Prologo:
1975
Cavolo, sono passati tanti anni da quando la vidi per l’ultima volta, è sempre bellissima, Ylenia non ha mai smesso di fare la quinta liceo scientifico, è il suo destino nei miei ricordi… la saluto da lontano, la mia voce è innaturale, non ricordavo di avere queste note alte a 18 anni, mi guarda come se mi avesse visto il giorno prima… in effetti per lei è vero, sono io che non la vedevo da quarant’anni.
2015
“perché non ti fai gli affari tuoi? Tanto appena te ne vai mi butto!”
“se ne sei convinto fallo! Voglio solo dirti una cosa, se mi dici che non t’interessa me ne vado per la mia strada!”
“mi dai centomila euro? Non c’è altro che può interessarmi!”
“ti do il modo di trovarne milioni di euro, va bene?”
“mi stai prendendo per il culo?”
“no, se mi ascolti te lo dimostro!”
“spara!”
“ma non volevi morire affogato?”
“devi fare lo stronzo o aiutarmi?”
“va bene, vuoi parlare qui o al bar sul lungotevere qui sopra?”
”al bar, così mi paghi il pranzo e non muoio a pancia vuota!”
“va bene, affare fatto”
Saliamo i gradini mentre il rumore spaventoso del fiume in piena sotto di noi si attenua, c’infiliamo nel bar semivuoto e ci sediamo, il cameriere che viene a prendere le ordinazioni mi guarda con aria schifata, ha ragione, barba incolta, vestiti buoni ma che indosso da due settimane, spettinato, un vero barbone d’origine controllata!
Ordino un bel po’ di roba, “ribrezzo” si allontana mentre l’omino inizia a parlare.
“chi sei?”
“mi chiamo Sandro De Lorenzo, sono una merda umana, ho perso tutte le opportunità che la vita mi ha offerto ma non me ne frega un cazzo, lavori idioti e sottopagati, tanto per tirare avanti, non ho mai avuto rapporti veri con donne, solo occasionali, massimo sei mesi e poi fuori dai coglioni, ho perso l’ultimo lavoro due mesi fa, ora ho finito anche i soldi, quindi è il momento di salutare il mondo con un ultimo vaffanculo!”
“perché sei diventato così? C’è un momento nella vita a cui attribuisci la colpa di ciò che sei diventato?”
“si, avevo 18 anni, la mia ragazza finì sotto una macchina mentre festeggiavamo la fine della scuola, si scansò all’ultimo momento per non ricevere un gavettone che le aveva tirato uno stronzo”
“lo conoscevi bene l’imbecille?”
“dalla nascita… ero io”
“ah… ma era così importante per te o è stato il senso di colpa a ridurti così?”
“principalmente il senso di colpa, anche se dissero che era successo per colpa sua, si era spostata all’ultimo secondo per giocare, era stata disattenta, il guidatore non poteva fare nulla per evitarla… ma la verità è che ero stato io… dopo un po’ di tempo mi resi anche conto di quanto fosse speciale, mi mancava terribilmente”
Lo guardo
“ora invece vuoi spiegarmi tu chi sei e cosa vuoi? Sei un milionario? Devi fare la tua buona azione annua?”
“niente di tutto questo, sono uno scienziato, ho ideato un prototipo per rimandare indietro nel tempo tutti i tuoi ricordi presenti nel tuo “io”, per impedirti di ripetere gli stessi errori, però senza sapere se il cambiamento porterà veramente benefici o peggiorerà la situazione”
“perché dovrebbe peggiorare… ah, non dirmelo, vinco al superenalotto e mi sparano per rapinarmi, ho capito!”
Arrivano i piatti, per qualche minuto non sono in grado di parlare, avevo una fame tremenda, nel frattempo Doc mi studia pazientemente senza parlare.
“perché non ci vai tu nel passato?”
“perché non so come tornare”
“quindi hai cercato un disperato che non ha alcuna intenzione di tornare… sei sicuro che funzioni?”
