A quel tempo potevo avere si e no una trentina d’anni, quando la “bestia nera” mi entrò dentro senza alcun preavviso, senza bussare, senza mai in precedenza avere mostrato alcuna intenzione di volersi accasare all’interno della mia anima. Così aveva deciso, e la sua permanenza fu lunga e crudele. Nulla sembrava potermi liberare dall’estrema solitudine di quella casa dalle pareti di ghiaccio che mi imprigionava al suo interno.
Mi sentivo un animale ferito a morte, braccato, senza via di scampo, e a nulla valse ricercarne i perché e le cause, in una sorta di analisi introspettiva che facesse luce su ciò che di più terribile mi fosse mai capitato e nemmeno potuto immaginare. Tutto alla fine si avvitava su se stesso senza un ben che minimo risultato incoraggiante.
Fu allora, dopo diversi anni di sterile lotta, che decisi di cambiare la mia strategia ribaltando completamente l’approccio con la Bestia.
Avevo ben compreso l’inutilità di ogni mio sforzo volto alla comprensione di un tale indicibile tormento; un esercizio di autoflagellazione che produceva tali “effetti” devastanti sulla mia psiche, che qualsiasi altra malattia, patologia o disgrazia conosciuta, era più auspicabile di quel delirio di sofferenza spirituale e fisica che aveva scaraventato il mio essere dentro un buco nero ai confini dell’universo, e dal quale, pensavo, non mi sarei mai più liberato per il resto dell’eternità.
Di questi “effetti” la stessa Bestia si alimentava come il suo miglio pasto, rendendola più forte, presente, e gaudente del suo perverso crimine contro la mia vita.
A quel punto ebbi una visione, un’illuminazione, dando ascolto alla parte più razionale del mio essere che, con tutta la sua furia, mi impose di dimenticarla, di non considerarla, di annientarla mentalmente, e fare di lei cenere nel vento. Sapevo che altre strade non esistevano, se non quella di fare perno sulla mia forza di volontà, recuperando tutte quelle risorse che stavo disperdendo fra le sfere dell’autocommiserazione e di un’indagine psicoanalitica senza sbocchi.
Così mi fu imposto di diventare un guerriero, per infilzare dritto al cuore quel mostro informe generato dal fuoco dell’inferno, e che a tutti i costi voleva succhiarmi la vita per saziare la sua ingordigia di dolore, di paura e di morte.
Si...ci volle del tempo. Ci volle metodo e disciplina, pragmatismo e coerenza, determinazione e autocontrollo, ricordandomi ad ogni istante che la vita, prima di allora, era ciò che di più straordinario e sacro la natura mi avesse concesso, e che nessun al mondo mi poteva sottrarre un tale diritto.
Detto fatto, misi in vendita la mia casa di Milano per trasferirmi in un piccolo bordo sulla costa jonica della Calabria.
Fui accolto dalla gente del luogo con un calore che avevo dimenticato, e in quella nuova casa che guardava il mare, diedi fondo a tutte le mie energie per renderla quella dimora perfetta che in parte avrebbe partecipato a dissolvere i fantasmi profanatori della mia anima.
In seguito acquistai della terra piantumata di olivi, mandorli, limoni, concentrandomi a tempo pieno sul lavoro manuale. Così dissodavo, seminavo, potavo gli alberi da frutto, risistemavo antiche porcilaie di pietra, e resi quel vecchio rudere dimenticato un romantico rifugio d’amore.
L’aria salubre di quel luogo e l’impegno fisico, mi stimolavano l’appetito. Incominciai a riprendere peso. I muscoli e i tendini del mio corpo riacquistavano il vigore, l’elasticità e lo scatto di un tempo, mentre le pareti della “casa di ghiaccio” si scioglievano al sole di una nuova rinascita. Sì.. finalmente potevo vedere oltre le mura gelide di quella oscura prigione.
La bestia, non sentendosi considerata, isolata dalla mia mente, giorno dopo giorno allentava la presa. Ma non diedi alcuna importanza e attenzione alla cosa, perseverando nel mio intento come se Lei non fosse mai esistita.
Nell’arco di un solo anno la mia vita cambiò radicalmente, e tutti i miei sogni, aspirazioni e passioni, tutto e dico tutto, si materializzarono come per incanto.
La nascita della piccola Sofia fu il coronamento della mia vittoria su quell’incubo ad occhi aperti dove la vita e la morte si confondevano come l’acqua di fonte con la latrina.
Di tutto questo ringrazio la mia compagna, per la sua totale complicità e condivisione di ogni mia scelta – la ringrazio per non avermi commiserato, consolato, per non avere dato troppo peso ai miei lamenti, né dato credito alle mie paure. La ringrazio per avere capito che la sua comprensione e compassione sarebbero state per me un male ancora peggiore dentro il quale crogiolare il mio dolore e vittimismo.
Lei sapeva, come in fondo io sapevo, che questa battaglia contro la Bestia, all’apparenza impari, avrei potuto vincerla solo io e io soltanto.
Il “male oscuro” colpisce sempre più persone nel mondo ma nessun farmaco sarà mai in grado di restituire loro la voglia di vivere perduta.
Solo la terra e la natura possono compiere il miracolo – solo la passione può infondere volontà e consapevolezza, e solo l’amore per la vita, per ogni forma di vita, placare le nostre ansie, le paure e ogni tormento.
Oggi sono un guerriero, e la pace abita il mio cuore.