Ero quello che mangiava banane fino a finirle tutte
Quello che troppo preso dalle sue cose dimenticava di far pipì
Ero anche quello che usciva a giocare tutto il giorno
E l’unico cellulare era il grido di mia madre dal balcone
Ero gambe che correvano e occhi vispi
A volte lucidi dalle lacrime dei rimproveri
Ero cibo e libertà
Gambe sbucciate e sogni, di diventare uomo come il proprio padre
I miei aeroplani di carta volavano dal quinto piano di casa mia, nel cielo
Volevano raggiungere una ragazza che mi piaceva
Si accorse di me ed io della nostra differenza di età
Con il migliore amico la stazione ferroviaria era nostra
Facevamo idealmente partire treni e guardavamo la gente che arrivava e partiva
Ognuna con le sue speranze
Un luogo di giochi favolosi
Ero atleta e dal niente inventavi Olimpiadi estive con i ragazzi del quartiere
Pezzi di legno e corde unite, palloni sgonfi e racchette da supermercato
Divoravo fumetti di ogni genere
E volavo dentro storie di Far West e subito dopo proiettato in mondi del futuro
La redazione del giornale di quartiere che fondammo ebbe breve vita
Ma le idee erano buone
Pochi lettori per parole scritte in modo elementare su fogli di recupero
I fiumi circondavano la città
E ho ancora nelle narici l’odore tagliente di quella terra umida
Rane e lucertole venivano catturate
E grosse tinche pescate per poi finire nella vasca da bagno dell’amico di turno
Le prime feste e le prime ragazze
Balli che cingevano esili viti
Con sorrisi a volte luminosi dovuti ad apparecchi metallici dei denti
Si ero
Sono stato
E sarò
Eternamente io