“Ovviamente no, per questo ti ho cercato, uno che vuole uccidersi cos’ha da perdere?”
“Giusto… ma come farai a sapere se funziona? Potrebbero succedere tante cose, la macchina potrebbe essere una baracca inutile, oppure se funziona io morirò in qualche cambiamento…”
“lo saprai solo tu se funzionerà, anche per me il mondo cambierà grazie a voi, se avrai la bontà di cercarmi, io inizierò a fabbricare questa macchina nel 2004, quindi se mi dirai che vieni dal futuro e sei tornato nel passato grazie a me, sarò propenso a crederti, invece se quando partirai non mi succederà nulla, saprò che sei morto inutilmente, ti seppellirò e cercherò di capire dove ho sbagliato.”
“mi piace come elogio funebre! Dimmi le tue generalità e qualcosa del tuo passato che puoi sapere solo tu, per convincerti nel 2005 quando ti cercherò”
“giusto… va bene, mentre andiamo nel mio laboratorio, impara a memoria la schedina vincente del Totocalcio nel Natale 1975, ti sarà utile! Ti scrivo anche la cosa che non conosce nessun’altro, non ho il coraggio di dirtela!”
Doc paga il conto, il cameriere mi da un’ultima occhiata schifata ed usciamo.
È una giornata fredda, il Tevere in piena fa paura, spero di non ripensarci, avrei paura adesso a buttarmi, saliamo al volo su un autobus
“non ho il biglietto”
“neanch’io, vorrà dire che ci faranno una multa che noi non pagheremo mai.”
Scendiamo al mattatoio, Doc… anzi Saverio Dandolo, devo ricordarmelo, entra in un portone buio e puzzolente ed entriamo in un sottoscala.
“faccio ancora in tempo a cambiare idea?”
“prego, il Tevere è da quella parte, calcolando la velocità della corrente non sei molto lontano dal posto in cui saresti stato”
Ha ragione, entro. Accende un generatore e dei macchinari iniziano ad illuminarsi ad intermittenza
“Jingle Bells, Jingle Bells… inizi a preparare l’albero di Natale?”
“smetti di dire stronzate, sei pronto?”
Annuisco
“infila il casco allora!”
“devi dirmi altro?”
“si, due cose, prima, avvertilo che non deve calcolare di rimandare indietro il corpo, ma i ricordi fatti diventare files da spedire nel tempo… il tempo va a spirale, non indietro! Poi deve per forza mandare l’originale, una copia presa dal cervello non sarà mai perfetta, quindi purtroppo dovrà eliminare il master, insomma l’uomo… seconda, quando mi cercherai, portami tanti soldi, grazie!”
1975
Corro verso di lei, le mie gambe sono di nuovo leggere, in un attimo l’abbraccio:
“ti amo, amore mio”
mi guarda ridendo
“sei impazzito? Tu odi queste smancerie!”
“ci ho pensato a lungo stanotte, voglio strapazzarti tutta la vita!”
“sei scemo, hai sempre detto che niente è eterno, finché dura andiamo avanti”
“amore, dammi una chance, sono stato male, non ho dormito, ho capito che a 18 anni bisogna iniziare a dare un senso alla vita, abbiamo gli esami di maturità e poi dovremo entrare nel mondo del lavoro, ci vorrà molta grinta! Oggi facciamo sega!”
“Ma è un controsenso!”
“questa è una giornata inutile, gli ultimi giorni si traccheggia par arrivare agli esami, non si combina nulla, forse all’uscita ci saranno i soliti stupidi gavettoni, io voglio stare solo con te, ti prego, sento che questa per me… per noi questa è una giornata importante!”
“ti è venuta anche una bella parlantina, sei riuscito a convincermi, dove andiamo?”
“al mare, voglio assaporare una giornata piena di sole, rinascere dalle acque, è tanto che non lo faccio”
“aiuto, me l’hanno sostituito, questo è un alieno!!!”
