Le vacanze sembravano lontane anni luce, nonostante fossero trascorsi solamente 15 giorni dal rientro di James al commissariato. Tra furti, borseggi, violenze domestiche e vandalismi, le giornate trascorrevano pigre, con la solita immersione nelle brutture della quotidianità. Alle 18, se nulla accadeva, si rientrava a casa. Stesso palazzo, stesso appartamento al secondo piano, stesse facce dei curiosi vicini. In seguito al suicidio del signor Crisanti, James aveva accumulato punteggio in simpatia e quando, raramente, incontrava qualcuno, i sorrisi e gli inchini si sprecavano. Fritz gli corse incontro appena sentì la serratura aprirsi.
Calamaretti starnutì. In quei giorni al gatto parve che quello starnuto ormai consueto fosse un saluto a lui e iniziò a sfregarsi tra le gambe di quello che era diventato il suo nuovo padrone. Tra di loro l’incomprensione linguistica era stata superata dai gesti consueti e da un gergo verbale idiota che James usava regolarmente rivolgendosi al peloso amico.
Si spruzzò lo spray antistaminico nel naso e iniziò: “Qui! Micio, micio, micio, micio!” il gatto rispose con un “miao” prolungato, attendendo la prossima mossa che sarebbe stata quella di una bella ciotola di crocchette.
Doccia, abbigliamento comodo e trasandato, tv, divano. Il mondo del vice ispettore era tutto lì. Il gatto si acciambellò accanto a lui a ronfare.
Alle 23,30 si infilò sotto al lenzuolo in mutande e prese sonno all’istante, nella speranza di trovarsi ancora una volta con Jennifer Lawrence accanto.
Alle 3,15, il rumore della lampada a stelo del salotto in frantumi lo fece balzare giù dal letto come fosse stato un contorsionista al circo DuSoleil. Tolse la sicura alla Smith&Wesson e, scalzo, al buio, uscì dalla stanza. La luce di una piccola torcia lanciava veloci lampi contro il muro, qualcuno si era introdotto in casa. Ah, avesse avuto un cane al posto del gatto! pensò, il ladro non sarebbe entrato; invece… invece era lì: neppure troppo silenzioso, dato che la lampada si era frantumata in mille pezzi.
James iniziò a sentire la sua ernia iatale bussare alla bocca dello stomaco, sembrava la grancassa della banda comunale e il cuore gli salì fino dentro agli occhi. Che fare? Chi va là! Non ti muovere! Manigoldo! Brutto pezzo di sterco di vacca! Gli venivano in mente frasi senza senso e non ne pronunciò una. Il ladro continuava ad esplorare l’appartamento con più calma. Cosa diavolo stava cercando? Non certo soldi, James era uno spiantato: guadagnava 1700 euro al mese che, regolarmente, si prosciugavano in bollette e affitto. Documenti? A parte le ricevute delle spese non possedeva altro. Forse una vendetta? Probabile. Aveva arrestato più gente lui di chiunque altro al commissariato. No, no… fosse stata una vendetta l’intruso si sarebbe trovato direttamente in camera da letto e Calamaretti avrebbe già tirato le cuoia. Invece… invece se ne stava a gironzolare tra salotto e cucina, con la luce di quella pila fastidiosa, acquistata sicuramente in un negozio di cineserie, che balenava sui muri al ritmo di reggae, che poi, in fondo, era ciò che stava facendo la sua ernia.
Nascosto nell’oscuro angolo bagno/camera da letto/salotto, James se ne stava in silenzio con in mano la Smith&Wesson senza sicura, ma era carica? Il dubbio lo assalì e il sudore iniziò a bagnare prima la fronte, poi colò giù dal collo per terminare, dopo aver attraversato tutta la schiena, fra le natiche. “Ma che situazione di…. Merda!” ma si! Lo pensò davvero. Tutto ad un tratto, da un imprecisato angolo del soffitto, il fidato amico Fritz lanciò i suoi ben 8 chili e mezzo sulla faccia del malcapitato ladruncolo emettendo un infastidito e terrorizzato miagolio da film del terrore. L’intruso, senza un lamento, cadde a faccia in su; la sua testa sbatté sopra al tavolino in vetro temperato della zia Giannina (da cui James aveva preso il nome). Il tavolino non si ruppe ma il gong che fece fu memorabile. Eccolo lì: svenuto sul tappeto in lana della povera mamma, pace all’anima sua, tuta aderente nera e passamontagna in pile. James gli sfilò quella maschera artigianale, pensando di trovarsi davanti una nota faccia da criminale, invece…. Invece il malvivente in questione altri non era che il figlio della signora Perlenghini del quinto piano. Un quindicenne sfaccendato a cui la madre urlava tutto il giorno. James lo prese di peso e se lo caricò sulle spalle, notò che la ginnastica che aveva iniziato da ormai un mese, lo aveva aiutato a sviluppare muscoli più tonici. Lo caricò in ascensore, riportandolo a destinazione. Il ragazzino in questione soffriva di sonnambulismo e, nel giro di sei mesi, si era introdotto in quasi tutti gli appartamenti del vicinato, senza rubare il benché minimo oggetto ma spaventando a morte il condominio. La madre lo prese in custodia e lo rimise a letto.
“Mi dispiace signor James. Sono davvero rammaricata.”
“Le posso suggerire di legarlo al letto? Ha rischiato di farlo ammazzare, se non lo ricorda, io sono armato signora Perlenghini.” La donna trasalì, non immaginando che il vice ispettore Calamaretti non solo non avrebbe sparato ad anima viva ma che la Smith&Wesson era sempre scarica.
Tornò nel suo appartamento: Frizt lo stava aspettando, come se nulla fosse accaduto, gli si strusciò fra i polpacci e si diresse verso la ciotola, il che la diceva lunga sul suo appetito.
“Te lo sei meritato amico mio.” Disse James vuotandogli i croccantini in abbondanza “Se non fosse stato per te quel ragazzino sarebbe morto davvero. Stavo per sparare sai?” Il gatto lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri e smise di miagolare.
“Beh, forse non proprio ma ci sono andato vicino.” Fu in quel momento che Fritz girò il suo imponente sedere verso il padrone, alzò la coda e si diresse verso la camera da letto. Neppure lui gli avrebbe creduto.