- Ho conosciuto altri esodati dalle sfere più alte, come te. - riattaccò Nenè che nel frattempo aveva tirato fuori una fiaschetta di cordiale che un collega dell’officina produceva fermentando le bucce della frutta recuperata dai rifiuti biologici – Quelli che se la sono passata peggio sono stati i testardi, nel ritenersi comunque superiori, destinati a qualcosa di più importante dell’essere un semplice ingranaggio della macchina produttiva. La verità è che ogni pezzo della macchina è importante, se uno solo si guasta il meccanismo si inceppa. Non c’è niente di poco dignitoso nel fare il proprio lavoro, anche se risulta uguale a quello di altre migliaia di altri, ricordalo sempre.
- E se ti dicessi che idee come queste sono la base di una propaganda studiata appositamente per darla a bere alle masse? Che i potenti se la spassano come sempre, anzi meglio di un tempo? Che ho assistito personalmente alla stesura dei piani per fregare milioni di persone? – rispose Milla in tono sarcastico, con il coraggio infuso dall’apprezzamento per l’acquavite di bucce.
- Quando ero giovane ho lavorato in un cantiere, c’erano quelli che l’avevano a morte con i capimastri perché usavano espressioni come “facciamo”, “costruiamo”, anche se poi un attrezzo in mano non lo prendevano mai. Ma cosa credevano quelli, che ci potesse essere un cantiere fatto tutto di capi? Che le assi e i mattoni si sarebbero mossi da soli, a comando? Questa è un’idea distorta del mondo. E di solito chi la vede così è già fortunato ad occupare la posizione che si ritrova, non solo non sarebbe in grado di gestire una responsabilità maggiore, ma senza quell’impiego che tanto disprezza non saprebbe combinare proprio nulla per conto proprio. La verità è che inveire contro l’ingiustizia universale o contro Dio è del tutto inutile, il sudore è l’unico mezzo per combinare qualcosa, tanto per gli stupidi quanto per gli intelligenti. Per molta gente è una fortuna che abbiano aperto posti come questo, dove qualcuno bada ai tuoi figli mentre lavori, dove i pasti e la casa sono garantiti, ti viene chiesto solo di fare il tuo dovere ed accontentarti di quello che hai.
- La tua mi sembra una logica da sconfitto, da cane addomesticato a dovere. – ribatté Milla seccamente.
- Davvero? – rispose Nenè per nulla alterato nonostante l’insulto ricevuto – E tu che mi dici? Oggi ti senti persa senza la tua doccia e i vestiti eleganti, fino a ieri sei stata fortunata, ma credi che tra quelle donne che servono alla mensa non ce ne sia una che sia in grado di ricoprire l’incarico che avevi fuori di qui?
- Lo stesso vale per il tuo cantiere, nessuno degli operai avrebbe potuto sostituire il capomastro?
- Certo, a pieno diritto, con impegno e il tempo giusto per dimostrarlo. Si tratta solo di non scambiare diritti con pretese insensate. L’umanità per troppo tempo ha preteso troppo, anche questo ci ha spinti verso il baratro, se fossero stati capaci di fermarsi al boccone della sazietà, come qualsiasi animale, oggi tutto questo non sarebbe necessario.
- E’ vero quello che dici, l’appetito umano e la brama di possedere più del necessario richiede processi non sostenibili, ma la gente è stata spinta, educata di proposito a pensare in quel modo e proprio dagli stessi che oggi hanno costruito i blocchi fabbrica, quelli agricoli e così via e ci hanno chiusi tutti qui a rimediare alle loro malefatte, mentre loro continuano tranquillamente a spartirsi la torta.
La conversazione venne interrotta da un ragazzino che si avvicinava al tavolo sventagliando una varietà di talloncini colorati, Nenè li osservò tutti attentamente ostentando una certa stizza, ma alla fine ne scelse due pagandoli con il proprio codice personale, il valore sarebbe stato scalato dall’ammontare dei propri punti merito che nel blocco fungevano da moneta. Porse uno dei biglietti a Milla:
- Per te. Lotteria. L’estrazione è giornaliera, avrai il risultato domani durante la pausa pranzo, dovrai solo fare attenzione agli schermi di comunicazione.
- Un regalo? Grazie. Cosa si vince? – la ragazza prese il biglietto con un mezzo sorriso che malcelava una certa riluttanza.
