Gabbiani che volano bassi tra le rovine di un antico palazzo. Grigio e macilento, come un vecchio marinaio che scioglie i nodi della sua rete.
Il cielo promette pioggia, ma non quella forte.
Arriverà leggera a bagnare i pini che circondano la zona e l'odore della primavera si sposerà perfettamente con la resina e la terra e il legno e il mare e tutto ciò che circonda questo luogo abbandonato dalla mano dell'uomo moderno.
Ci sono due cancelli d'ottone. Grandi, massicci, pesanti come la storia ingiallita che portano incisa sui loro cardini.
So che il primo cederà alle mie mani, alla loro spinta decisa.
E ti varco, cancello dei ricordi perduti.
Piove sulle mie guance. E sul cuore, che cerca misericordia dalla mia anima e dai miei pensieri.
Pugni in tasca.
Pareti affrescate e marmi policromi.
So di te dai racconti di mio padre.
So chi eri e so cosa sei per me.
Un luogo di pietre, che sussurrano note.
Il secondo cancello porta in una chiesina.
Ottone, che un tempo era lucido.
Misericordia è la parola incisa sulla tua serratura.
E se vorrai passare, la chiave dovrai trovare.
E la chiave è una soltanto.
La misericordia. Che ti potrà salvare da te stesso.
E decido una cosa.
La chiave la lascio qui, sull'altare di marmo.
Il mio è un viaggio ancora lungo.
Ma tornerò.