«Quando Susan entrò nella mia vita avevo un’autorimessa nel lato sud-est della città, gli affari non andavano molto bene e in breve tempo realizzai che dovevo cambiare aria; trovai un nuovo capannone in un’altra zona, un po’ più trafficata. Mi feci un giro di conti ma, purtroppo, non avevo nemmeno il denaro sufficiente per l’acquisto del magazzino, così Susan mi fece un prestito, chiuse il suo conto in banca e mi diede il denaro, ma quei soldi bastavano solo per l’acquisto del negozio e per di più non avevo una sola macchina da mettere in vendita, un rivenditore di auto usate senza vetture come fa? Già! Un problemone. Riuscii, non senza qualche difficoltà, a convincere Susan a mettere in vendita la sua auto, ma purtroppo non la voleva comprare nessuno...»
Portò nuovamente la bottiglia alle labbra. Poi riprese: «Sai qual è la cosa più comica? Ho comprato un magazzino nel territorio protetto dalla: “Mano Niura”, la mafia... ah ah ah! Ci pensi, è pazzesco! Che botta di culo che ho avuto! ... Una mattina mentre ero al telefono con un possibile fornitore, si presenta un signore vestito elegantemente, con un copricapo alla Al Capone, con cinque uomini con una faccia da avviso di garanzia, indovina un po’ chi era!? Il boss mafioso della ‘Manu niura’: Don Calogero ’u Spadazzaru del clan siciliano. Lui e altre quattro famiglie controllano tutta New York. Comunque, quest’uomo si avvicina e mi fa una proposta, sai una di quelle che non si possono… no! anzi, non si devono rifiutare. Il Don si offrì di comprarmi la macchina il doppio di quello che valeva, in cambio dovevo fargli un favore, cioè mettere in vendita delle auto rubate che sarebbero giunte all’autorimessa immacolate con una messa a punto dei meccanici dell’Onorata Società, in più dovevo versare una tassa sulle entrate, così per dimostrare la mia buona volontà».
Si riportò la bottiglia alle labbra per l’ennesima volta: era teso, la fronte imperlata di sudore; Thomas cominciò a preoccuparsi, si comportava come uno schizofrenico. Dopo qualche secondo, si calmò e gli chiese gentilmente di continuare nel suo racconto...
«Secondo te, che potevo fare... dirgli di no?! Ma aspetta, perché ora arriva il meglio. Feci come mi era stato chiesto, io e Susan cominciammo a vedere i frutti del nostro accordo, vedevamo tanti soldi entrare, versavamo regolarmente la nostra tassa, lei prese a comprarsi dei gioielli e pellicce, mangiavamo in ristoranti costosi, insomma vivevamo bene, non potevamo lamentarci. Una sera poi si presenta un uomo in negozio che inizia a farmi i complimenti per l’azienda e per le macchine, con la scusa di voler comprare una vettura per il figlio maggiorenne entriamo in ufficio per preparare le carte… improvvisamente questo tizio mi mostra una serie di foto mie mentre parlo con Don Calogero, mi informa che era un agente dell’FBI e che stava lavorando ad un caso sul boss mafioso, così anche lui mi fa la sua offerta, ossia: fornirgli la documentazione sulle autovetture false e sui soldi che giravano e varie ed eventuali altri traffici di cui fossi a conoscenza. Ora, secondo lui, io che dovevo dire: “Si, certo, come no! Guardi venga domani mattina che le faccio trovare tutto quello di cui ha bisogno”? Così nel giro di poche ore mi sarei ritrovato a dormire con i pesci. Ma siamo impazziti! Ma dico io, se dovessi scegliere, opterei per il male minore, per chi si prende cura di me, no?! Rifiutai categoricamente. L’uomo allora sorrise, anzi, se la rise alla grande e mi disse che avrebbe mostrato quelle foto al suo capo e nel giro di poche ore mi avrebbero comunque fatto chiudere l’attività, per non parlare del carcere federale, con l’accusa di appropriazione indebita e favoreggiamento alla criminalità organizzata. Ma... ma... io che colpa ne ho?! Sono un povero Cristo io, lo capisci o no?! Glielo dissi, ma quello riprese a ridere più forte, poi aggiunse sfregandosi le mani: “Oppure, possiamo risolvere la questione in un altro modo”, gli chiedo di spiegarsi meglio e lui, sai che fa? Mi chiede di passargli una tangente, in modo tale che le foto non vadano a finire sulla scrivania del suo capo. E ora non basta che devo pagare per la protezione a “Mamma Santissima”, ma pure all’FBI» concluse il suo ospite portandosi la bottiglia alle labbra.
«Sì, d’accordo, ma non capisco ancora una cosa. Tutto questo, che cosa c’entra con mia figlia?» chiese Thomas togliendogli la bottiglia dalle mani.
«Calma! Ora ci arrivo... Susan non ne sapeva niente, fino a qualche giorno fa, per lei la vita era pari a quella di Ivana Trump: ospite in ville lussuose, abiti griffati, gioielli “Cartier” etc. etc. e io ero quello che metteva mano al portafogli. Ma non ce la facevo più. Conta che oltre a pagare il pizzo più la tangente ci sono altri conti che devono essere espletati. Susan continuava a chiedermi sempre soldi, soldi, soldi, alla fine i miei nervi sono saltati in aria e abbiamo avuto una piccola discussione. Parlammo tutta la notte su come risolvere questa situazione e le parlai anche dello sbirro...».
Guardò la bottiglia ormai quasi vuota, lo sguardo perso nel vuoto, poi all’improvviso scoppiò a ridere, fragorosamente, continuò la sua storia biascicando le parole.
«Parlammo ancora, io e Susan; alla fine lei pensò che era meglio rapire Jenny e chiedere a te i soldi del riscatto per risolvere i nostri problemi finanziari, fu lei a scegliere te, spinta forse dalla curiosità di conoscere sua figlia o perché magari sapeva già tutto, sequestrare la figlia di un altro avrebbe costituito una serie di problematiche: troppo tempo per organizzarsi, bisognava studiare gli orari... con te è stato tutto molto più semplice, sapeva già come ti muovevi, così ci preparammo in un paio di giorni». Si adagiò al tavolo con la testa che le pendeva come quella di un fantoccio appesa ad un muro, aveva bevuto troppo, la bottiglia era stata ormai prosciugata.
«Che fine di merda che ho fatto...!» disse sotto voce.
«Ma sai cosa ti dico, facciano quello che vogliono, non me frega più niente. Fffaannnn-culo tutti! Ahahahah! Mi spiace solo per tua figlia» disse dispiaciuto Tudesky.
Thomas al sentire quelle parole scattò davanti a lui, lo prese per i capelli e gli diedi un pugno in pieno viso, la forza con cui glielo diede fu tale che fece cadere per terra il povero Tudesky: «Mia figlia non c’entra niente in tutta questa storia, hai capito lurido pezzo di merda?! E ora alzati, coglione! Adesso andiamo a riprendermi Jenny e prega Dio che sia con quella “gran donna” di sua madre, altrimenti giuro su Dio che t’ammazzo».
Lo sollevò da terra prendendolo per il colletto della giacca lo trascinò in macchina, gli chiese l’indirizzo dell’autorimessa e partì a gran velocità.
Santiago Montrés