Una donna seduta in un bar del centro, vicino alla porta d’ingresso, fissava senza batter ciglia l’andirivieni di milanesi e turisti sempre impegnati e indaffarati attraversare a passi svelti Piazza della Scala, per poi dirigersi verso l’immenso arco della Galleria. Ed ella se ne stava comoda col mento posato sul palmo della mano sinistra, mentre fra le dita della destra reggeva una lunga sigaretta fumante, e con la mente viaggiava fra le tortuose idee dei suoi progetti futuri, ché avrebbe voluto cambiare lavoro, fare qualche viaggio, riprendere a dipingere, o magari iscriversi all’università per seguire finalmente i corsi di letteratura che le erano sempre piaciuti, e che mai aveva trovato il tempo di frequentare. Poi un nuovo amore, una casa tutta sua, più grande, arredata secondo il proprio gusto. Intanto, più ella pensava, più il fumo della sigaretta cominciava a prendere la forma di tutti i suoi pensieri, e gli occhi erano rimasti fissi verso l’esterno, come inchiodati a chissà quale visione. Poi d’improvviso la porta si spalancò ed entrò una folata gelida, una di quelle tipiche di quando a Milano scende l’inverno rigido, e questa bastò a dissolvere tutta la fantastica costruzione fumosa che emanava la sigaretta ridotta ormai a mozzicone, col filtro raggrinzito. Fu allora che la donna s’alzò, prese il bastone e camminò a passettini, con la schiena ricurva, verso l’uscita, e due giovani stavano per entrare proprio in quell’istante quando uno dei due disse all’altro: “aspetta. Non vedi che è anziana?”. Il giorno seguente ella ritornò allo stesso bar, così come il giorno dopo e quello dopo ancora, con la solita sigaretta, come aveva sempre fatto negli anni precedenti a questa storia, e ogni giorno il fumo se ne inventava di cose che pareva essere un’artista più fantasioso di Braque o Dalì. Certo si può dire che nel corso della sua vita la donna il vizio del fumo non lo riuscì mai a perdere