15 giugno 2103
Il ritorno di Ernesto porta con sé la polvere delle strade che ha percorso e nei suoi occhi leggo di una storia che non riesco a immaginare. Chiedo con un timido sussurro, «Dove sei stato?».
Il suo sguardo si fissa su di me, come se cercasse la forza delle parole giuste. «Tra i paria, camminando nelle strade che prima non avevo mai visto davvero. Ho ascoltato le loro storie, le loro grida soffocate dalla miseria».
L'ansia cresce dentro di me. «Ma è sicuro, Ernesto? Se dovesse succedere qualcosa? Se scoprono chi sei? Chissà quante spie avranno tra i paria».
Le sue mani cercano il mio viso nel tentativo di trasmettermi sicurezza. «So a cosa vado incontro, Elena. Ma il silenzio mi è diventato insopportabile. Ho visto una madre e un figlio uccisi solo perché cercavano aiuto. Non posso più stare in silenzio».
Abbassa, lo sguardo, incerto. È allora che Ernesto nota il diario aperto sul tavolo, le pagine piene del mio tormento e della mia speranza. Legge, con avidità. Poi il suo sguardo si ferma, come se un'idea stesse germogliando nella sua mente.
«Elena», dice lentamente, «questo tuo diario… potrebbe essere il modo per far conoscere la verità. Potrebbe ispirare ai paria qualcosa di più grande di tutti noi».
«Non capisco come potresti diffonderlo», dico. «I paria non hanno kindle né internet. E se giungesse nelle mani sbagliate, se ti scoprissero, sai bene che non esiterebbero a sopprimere te e me».
«Se dovessero ucciderti non potrei mai perdonarmelo», dice Ernesto, «ma troverò il modo per diffondere il messaggio. I paria devono organizzarsi per resistere, come già stai facendo tu».
19 giugno 2103
Oggi ho rivisto Ernesto, di ritorno da un “safari” di due giorni. Ha discusso a lungo con un paria che chiameremo Pasquale, in modo che il Consiglio di Amministrazione non possa individuarlo. Pasquale lo ha accompagnato attraverso una rete di gallerie e stretti passaggi scavati nella pietra, che si stendono sotto la città. Insieme hanno raggiunto una sala, la Biblioteca, piena di libri di carta e altri strani oggetti. Pasquale ha detto che era usata dai partigiani, uomini che combatterono per la libertà al tempo dell’occupazione dei nazifascisti. Non sapevo nulla di questa lotta contro i nazifascisti, alle schiave come me queste informazioni non servono. Da Ernesto ho saputo che anche in passato ci furono élite violente che opprimevano il popolo e che tuttavia uomini coraggiosi ebbero la forza di combatterli e alla fine sconfiggerli. Spero che sia possibile ancora oggi, ma mi tremano le vene dei polsi al pensiero dei rischi che questo comporta.
Pasquale ha mostrato a Ernesto una “macchina da scrivere” perfettamente funzionante, che può essere usata per scrivere al posto dei tablet e dei computer, e un vecchio “ciclostile”, una congegno che permette di stampare sui vecchi fogli di carta. Ernesto è convinto che anche il ciclostile possa tornare a funzionare, occorre soltanto trovare “carta e inchiostro”, mi ha detto, anche se non ho ben capito cosa intendesse. Mi ha anche lasciato un vecchio libro pieno di polvere che gli ha dato Pasquale: «Leggilo e nascondilo bene. Nessuno deve vederlo».
Ernesto è andato via quasi subito. «Devo cercare dei documenti nella Biblioteca della città». Temendo che potesse tradirsi ho ribattuto: «E non puoi farlo da remoto? O forse andrai lì a cercare libri di carta vecchi come questo?». «No» mi ha risposto, «lì ci sono soltanto file che posso caricare sul mio kindle, ma quello che mi serve non posso trovarlo se non con un accesso fisico ai cataloghi. Misure di sicurezza, dicono». Mi ha baciato: «Ci vedremo domani o dopodomani, amore mio. Intanto leggi il libro».
Sulla prima pagina c’è scritto a caratteri cubitali “Karl Marx - Il Capitale”. Ho cominciato a leggere. È difficile, il linguaggio è così antico. E parla di cose che non conosco. È stato scritto nel 1867, quasi 250 anni fa!
21 giugno 2103
Oggi, dopo aver fatto l’amore, io e Ernesto abbiamo parlato a lungo degli sviluppi del nostro piano. Un barlume di speranza ha cominciato a mostrarsi. Lui pensa che Pasquale e i suoi amici possano facilmente fabbricare carta dagli stracci e da certe erbe. Potranno poi adoperare gli inchiostri che vengono prodotti da alcuni molluschi, calamari, seppie e totani, che i paria pescano in mare.
Ernesto consegnerà a Pasquale un kindle con il mio diario. Lui con la “macchina da scrivere” preparerà le matrici che permetteranno la stampa del testo. La diffusione avverrà tra i pari più fidati, di mano in mano.
So bene che ci sono mille cose che possono andare storte. Ernesto rischia moltissimo, ma non intende rinunciare al suo piano. Io sono terrorizzata e non so come farò ad affrontare questa angoscia. Non riesco neppure a immaginare come il diario di una povera prostituta possa spingere uomini che non hanno nulla a lottare per una libertà che forse ormai non hanno neppure idea di cosa sia. Ernesto è più ottimista. Dice che i paria lotteranno perché non hanno nulla da perdere se non le loro catene.