“Fanno 22 euro” disse il taxista, aprendo il baule e invitandolo con lo sguardo a scaricare la Samsonite rossa, un po’ consunta e sbiadita, che l’occupava quasi per intero.
“Mi raccomando, dottore, si diverta!” aggiunse con ostentata cordialità, mente intascava 25 euro senza minimamente accennare a dargli il resto.
Sentì il malumore che gli covava dentro trasformarsi in una rabbia cupa e silenziosa. Non era per i 25 euro, per quanto l’importo gli sembrasse esagerato per i due chilometri scarsi da casa sua alla stazione Cadorna. Altri erano i motivi della sua irritazione. Era cominciata la sera prima, a cena con gli amici. Approfittando di un momento di stanca della conversazione, aveva lasciato cader lì: “Domani mattina parto per Bali”. Si aspettava gridolini di ammirazione e occhiate di invidia. Invece l’annuncio era caduto nell’indifferenza totale: non una domanda, uno sguardo, un commento. Avevano tutti ripreso immediatamente a chiacchierare delle solite banalità. Del fatto che lui andasse a Bali non importava niente a nessuno. Alla fine della serata aveva scoperto che due degli amici c’erano già stati. “Bello”, aveva commentato uno senza convinzione, aggiungendo solo “Divertiti”, con l’aria di dire che per riuscire a divertirsi a Bali bisogna proprio mettercela tutta. L’altro non aveva detto nulla.
La mattina della partenza, una bella giornata di primavera, si era un po’ rinfrancato. Facendo una colazione leggera, come sempre prima dei suoi lunghi viaggi, aveva riguardato i dépliant raccolti nell’ultimo mese: spiagge bianche, un mare turchese, fanciulle sorridenti, incantevoli vallate. Alla faccia dei suoi amici lo aspettava una vacanza da sogno. Poi ci si era messo quel maledetto taxista a guastare di nuovo tutto.
“Dove va di bello?” gli aveva chiesto, mostrando di aver immediatamente individuato in lui il tipico turista che va solo nei bei posti. Anche il taxista era già stato a Bali. Se non altro aveva manifestato un po’ più d’entusiasmo dei suoi amici: “Incredibile come muovono le mani quelle loro ballerine! Non le perda!”
E figurarsi se le avrebbe perse: l’agenzia, la World Travel Adventure, aveva messo in programma tre sere di danze tipiche balinesi. Cosa ci fosse in questo di avventuroso non gli era chiaro. Erano anni che viaggiava con quell’agenzia, era stato praticamente ovunque, eppure non ricordava nulla in tutti questi viaggi che potesse vagamente essere definito come un’avventura. L’episodio più drammatico era stato quando nel cinque stelle di Dehli avevano servito un’aragosta avariata e per due giorni il gruppo era stato bloccato dal mal di pancia.
Improvvisamente gli era venuto il magone a pensare che affrontava 22 ore di viaggio, 3 cambi d’aereo e 7 fusi orari per andare a vedere delle ballerine che muovevano le mani. Non aveva più scambiato parola con il taxista fino all’arrivo in stazione.
Era in largo anticipo sul Malpensa Express delle 9.28. Sul tabellone delle partenze lo precedevano altri 4 treni. Lo incuriosì l’ultimo, il treno per Camnago-L. delle 9.26. Dove diavolo era Camnago-L.? Non solo non c’era mai stato ma non l’aveva nemmeno mai sentito nominare. Il treno, informava il tabellone, “ferma in tutte le stazioni”. Si mise pazientemente in coda per prendere il biglietto per Malpensa, e intanto continuava a fantasticare su Camnago L. e sulle stazioni in cui quel treno si sarebbe fermato. Le immaginava come quelle del Far West, dove uno sferragliante convoglio passa una volta ogni due giorni per imbarcare l’unico passeggero, o come le stazioni innevate della steppa siberiana in cui, fra nuvole di vapore, sosta l’Orient Express. Cercava anche di immaginarsi come fosse Camnago-L., ma non gli veniva in mente nulla: per lui era un buco nero in una galassia sconosciuta.
Quando fu il suo turno allo sportello era talmente immerso in queste fantasie che quasi senza rendersene conto, come fosse in trance, gli venne da dire: “Sola andata per Camnago-L.”.
La bigliettaia lo guardò perplessa: “E’ sicuro?” chiese, incuriosita da quello strano viaggiatore che voleva andare a Camnago-L. trascinandosi appresso una gigantesca Samsonite e una borsa da viaggio.
“Sì, sono sicuro – rispose dopo un attimo di esitazione– e che vadano al diavolo le ballerine di Bali!”
La bigliettaia, vieppiù sconcertata, preferì non obiettare ulteriormente.
Avuto il biglietto doveva risolvere il problema della valigia: non aveva senso andare a Camnago L. portandosi una quantità di polo, costumi da bagno, ciabatte infradito, creme solari, e senza nemmeno sapere se ci fosse il mare. Doveva assolutamente liberarsi di quegli inutili e ingombranti bagagli. Uscì nel piazzale della stazione e, vedendo il barbone a cui pochi minuti prima arrivando aveva rifiutato con aria infastidita una misera elemosina, lo chiamò e gli diede la Samsonite, dicendo che poteva anche tenersela con tutto il suo contenuto. Vista la gioia con cui questi accolse l’inaspettato dono decise di dargli anche la borsa.
Meglio viaggiare leggeri, si disse. Lo sguardo di gratitudine con cui il barbone ricambiò l’inaspettato regalo gli scaldò il cuore.
Erano ormai le 9 e 24 e il treno era pronto al binario 4, fremente in attesa della prossima partenza.
Si imbarcò, sedendosi nel primo posto libero.
Studiò con cura i compagni di viaggio: un senegalese di mezza età, dal viso allegro e saggio, con la borsa piena di paccottiglie da vendere, un’orientale minuta e sottile (che sia – gli venne da pensare – una danzatrice balinese?) e una signora con una sporta in plastica, probabilmente un’autentica indigena di Camnago-L. che tornava al suo villaggio. Questa composita compagnia lo mise di buon umore e rivolse ai suoi compagni di viaggio un cenno di saluto carico di benevolenza.
Mentre il treno si avviava frusciante e silenzioso guardò fuori dal finestrino e sopra il grigio delle case apparve uno spicchio del cielo di Lombardia, “così bello quando è bello”, in cui una rondine solitaria disegnava le sue folli traiettorie. Stava partendo, lieto e leggero, per un luogo del tutto ignoto e gli sembrò che il mondo intero gli venisse incontro per viaggiare insieme a lui. Sorrise, sentendo il cuore colmo di quel senso di felicità e libertà che nessuno dei suoi viaggi era mai riuscito a dargli.