Radunai amici e amiche ed esposi il mio progetto, proponendo a molti di loro di esserne gli interpreti.
Mi ero già fatto un'idea sui personaggi principali: Renato sarebbe stato un Gesù un po’ smunto e sofferente, la sua morte in croce sarebbe stata molto sentita; a Rino toccava l'ingrato ruolo di Giuda, ma aveva la voce "giusta" per l'impresa; Pina era una Maria Maddalena decisa e d’impatto.
Inoltre avevamo Enzo a interpretare un Ponzio Pilato sbrigativo e duro; Gennaro nel ruolo di un Erode un po’ cinico e indifferente (è stato l'unico a continuare con successo la carriera di attore); Alberto e Peppe erano i sommi sacerdoti, persi tra potere e astio nei confronti di Gesù; Nicola e l'altro Enzo i centurioni.
In mancanza di fondi non ci sarebbero state scenografie o luci di eccellenza. Tutto ridotto all'osso. Fondale e costumi neri per tutti.
Anticipando in un certo senso il film, che uscirà solo nel 1973, avevo previsto per gli interpreti abbigliamenti moderni, senza richiami all'epoca dei fatti.
La croce sarebbe stata originale, giacché saremmo andati in scena sul palco del Teatro della Parrocchia. Più originale di così! Legno autentico!
Il 20 febbraio iniziarono le prove.
Generalmente si andava in un'aula della Scuola Elementare situata lì vicino (dove avevo preso la licenza dieci anni prima) approfittando del fatto che il padre di Pina era il custode dello stabile.
Ero alla prima esperienza e non ne sapevo nulla. La mia passione era il cinema, che già divoravo abbondantemente, per cui qualcosa di scrittura, inquadratura, organizzazione, mi sembrava di conoscere. Ma il teatro mi era sconosciuto.
Con l'incoscienza e la buona volontà dei giovani andai avanti e li portai, loro malgrado, a calcare quella scena con quel testo così importante.
Per chi non conoscesse il testo, JCS racconta degli ultimi giorni di Cristo, dall'arrivo a Gerusalemme alla crocifissione e alla morte. Con un tono apertamente da anni '70, fatto di giovani che vorrebbero capire e non subire pedissequamente e un Giuda, forse il personaggio più rappresentativo, pieno di dubbi sulla propria missione e su quella dello stesso Gesù.
Alcuni di loro avevano già recitato in piccole parti in compagnie amatoriali e io cercai di metterli a loro agio, dando attenzione anche a tutte le idee e i consigli che potevano venir fuori durante le prove.
Prove che si protrassero per circa due mesi, con cadenza settimanale.
Nel frattempo, mi occupavo di SIAE, che bisognava sempre pagare, anche in casi di estrema amatorialità come questo, della stampa, a prezzi stracciati, di volantini pubblicitari da distribuire a scuola, in chiesa e tra amici e parenti.
La sera del sabato, prove generali. Tutto mi sembrava a posto.
Andammo in scena la domenica dopo Pasqua.
Seguivo spesso la trasmissione radio PER VOI GIOVANI e così decisi di scrivere loro una lettera presentando lo spettacolo e il programma.
Non ebbi risposta. Però...
Il 18 aprile del 1971 mi svegliai presto e mi recai al Teatro a controllare che tutto fosse in ordine e pronto per il pomeriggio.
Ero in piazza con amici, quando, alle 12.20, fui indicato a un giovane da altri conoscenti.
Si avvicinò e si presentò. Era Paolo Aleotti, inviato da Arbore e Boncompagni per un servizio sullo spettacolo da trasmettere durante PER VOI GIOVANI.
Ci salutammo e fissammo un appuntamento per il pomeriggio. Certo non me lo aspettavo e ne fui molto contento. Anche per dare un po’ di soddisfazione a quanti si erano impegnati con me.
Alle 17.30 ci incontrammo e ci preparammo bene. Tutta la compagnia era molto emozionata.
Alle 18 arrivò l'inviato RAI che ci iniziò a conoscere e poi si accomodò in sala.
Il pubblico iniziò a entrare: amici, parenti, conoscenti e tante persone curiose di conoscere questo testo, sconosciuto ai più.
Senza dimenticare che comunque ci trovavamo in una Chiesa, classica e un po’ dogmatica, anche se aperta alle istanze giovanili di quegli anni.
In ogni caso sarebbe stata una sorpresa per tutti. Io ero soddisfatto, comunque fosse andata la faccenda.
Alle 18.30 la sala era abbastanza piena (c'era anche una delle mie insegnanti, la professoressa di Matematica, ma di compagni e compagne di classe nemmeno l'ombra, salvo Gianni) e iniziammo lo spettacolo.
Utilizzai la musica del prologo dell'opera (che dovetti pagare salatamente alla SIAE) per introdurre la messa in scena.
Tutto andò bene, seppur nei limiti dell’inesperienza mia e del cast e delle attrezzature tecniche e sceniche.
La scena finale, quella della morte in croce fu, come dire, abbastanza realistica e ci sembrò che Renato ci stesse davvero lasciando. Era provato, anche se, all'apparenza, meno di Enzo che gli aveva dovuto infliggere le trentanove frustate. Il poverino era già magro e gracile di suo e uscì distrutto dal martirio che aveva appena inflitto.
Alla fine ci furono applausi e contestazioni, come avevo messo in conto. Il vice parroco uscì con un gruppo di spettatori rumoreggiando contro la rappresentazione. Questo, in fondo, non ci dispiacque: aveva avuto un senso organizzare il tutto se era servito a far pensare qualcosa a qualcuno.
Nei camerini ci raggiunse Paolo Aleotti, che si complimentò con noi e ci fece l'intervista di rito, cui tutti partecipammo con malcelata soddisfazione e un po’ di orgoglio.
Intorno alle 21.30 andai, con lui e Sergio (in un comodo taxi a spese RAI), alla Sede Regionale a consegnare il registratore usato per il servizio. Poi il giornalista ci offrì una pizza, ci riportò a casa, sempre in taxi, e si diresse alla stazione Centrale, per prendere un treno per Roma.
Paolo Aleotti ha fatto gavetta nell’emittente di Stato, arrivando, in seguito, a ricoprire l'incarico di corrispondente dall’estero. Docente di giornalismo e critico cinematografico, ci siamo incontrati, molti anni dopo, a vari Festival del Cinema come Cannes, Venezia, Sorrento, sempre salutandoci con cordialità e simpatia e ricordando l'esperienza vissuta insieme.
Sergio ed io tornammo a casa molto soddisfatti. In fondo, con un po’ d’impegno di tutti, avevamo realizzato un’operazione interessante e c’eravamo divertiti molto.
Il 2 maggio tentai una replica dello spettacolo, ma le voci messe in giro dai "duri e puri" ci fecero ritrovare con un esiguo pubblico in sala.
Non ci furono altre rappresentazioni. Nemmeno in seguito.
(continua)