Thomas provò a chiamare Anne sperando che la ragazza avesse voglia di parlare e accettare le sue scuse. Rispose nuovamente la nonna, disse che la ragazza non era in casa e che l’avrebbe trovata verso le quattro. Thomas ringraziò la signora e la salutò. Thomas doveva andare all’incontro con lo Zio e non poteva portare Jenny, così andò a bussare dalla Señora Alvarez chiedendole se per cortesia poteva fare compagnia alla bambina, la donna accettò volentieri, così poté andare con calma al suo colloquio. Salutò Jenny e le disse che stava andando dallo Zio Calogero per parlare di affari. La bimba lo baciò e salutò con la manina dalla porta della Señora Alvarez.
Fece come gli era stato ordinato, parcheggiò la macchina di fronte al Bar di Salieri, camminò lungo il viale per due volte poi entrò nel caffè, chiese una birra al cameriere e se era lui il padrone, il quale fece un cenno di affermazione corrugando la fronte e ancora una volta quello sguardo che lo pesava, quando ritornò con la bevanda gli mostrò il biglietto da visita dattogli da Carmine. L’uomo si sciolse un po’, si presentò: il suo nome era Antonio, gli strinse vigorosamente la mano e l’accompagnò da don Calogero aggiundo che la birra era un omaggio della casa. Accompagnò Thomas verso delle scale di una cantina semibuia, poi aprì una porta che conduceva in una grande sala con un piccolo bar, alcuni tavoli da biliardo, un pianoforte e un piccolo palcoscenico dove si esibivano delle ragazze seminude che facevano la lapdance, la sala era per due terzi annebbiata da un denso fumo di sigari, la musica era soffusa, le ballerine si muovevano sinuosamente facendo le fusa ai clienti; delle scale portavano a un piano superiore dove c’era l’ufficio dello Zio. Riconobbe Carmine che gli sorrise e gli disse che Don Calogero l’aspettava.
Thomas entrò dentro la stanza che non si intonava per niente con l’arredamento del piano sottostante: al muro erano appese delle foto d’epoca di uomini con dei mitra Tommy Gun seduti sul cofano di una macchina degli anni Venti, su uno scaffale erano esposti dei trofei di baseball più delle foto di alcuni campioni di pugilato. Un divano, con davanti un tavolino sul quale erano appoggiati dei posaceneri colmi fino all’orlo, poi la scrivania del Boss, due poltrone imbottite davanti al tavolo. Lo Zio guardava la strada da dietro le persiane, rivolse a Thomas un sorriso larghissimo, si avvicinò e lo abbracciò come un figliol prodigo, poi gli fece cenno di sedersi offrendogli un sigaro, una volta seduti cominciò a parlare.
«Allora Tom, come andiamo? Tutto bene?», chiese Don Calogero.
«Sì Zio, tutto bene. Mi avete chiesto di vedermi ed eccomi qua», disse Thomas accendendosi il sigaro.
«Bravo, lo sapevo che eri un uomo di parola e un uomo di parola è anche uomo d’onore. Fossero tutti come te, ragazzo mio», disse il Don stirandosi sulla sua sedia e grattandosi il capo.
«È un po’ presto per giudicarlo, non credete?»
«Aaah, hai ragione! Ma penso che tu sia una persona intelligente e potresti darmi una mano con certi miei affari».
«Non vorrà mica che io vada in giro ad ammazzare la gente?», chiese allarmato Thomas.
«No, no, eh! per carità niente di tutto questo...», si affrettò a dire il Don alzando le mani, «abbiamo i nostri ragazzi per quello. Ho fatto alcune ricerche e ho saputo che tu lavori in banca, non è così?»
«Sì, è così, lavoro in banca», confermò Thomas.
«Bene, la mia proposta è questa: che ne diresti se ti offrissi un posto da direttore nella stessa banca dove lavori?», propose il Don.
«Ma la mia banca ha già un direttore», replicò perplesso l’uomo con il sigaro a mezz’aria.
«Ancora per poco, ancora per poco, non è così Carmine», disse Don Calogero lanciando uno sguardo complice al figlio che era rimasto in silenzio davanti alla porta. Carmine rispose con un ghigno.
«È da un paio di giorni che cerchiamo di convincerlo a stare dalla nostra parte, ma è proprio “na’ capa tosta”. Così questa sera gli manderemo una lettera di prepensionamento», proseguì vago il sicario.
«Non vorrete mica uccidere anche lui, sì insomma, non posso dire che mi sia stato mai simpatico, ma non voglio che muoia nessuno», disse Thomas.
«Esagerato e mica siamo bestie, diciamo che... a causa di una sopraggiunta malattia improvvisa non potrà presentarsi a lavoro per molto tempo», concluse il Boss.
«Ma sarà ancora vivo?», chiese Thomas.
«Sarà ancora vivo», promise il Don.
Dopo essersi calmato alla promessa di Don Calogero disse: «Allora, io quando dovrei essere direttore e sopratutto, che genere di mansione dovrei fare per voi? Riciclaggio immagino», abbozzò Thomas, così, a intuizione.
«Riciclaggio! Eh che parolone! Si tratta semplicemente di fare una trasfusione di soldi da alcuni conti verso degli altri e reinvestirli presso alcune nostre aziende, tutto qui», disse lo Zio.
Riciclaggio.
«In modo tale che non se ne comprenda la provenienza, giusto Zio», concluse.
«Esatto! Lo vedi che mi capisci al volo, sarà una buona collaborazione la nostra. Allora che pensi di fare, ti va di entrare nella nostra famiglia?», chiese compiaciuto il Don.
«Di chi sono i conti su cui dovrei lavorare?»
Il Boss aprì un cassetto della scrivania, ne tirò fuori una cartella con dei documenti, Thomas li controllò e riconobbe che erano gli stessi conti di “particolare” interesse che il direttore della sua banca gli mostrò qualche giorno fa. Li osservò con cura, rendendosi conto che era un lavoro che aveva già svolto senza rendersene conto, così accettò.
Lo Zio ne fu entusiasta, si alzò dalla sedia e gli andò incontro ad abbracciarlo e a fargli le congratulazioni, così Thomas divenne il direttore della “International Credit Bank di New York.”
Fine I Parte
Santiago Montrés