Sollevò la tavoletta, prese il pene con la mano sinistra e indirizzò il getto al centro. Il liquido ambrato gorgogliò per un tempo interminabile rilasciando un afrore alcolico. "Quanto cazzo ho bevuto ieri sera?" si domandò.
Si asciugò, azionò lo sciacquone e, mentre si lavava le mani osservò i due segni profondi e scuri che evidenziavano gli occhi.
"Eh, sì. Devo avere proprio bevuto un bel po'". Tornò in camera e si infilò sotto il piumone.
Al suo fianco un sommesso russare proveniva da una schiena nuda tatuata con una civetta intenta a spiccare il volo; le ali appena spiegate sembravano muoversi ad ogni respiro.
“E questa chi è?”
Si sforzò di ricordare gli avvenimenti successivi all'uscita dal "Clandestino". Si era seduto al solito tavolo d'angolo, in fondo al locale, ma con vista sul piccolo palco.
Morena glielo riservava ogni mercoledì' appoggiandovi sopra una bottiglia di tequila Gran Patron Platinum e due bicchierini da shot. Quella sera Don Antonio con la sua band suonava romantiche melodie blues.
Il "Clan" era strapieno.
L'unica sedia rimasta disponibile era quella al suo tavolo.
Quattro donne, in piedi, strizzate tra il bancone e la folla di clienti, avevano adocchiato la sedia e confabulavano tra loro. Una di esse si era avvicinata e, a gesti, gli aveva chiesto se poteva sedersi. Le aveva sorriso, annuendo. Era calva, con un fascino atletico, mascolino, anche se il vestito corto e leggero le donava femminile eleganza. Un tourbillon in oro rosa e titanio le abbracciava il pollice destro. Le unghie, curate da un french multicolore, tamburellavano al ritmo di "Batticuore". Aveva riempito entrambi i bicchierini.
La bottiglia al silenzio della musica era terminata. Le sue amiche già se ne erano andate e così erano usciti insieme percorrendo il viale di ippocastani. Camminando si erano raccontati aspetti personali, stupidaggini, sorridendo. Gli occhi di lei erano scintillanti, il sorriso sensuale. Giunti al semaforo, si erano presentati.
"Athena. Col "th"".
"Andrea. Posso accompagnarti a casa?"
"Ti accompagno io!"- aveva ribattuto lei.
Circa dieci minuti dopo erano entrati nel piccolo appartamento. I suoi ricordi terminavano in quel momento.
"Buongiorno!" - sussurrò lei e si alzò. Ne osservò il corpo nudo con muscoli tonici ed evidenziati, il seno era indifferente alla gravità. Quando tornò dal bagno gli chiese: "Quanto cazzo abbiamo bevuto?". Si guardarono un attimo negli occhi e scoppiarono a ridere. "Sei bellissima!" "Anche senza capelli ed un pelo sul corpo?"
"Capelli...?"
"La chemio... quella maledetta contro quello stronzo! Sono caduti, ma io no!"
"Sei bellissima!"- ripetè.
"Sono un medico, ginecologia. Divorziata. E tu?"
"Un avvocato... ubriacone single! Bello il tuo tatuaggio. Sembra vivo. Le ali, ad ogni tuo respiro, si muovono come fossero in volo!"
"Anche il tuo delfino sembra saettare tra le onde...Ieri sera ti sei addormentato non appena ti ho spogliato... sono rimasta a guardare il tuo inguine...".
Andrea le si avvicinò e si baciarono. Fu un bacio lungo, dolce, goloso, ma non affamato. Poi Athena scivolò sopra di lui e indirizzò il pene dentro di lei. Nuotarono e volarono lontano. Il tempo non esisteva. Il dolore non esisteva. Erano solo due animali che si amavano. Uno d'aria e uno d'acqua. Il delfino volava e la civetta nuotava.
"Resta con me". Le chiese. Scivolò col viso tra le sue gambe, un piccolo tridente la trafiggeva.
Athena si capovolse con il viso verso il suo pene, con la lingua accarezzò il delfino e prima di chiudere la bocca, con un sorriso disse: "Resto".
Ma così non fu.
Lo scudo non lo aveva pietrificato, né la lancia trafitto.
Non lo stronzo.
Ma colui il quale le aveva promesso falsamente amore sino alla morte, sia nel bene sia nel male. L'aveva travolta più volte con l'auto nel parcheggio dell'ospedale, rendendola irriconoscibile.
Quella bellezza non doveva più volare, né nuotare.
Ogni mercoledì Andrea pone sul tavolo due shots, una bottiglia di tequila e ascolta blues, nell'attesa inutile del suo amore.
Forse sino alla morte, sia nel bene, sia nel male, mentre il suo cuore, senza cielo e senza mare, gorgoglia come un fiotto di urina alcolica nel cesso.