- Punti, cioè soldi. Potrai spenderli come meglio vorrai qui nel blocco o accumularli per una vacanza o ancora tenerli da parte per quando il tuo servizio sarà finito. Esistono una gran varietà di lotterie e giochi, con premi in denaro, vestiti, servizi extra, ce n’è per tutti i palati. La verità è che la gente ama giocare e scommettere su tutto nel blocco, aggiunge sale alla vita. So cosa stai pensando – continuò Nenè leggendo il sorriso di Milla – che in questo modo il governo si riprende parte dei soldi che deve alla gente facendo leva sulla disperazione, sulla speranza di facile fortuna e penso che tu abbia ragione, io non esagero mai con il gioco, anche perché le probabilità di vittoria che un giocatore incallito ha rispetto ad uno casuale differiscono di pochissimo rispetto alla cifra impressionante delle combinazioni a disposizione, ma nonostante tutto non mi sento di condannare del tutto chi gioca, bisogna pur concedere uno spiraglio alla speranza, non fosse altro per i dieci minuti che passiamo nella nostra fantasia ad immaginare la gioia della vittoria, si ritorna bambini e non è mai un male. L’illusione controllata è un’ottima medicina per tanti mali.
- In realtà pensavo in particolare ad una cosa che hai detto – rispose Milla continuando a rigirare tra le mani il talloncino colorato – Pensi davvero che uscirai di qui? E cosa farai? Pensi che il mondo là fuori saprà ricompensarti per il sacrificio che ti è stato richiesto, anzi al quale ti ha obbligato? Lo sai che ancora non è stata pianificata la conversione della moneta che circola qui dentro in quella corrente? Che non sono state create strutture per accogliere chi è arrivato alla fine degli anni di lavoro? Di certo non sono in grado di restituire le case alla gente o la loro vecchia vita. Là fuori c’è un mondo di eletti che non hanno nessuna intenzione di reinserire chi sta facendo tutto il lavoro per loro.
Nenè rimase in silenzio sorseggiando piano l’acquavite, per la prima volta apparve abbattuto, le sue convinzioni non sembravano sostenerlo come prima. La rivelazione pesava parecchio sulle sue spalle ingobbite dal lavoro, sebbene venisse da una persona ferita per quello che aveva recentemente perso e di sicuro aveva perso molto di più di tanti nel blocco.
- In realtà non ho mai pensato ad andare via – riprese l’uomo in tono grave – forse non lo desidero affatto. Mio padre e mia madre sono vissuti nel dopoguerra, in un mondo distrutto, che andava ricostruito con il sudore della fronte, dove mancava tutto tranne un’enormità di cose da fare, la loro generazione è andata avanti a forza di sacrifici, senza preoccuparsi di avere qualcosa in cambio, è per questo che noi abbiamo avuto tutto quell’eccesso che non abbiamo saputo gestire. Lo stesso farò io, mi sacrificherò perché il futuro sia migliore, perché arrivi un giorno dove posti come questo non saranno più necessari, non mi importa se qualcuno se ne approfitta, non pretendo e non desidero essere come loro.
Finirono insieme l’ultimo bicchiere, poi si alzarono senza parlare per dirigersi alla nuova casa della ragazza. Milla provava una certa compassione per la rassegnazione di Nenè, ma allo stesso tempo lo ammirava per il coraggio con cui affrontava la situazione, per la sua determinazione davanti all’ingiustizia, lei non ne sarebbe stata mai capace. Nessuno dei due parlò durante il tragitto, lo scambio di vedute aveva aperto il campo delle riflessioni personali e dopotutto qualsiasi altro commento non avrebbe aggiunto nulla alla loro totale assenza di scelta.
Milla si domandò se Nenè la desiderasse, le aveva regalato il biglietto della lotteria e dalla sua composta gentilezza dedusse di sì e questo le piacque, nonostante non provasse nulla di più che semplice riconoscenza verso quell’uomo maturo, pensare che lui desiderasse il suo corpo la fece sentire viva, le diede forza. Una volta giunti a destinazione, lui aprì per lei la porta mostrandole come attivare il codice personale, Milla rimase ferma un passo oltre la soglia esitando se invitare dentro Nenè o congedarlo gentilmente. Aprì la lampo della tuta e avvertì netto il desiderio che lui la toccasse, che prendesse da lei ciò che voleva, per restituirle almeno un lembo di se stessa, perché desiderando proprio lei annullasse il processo di spersonalizzazione a cui l’avevano sottoposta. Quando si voltò era per dimostrare accondiscendenza, ma il quadro della porta era vuoto, così come il corridoio: Nenè era andato via con i propri pensieri e senza neanche una parola.
Milla tornò a studiare l’essenzialità o povertà della stanza, specchio della vita che la aspettava, trattenne una lacrima e ricacciò in gola la delusione del non essere stata considerata: il primo giorno era andato, tanti altri uguali sarebbero arrivati, la vecchia lei era rimasta fuori, avrebbe rimandato all’indomani la possibilità di rinascere o di sparire del tutto.