Gli occhi tiepidi di sonno,le orecchie tappate,le gambe intorpidite.Appena sveglio, così gli parve, vide quella brutta e logora infermiera.Aveva una siringa in mano.
- Stia fermo. Non provi ad agitarsi, potrebbe spezzare l’ago
- Ficcatelo in culo l’ago
- Vedo che è di buon umore stamane, Signor Freud – sogghignò l’infermiera
-Come tutte le mattine che lei viene qui – concluse il Signor Freud girandosi dall’altra parte del letto.
La clinica era un luogo oscuro.Le grate dell’unica finestra erano coperte da una tenda opaca, un marchio che il Signor Freud si volle imprimere sul braccio destro qualche sera prima.
Lo aveva fatto con la punta d’un ferraccio di sostegno strappato quasi a morsi dalla testa del letto in cui adesso dimorava.Per questo motivo, le dosi di tranquillanti erano state raddoppiate.
Dormiva tutto il giorno, tranne quando passava l’infermiera o il primario per i rituali di controllo che si addicevano al luogo oscuro.Il primario, il professor Goldrake, chiese un giorno:
- Perché? Signor Freud, perché ha deciso di restare qui da noi? Perché non si arrende? Mi da delle amare delusioni.Non ha voglia di andarsene via da questo posto , da questa camera senza vista e tornare alla sua vita di pane, burro e caviale? – il tono del primario era leggero come una mongolfiera.
Il Signor Freud, stordito e immobilizzato, lo fissava e sembrava non capire, ma d’un tratto si alzò a metà, con uno scatto riuscì a poggiarsi con le spalle all’arcata del letto e con un lieve filo di voce, sussurrò:
- Lei è bravo! Sa parlare! Lei, professor Goldrake è stato sempre il più bravo di tutti. Lo si sapeva nel suo ambiente. Crede di utilizzare a modo la parola “delusione”, ma cosa ne sa del provarla? È convinto di poter insultare i suoi pazienti con la tranquilla e inconcludente romanzina invitante. È solo uno stronzo come tutti gli altri, lei professor Goldrake!Il viso del professore rimase impassibile e un lieve sorriso da gatto in attesa gli si era stampato addosso.
- Continui , la prego – disse Goldrake.
- Lei non è semplicemente uno stronzo come gli altri, lei è il loro capo.Mi ha costretto a queste mura perché da sempre mi ritiene un diverso, perché le parole che sottraggo alla sua normalità ottusa, la infastidiscono. Ha forse paura che io possa sottrarle il posto? Stia tranquillo, nessuno le ruberà il piedistallo.
A quel punto il discorso venne rotto da un campanello proveniente dalla porta chiusa dall’interno:era la brutta e logora infermiera.Alzò un dito come a invitare il professore ad avvicinarsi e gli fece visionare dei fogli che portava al petto.Il professore si avvicinò alla donna, borbottò qualcosa e firmò.Il viso si fece cupo e serio, ma con un gesto che pareva a lui consueto fissò il pavimento abbassando la testa e dopo un attimo lo sollevò ricoprendosi d’un nuovo sorriso.
Si voltò nuovamente verso l’infermiera e chiese – ne è sicura?- l’infermiera annuì mordendosi le labbra – va bene. Si prepari - E il professore la congedò.Poi, rivolto al signor Freud, disse:
– mi perdoni, la prego. Prosegua.
Il signor Freud nel frattempo era tornato alla posizione iniziale, le spalle si erano indolenzite a tratti. I calmanti si fecero sentire.
