Quando James entrò in ufficio il Commissario Busti Corsetti era già seduto alla scrivania che leggeva il giornale locale alla pagina cronaca nera. In realtà c’era ben poco da dire se non il furto dei gioielli della signora Spalloni, ritrovati nel giro di due ore, visto che erano apparsi fin da subito i sospetti sul nipote della vittima, dedito al gioco, alle belle donne e allo sniffamento saltuario di sospetta polvere bianca per fare colpo sul secondo vizio citato. In realtà la polvere bianca altro non era che bicarbonato di sodio che la nonna, per risparmiare, metteva nella lavatrice al posto dell’anticalcare. Alzò lo sguardo e fece un cenno di saluto a James senza proferire verbo.
“Buongiorno Commissario!” esordì con entusiasmo il vice ispettore “E’ andata bene la vacanza?”
L’altro grugnì, senza staccare gli occhi dal quotidiano, privo ormai di alcuna notizia interessante. Nonostante il costante cattivo umore del Commissario Busti Corsetti, James era eccitato come un ragazzino alla prima cotta: era il suo ultimo giorno di lavoro prima delle tanto sospirate ferie. Quindici giorni senza respirare l’ammuffito odore della carta impolverata e senza contemplare la faccia del suo capo, perennemente incazzata a seconda degli umori mattutini della moglie. Busti Corsetti grugnì tutto il giorno, soprattutto perché sapeva che il suo vice ispettore si sarebbe assentato per ben 15 giorni e questo gli seccava alquanto: tutto sarebbe ricaduto sulle sue spalle e gli sarebbe toccato fare lo straordinario e sua moglie sarebbe stata ancora più incazzata del solito e, se Carmela aveva le palle girate, di conseguenza, anche il Commissario le avrebbe avute. Alle 18 in punto Calamaretti staccò la spina lavorativa e accese su “on” quella vacanziera. Appena giunto a casa controllò tutti i bagagli, smarcando dalla lista pro memoria quello che già era stato inserito: praticamente tutto! Era un mese che preparava valigie. Mise nella tasca interna a una delle sacche la lista per il ritorno: della serie non si sa mai dimentichi qualcosa in altro loco, e si gettò sotto alla doccia. Il mattino seguente alle 4 era già sveglio. Caricò le borse sul taxi e si fece portare alla stazione di Bologna, da lì avrebbe preso il treno per Lecce, successivamente un autobus per Otranto, se fosse andato in aereo spendendo tutte quelle ore, sarebbe arrivato in Australia! Il ritardo del treno di circa un’ora, la coincidenza dell’autobus di 2 ore e mezza, James raggiunse la tenuta Belvedere in 11 ore e 3 minuti ma ne valeva la pena! La sua villetta, situata in mezzo a ulivi e oleandri, arredata in stile arabesco, era confortevole e dotata di tutto quello che potesse servire al meritato riposo. Dopo lungo ed estenuante viaggio, si gettò sotto alla doccia e poi sul letto. Il suo sonno fu interrotto mezz’ora dopo da un insistente miagolio che pareva un rantolo. James si alzò come avesse il pepe nel culo e uscì nel giardino, si guardò in giro e seguì il miagolio che pareva non essere troppo distante. Vide il gatto e, come al solito, alla vista del felino, iniziò a starnutire senza sosta. “Maledetti gatti!” pensò “Maledetta allergia!” Nel cespuglio, dietro al miagolante peloso, fuoriuscivano due piedi: uno indossava ciabatta infradito, l’altro era nudo. Il vice ispettore scostò il fogliame e vide il corpo della donna. Mezza età, indossava un abito corto da mare che lasciava intravedere uno spettacolo poco decoroso delle sue cosce piuttosto abbondanti, capelli tinti di un biondo slavato, occhi sbarrati cerulei, segni di strangolamento. Calamaretti chiamò istantaneamente Nicolini, il proprietario della tenuta, indicando la donna chiese: “Chi è?”
“Porca paletta maledetta!” Esclamò Nicolini “La signora Wanderbroken!”
“Con chi alloggiava?”
“Con il marito; l’ho visto un’ora fa procedere verso la spiaggia.”
“Chiami chi di dovere e un medico legale.”
“Subito.” Si affrettò Nicolini.
James non toccò nulla se non il fogliame che ricopriva il corpo senza vita della donna: la bocca spalancata non pareva lasciare alcun dubbio sullo strangolamento ma non vi erano elementi sufficienti per comprendere con quale attrezzo fosse stato compiuto l’omicidio e neppure per arrivare a capirne il movente. Il gatto, un siamese a pelo lungo, continuava a miagolare disperato, cercando di entrare nel cespuglio dove si trovava il corpo della donna. James, continuando a starnutire senza tregua, provò a prendere il gatto con l’asciugamano che aveva attorno al collo ma la bestiola, di rimando, assai contrariata, gli stampò un graffio sul bicipite, si divincolò e saltò dritto dentro al cespuglio.
“Vieni qui: micio, micio, micio, micio, miciooo!” Come per magia, il felino sembrò comprendere le buone intenzioni di quell’umano dal naso assai fragile ed uscì: appeso alla coda il cordino in nylon che, con molta probabilità, era stato l’oggetto dello strangolamento.
“Bravo micetto!” Disse il vice ispettore Calamaretti “Sei proprio un gatto collaborativo.”
Mentre James e il gatto procedevano nelle indagini, giunsero 4 gazzelle dei carabinieri e l’auto del medico legale con un assistente provvisto di un grande zaino da trekking sulle spalle.
“Ha toccato nulla?” Chiese il medico.
“Certo che no!” Esclamò James “Devo dire, però, che il gatto è stato piuttosto utile: ha trovato l’arma del delitto.” Fece, mostrando il cordino.
“Tutto è da dimostrare.” Intervenne il commissario di zona, contornato da almeno 8 agenti.