Ride… l’unica cosa che ricordavo bene di lei, la sua risata squillante, i suoi denti bellissimi.
“scema, sono sempre io, te lo giuro!” ovviamente non mento
Usciamo da scuola, passiamo attraverso i prati dell’EUR ed arriviamo al trenino che da Magliana porta ad Ostia, è sempre lei a parlare, una cascata di ricordi, cose che all’epoca non mi aveva ancora detto perché ero un coglione che si stancava subito di ascoltarla.
Arriviamo a Lido centro, in dieci minuti stiamo sul lungomare.
“ora che sei diventato quello che sa tutto, mi spieghi come facciamo a prendere il sole e fare il bagno? Non abbiamo il costume!”
“io abito qui, mia sorella ha duemila costumi, scegline uno!”
“hai pensato a tutto, non è che hai pensato proprio a TUTTO?”
“no, tranquilla, lei ha la sua cameretta, ti chiudi e ti cambi, riscendiamo subito”
Mi guarda per capire se mento, poi si decide a mettermi alla prova.
Chiamo l’ascensore, metto le cinque lire e partiamo.
Suono il campanello, presento Ylenia a mia nonna e le spiego che dobbiamo cambiarci per andare al mare, lei brontola perché non siamo a scuola, l’abbraccio strettissima dicendole “ti voglio bene nonna”… erano trent’anni che non la vedevo, anche lei è stupita dalla mia espansività… ma ero così stronzo all’epoca?
Accompagno Lennina in camera, le faccio vedere i costumi, ne sceglie uno e mi guarda, inizio ad uscire
“sbrigati amore mio, a dopo”
Entro nella mia stanza, prendo un bermuda per non correre rischi, oggi sarà una giornata difficile, prevedo problemi dal basso, sono di nuovo ad un età che non serve il cric per alzarlo, basta il pensiero.
Eccoci di nuovo fuori, ci siamo rimessi jeans e maglietta per quei pochi minuti che ci separano dall’acqua, di nuovo via correndo e ridendo, prima del tuffo liberatorio.
È la prima volta che la vedo in costume, ricordo che io ero imbranato e lei aveva un educazione cattolica, solo i baci facevano parte del nostro repertorio… non sapevo che il suo corpo fosse così bello, giochi d’acqua, giochi d’amore, giochi che saranno nostri per sempre.
Usciamo rotolandoci sulla sabbia, la sua bocca sa di fragola… quanti anni rubati.
Appoggio la testa sul suo pancino e le prendo la mano,
“ci credi all’amore eterno a diciotto anni?”
“io si, sei tu che hai la fobia di parlarne”
Mi metto su un gomito, la guardo negli occhi
“io non sono più quello che conoscevi, ho capito molte cose nel tempo trascorso da… ieri, quest’estate farò il vice-bagnino alla vecchia Pineta per avere un po’ di disponibilità senza chiedere soldi in continuazione ai miei e poi ora che ho finito il liceo scientifico, prenderò una laurea in informatica, sento che è il lavoro del futuro, voglio entrare nella Olivetti e da lì forse emigrare in America”
“sei pieno di certezze e di positività oggi, spero che tu abbia ragione, io ho tante paure, ancora non so qual è il mio scopo nella vita, sono entrata al Cannizzaro solo perché era vicino casa, vorrei entrare in politica, la rivoluzione è quasi fatta, il PCI è quasi arrivato a destinazione, abbiamo un bel futuro davanti”
La bacio per non farle vedere la mia disillusione… però forse ha ragione, io conosco gli sbagli che si faranno, potrei suggerirle le soluzioni, poi lei con la sua parlantina, convincerebbe gli altri! Non glielo dico subito, non smetterei mai di baciarla, posso aspettare cinque… facciamo dieci minuti.
Una campana lontana mi dice che è l’una… sei salva amore mio, non sono più il tuo assassino!