Alfredo Geppetto era un ingegnere meccanico impiegato presso un’importante industria high tech di robotica dell’hinterland milanese: aveva studiato molto, e continuava a farlo, perché era un’idealista ed era convinto che attraverso i suoi studi avrebbe potuto cambiare il mondo, o quantomeno aiutare gli altri.
Geppetto era praticamente un genio: non c’era problema tecnico che lui non fosse in grado di risolvere brillantemente e per questo ricopriva nell’industria per cui lavorava un ruolo di grande responsabilità ed era amato e stimato da tutti. Il lavoro era la sua vita, anche perché essendosi impegnato anima e corpo nello studio non aveva avuto tempo per nient’altro e non si era quindi mai sposato, rimanendo solo.
Una mattina di settembre Geppetto si recò a lavoro di buon’ora. Quel giorno c’era una riunione straordinaria per discutere di un progetto nuovo su cui fino a quel momento si era tenuto il massimo riserbo. Geppetto era molto curioso di sapere.
La riunione iniziò puntuale, il nuovo progetto era entusiasmante e Geppetto non stava più nella pelle: si trattava di costruire un cyber robot in grado di fare qualunque cosa. Il robot avrebbe dovuto essere in tutto e per tutto simile ad una persona vera nei movimenti, ma sarebbe stato dotato di una gran forza e di una velocità portentosa.
Geppetto immaginava già gli incredibili utilizzi che una simile invenzione avrebbe potuto assolvere. I suoi robot avrebbero potuto alleviare alla gente ogni fatica, svolgendo al posto delle persone i lavori più pesanti. Geppetto non vedeva l’ora di cominciare e si mise quindi subito al lavoro.
I mesi passavano, Geppetto se ne restava chiuso nel suo laboratorio giorno e notte, a volte non si fermava neppure per mangiare e dormiva pochissimo. Era allo stremo delle forze ma la sua forza di volontà lo spronava ad andare avanti.
E finalmente un bel giorno il cyber robot fu pronto.
Entusiasta ed ansioso di comunicare la notizia Geppetto si recò nell’ufficio del direttore: la porta era chiusa e si sentivano delle voci concitate all’interno. Geppetto era una persona discreta, e non avrebbe mai origliato una conversazione, ma qualcosa dentro di lui, come un presentimento, gli disse di restare lì fuori un momento. E così fu.
Geppetto ascoltò la discussione e venne così a conoscenza del reale utilizzo che l’azienda intendeva fare del suo cyber robot. Ne avrebbero costruiti tanti, si parlava di milioni di unità che sarebbero state destinate ad utilizzo bellico. Un vero e proprio cyber esercito, invincibile e letale.
Costernato Geppetto se ne tornò al suo laboratorio: lui era un pacifista, non avrebbe permesso che la sua invenzione venisse utilizzata in quel modo.
Si rimise al lavoro e fece alcune modifiche al cyber robot: aveva deciso di aggiungere un codice Pin, finalizzato ad impedire che la scheda madre contenente i driver di funzionamento potesse venire modificata. Il problema tuttavia era che non voleva che il Pin fosse accessibile a chiunque per cui avrebbe dovuto nascondere la tastiera in modo che solo lui sapesse come accedervi.
Ci rifletté a lungo e alla fine ebbe un’idea. La tastiera per digitare il Pin sarebbe stata attivata attraverso un sensore ottico di scansione della retina, inserito all’interno dell’occhio destro del Cyber robot. Non avrebbe messo a parte nessuno di questo particolare e quindi solo lui avrebbe avuto accesso ai driver. Il suo cyber robot sarebbe sempre stato pacifico, questo era sicuro. E poiché il meccanismo per accedere al Pin sarebbe stato inserito in un occhio Geppetto decise ironicamente che il suo cyber robot si sarebbe chiamato Pinocchio.
Ultimati gli ultimi accorgimenti Geppetto si recò nuovamente nell’ufficio del suo capo, per dirgli che il cyber Robot era pronto, notizia che venne accolta con molto entusiasmo.
Ma i giorni seguenti furono molto movimentati. Dopo aver eseguito alcune prove i dirigenti dell’azienda si erano accorti in breve che il robot era pacifico e quindi inutilizzabile per scopi bellici.
Avevano quindi chiamato Geppetto, che si era rifiutato di rivelare il suo segreto.
E così il progetto “Pinocchio” venne tolto a Geppetto e venne affidato ad un altro ingegnere, un uomo di grande talento ma privo di scrupoli, il dottor Mangiafuoco, aiutato dai suoi assistenti, il Dottor Gatto e il Dottor Volpe.
Dopo un’attenta analisi del prototipo Mangiafuoco si avvide che nell’occhio destro era inserito un lettore ottico. Astutamente il dottor Mangiafuoco estrasse da Pinocchio l’occhio contenente il lettore, ma non appena lo fece il naso del robot iniziò a crescere a dismisura (un altro accorgimento preso da Geppetto).
Ma Mangiafuoco era astuto, e riuscì a creare un altro occhio per il robot, risolvendo così anche il problema del naso, che altrimenti avrebbe reso Pinocchio inutilizzabile.
Pinocchio venne portato via e Geppetto venne rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, rinomato per il rigore e da tutti conosciuto come il “Carcere della Balena”.
Nel frattempo Pinocchio, che era stato spedito negli Stati uniti e portato nientemeno che al Pentagono, una sera aprì gli occhi: quello che nessuno sapeva infatti, era che Geppetto, grazie alla sua competenza e alla sua passione aveva creato non soltanto un robot, ma addirittura una creatura dotata di raziocinio e, cosa più importante, di sentimenti.