre... finché non cadde, colpito alle spalle...
Pianse ancora molto Farà, i singhiozzi le facevano scoppiare il petto. Il buio calò.
Aprì gli occhi alle prime luci del'alba, fu svegliata dal rumore di passi che calpestavano il terreno e le erbe rinsecchite, non alzò lo sguardo, era un uomo, cominciò a tremare, poi ne giunsero altri.
Si raggomitolò su se stessa, "sono loro", pensò. Si sentì afferrare per un braccio, guardò, era una donna, gli occhi si vedevano appena attraverso una fessura del velo.
"Vieni con noi, stiamo scappando".
Camminarono per tutto il giorno, solo qualche breve sosta per bere e per mangiare fette di pane non lievitato.
Poche le parole pronunciate. Farà capi che provenivano da un quartiere di Kabul diverso dal suo, tre uomini facevano da capo gruppo, poi le donne, circa una decina, fra cui alcuni bambini e cinque uomini a chiudere il gruppo.
L'andatura era lesta, qualche bambina mugugnava.
I piedi di Farà bruciavano per la stanchezza, per le bolle.
Passarono la notte dentro un rudere, Farà crollò, il suo sonno però fu turbato da sogni lugubri. Si svegliò sudata.
Ancora in cammino... il primo camion, altri camion, un braccio teso... ops, un salto sul traghetto, ops, su una nave ONG...
"Signora Lucia, le preparo un the?", disse Farà.
"Sì, Farà, e poi solleva la coperta che voglio riposare un po' ", "subito" rispose Farà.
Pensava sempre alla sua terra, sentiva che il suo papà le era sempre accanto, seguiva con apprensione le notizie del tg. Ringraziava il cielo, sempre, sempre!
"Senti Farà, mentre riposo vai in pasticceria, prendi dei dolcetti per i miei nipoti che verranno più tardi"
"certo, signora Lucia".
Chiuse delicatamente la porta, scese giù per le scale, aprì il portone, era sempre una meraviglia uscire in Galleria e trovarsi a piazza Campello. A Sondrio.
Molti anni passarono.
"...e poi la scuola serale, il diploma, il posto di maestra nella piccola scuola dell'infanzia di Livigno, l'incontro col nonno Said"
"E poi, nonna Farà?"
"E poi è ora di andare a dormire, cara Mefì, domani ti racconterò il resto"
Karima, la figlia di Farà, studiava a Milano, conosceva bene la storia di sua mamma, fuggita da Kabul nel 2021, conosceva bene i rischi e i pericoli che aveva corso e voleva studiare per una vita migliore, portava però sempre Kabul nel cuore!