Sottile, fragile, trasparente in una camicetta di seta di perle che avevi indicato tu proprio per questo momento, sembri fatta di fiigrana o di carta di riso, sei minuta, non mi sei mai sembrata minuta.
Un lenzuolino di cotone ti copre dal petto ai piedi, i tuoi piedini sono legati insieme, sotto al lenzuolo.
Il tuo viso sembra essere ancora sofferente.
Sono stati sedici anni di distanza fisica, quasi cinquantadue di distanza e basta. Sedici anni, tre tumori.
Da quando me ne sono andata, non hai fatto altro che visite, interventi, terapie di riabilitazione, tu, che stavi sempre bene, sempre in piedi, anche con la febbre che non dicevi a nessuno di avere.
Tenere tutto dentro, soprattutto i segreti, forse fa davvero male.
Sei così... friabile, sembri fatta di polvere di osso, solo la pelle tesa sembra tenerti insieme, imbellettata appena, i capelli d'argento pettinati come mai li hai portati, come se a pettinarti fosse stata una bambina tua compagna di giochi.
Non riesco a chinarmi per darti un bacio, non ci riesco, forse perché non sono sola, c'è mia cognata. Ti sfioro da sopra il lenzuolo, temo che se ti toccassi, ti polverizzeresti.
Strano, ci penso solo ora, mia cognata non mi ha lasciata sola con te, parlava di te, non stava zitta... forse voleva starmi vicino, forse non riusciva a staccarsi. Sei stata una seconda madre, per lei.
Tu sei stata colei che non mi voleva, colei che non mi ha protetto dall'orco, colei che mi ha fatto sentire sbagliata per tutta la vita, tu sei stata la donna che ho amato di più e che più ho odiato.
Ho tanto desiderato che in questi ultimi mesi tu mi dicessi almeno una cosa bella: "perdonami se non ti ho protetto e amato quanto avrei... dovuto? Voluto? Perdonami, se ho dato a tutti gli altri e a te no. Non ne sono stata capace, perdonami." Oppure "ti voglio bene" e basta.
Ti avrei perdonato tutto?
Non lo so mamma, ma tu non m'hai detto nulla.
Fino alla fine, ancora lucida, al tuo ultimo compleanno, sentendo la mia mano su una spalla, mi hai respinto, hai chiesto di lei, della moglie di tuo figlio, per le foto di famiglia. Certo, ti ha amata tanto anche lei ma io, io ero tua figlia. Era una foto coi tuoi figli, con lei ne avevi tante e ne sarebbero rimaste anche di quel giorno...
Ti ho salutato tre volte in questi mesi, ma non c'ero quando te ne sei andata. Oh, l'ho sentito, ho sentito il distacco; stavo guidando e all'improvviso non c'eri più.
Non ci sei più, oggi è il dodicesimo giorno di questa mia vita senza di te. Solo ieri, cercando un numero di telefono in rubrica, ho visto il tuo, il nostro, di famiglia, il numero di casa nostra a cui nessuno risponderà più, solo ieri mi sono resa conto che le telefonate fatte, ricevute e quelle attese, sono finite.
Da quando non ci sei più, ho perso la rabbia... l'unica forza che mi abbia sempre aiutato ad andare avanti.
Mamma, cosa faccio adesso?