- Il suo piedistallo è così fragile da potersi spezzare in un attimo. Stia molto attento. Lei ha paralizzato dei ribelli qui dentro, ma non ha mai spento la loro sete. Non potranno svolgere la loro attività di divulgatori, ma han lasciato tracce, fatto proseliti. Non morirà con noi ciò che abbiamo prefissato e inciso nelle anime. Ci sarà sempre qualcuno pronto a battersi contro il mondo che lei ha costruito! Lei è uno stronzo come gli altri e odio l’abuso di cui si veste.Freud sembrava aver concluso e per un attimo socchiuse gli occhi dal sonno che lo invase.All’improvviso, gli stessi occhi si sbarrarono ed ebbe un sussulto: da fuori sembrò udirsi uno scoppio e le pareti si mossero. Tornò a richiudere gli occhi come se nulla lo avesse disturbato.
Ma non fece in tempo a compiere il movimento che lo stesso boato divenne più forte e impetuoso. Si andò avanti ancora, allo stesso ritmo.E il professo Goldrake? Quel fottutissimo stronzo?
Rimase seduto, immobile sulla sedia di legno e ferro, ad ascoltare ora le parole del signor Freud, ora i rumori esterni.All’ennesimo scossone le pareti si segnarono nel profondo e parvero stessero per sgretolarsi come nuvole piene di pioggia.Poi disse:
- Caro signor Freud, la guerra è finita. Non dobbiamo più batterci. Per anni ho vissuto seguendo gli schemi che altri imponevano, ascoltando solo gli altri, muovendomi come loro. La mia vita? Una semplice vita omologata e surrogata da strumenti e forme tutte uguali. Le mie mosse sono prevedibili, tutto è scontato. I miei vestiti, i miei bei vestiti, sono identici a quelli dei miei simili. Tutto è divenuto uguale a tutto.
Il tono del professore divenne pacato, semplice, arrendevole.
Il Signor Freud non si capacitava di quanto stava ascoltando da quell’uomo che da sempre era stato suo nemico, ora complice.
I colpi di mortaio si accompagnarono a urla, di gioia e di dolore.
- La guerra è finita. I vincitori? Potrà vederli fuori di qui. È libero. Vada pure- poi alzò il tono – può andarsene finalmente! Freud ebbe nuova forza nelle braccia e nelle gambe: non tremavano più, non si intorpidirono.
- Se è uno dei vostri giochi , giuro che…
Un botto fortissimo lo interruppe e la porta chiusa a chiave da dentro cadde giù.
Si alzò un gran polverone e la stanza della clinica ne fu invasa da cima a fondo.
Quando il polverone si diradò e l’aspetto divenne meno fosco , il Signor Freud notò qualcosa di nuovo: il professore era sparito, al posto della grata vi era una finestra aperta, un tavolino basso con del cibo sopra (pane , burro e caviale).Dalla nuova porta come da uno specchio entrò un uomo.Si guardò circospetto e fissò Freud.Era vestito come lui, alto quanto lui, gli stessi baffi, il medesimo occhio vitreo: era un altro, identico, Signor Freud.Fece qualche passo e uscì sul davanzale.
Da un lato della strada potè osservare le macerie del Vecchio Mondo, dall’altro, piccoli e grandi Lui adoperarsi in qualcosa: si, c’era stata la rivoluzione!
- Ma che succede? Dove siamo? Chi siete?
- Siamo gli effetti del cambiamento – rispose l’altro Lui. Poi aggiunse – finalmente la guerra è finita. Pare che la resa sia stata firmata all’interno di una vecchia clinica dove stavano rinchiusi i nostri padri fondatori e che quel fottutissimo professore Goldrake, uno stronzo come gli altri, abbia accettato senza colpo ferire.
- Chi altro c’era con lui? – chiese un sorpreso Freud
- Una brutta e logora infermiera , la sua alchimista. Una puttana che somministrava calmanti a destra e a manca. Adesso mangiano la polvere..
Il signor Freud si riempì di luce nuova, fece un giro per le strade , poi volle vedere i cumuli di macerie del Vecchio Mondo.Quando ne fu ad un passo, con tono maestoso ed un sorriso fiero, esclamò:
- Questa è la fine che meritavate. Tutti la stessa sorte. Come fu il vostro vivere.