Il 6 gennaio 2025 Sarah Midnight, in compagnia dei genitori, del fratellino Noha e di altre trenta persone, venne ibernata nella navicella spaziale Biblos 5.
Il loro sonno durò dieci anni. Le navette che trasportavano i coloni erano molto più lente dei razzi con cui i fondatori raggiungevano il nuovo pianeta, per evitare scompensi al sistema nervoso, cardiaco e cerebrale degli individui che non avevano avuto il tempo di frequentare corsi di addestramento come i professionisti. Quando Sarah si risvegliò stentava a riconoscere sé stessa: sapeva di essere lei ma il corpo in cui si trovava sembrava non appartenerle.
Durante l’ibernazione, per evitare ulteriori perdite di tempo, venivano somministrate vitamine e altri farmaci studiati appositamente per il lungo viaggio. I corpi addormentati erano costantemente sollecitati da meccanismi autonomi che permettevano di mantenere la muscolatura in esercizio per cui, una volta risvegliati, nessuno avrebbe avuto necessità di una procedura riabilitativa. Sarebbero stati immediatamente operativi. Sarah si risvegliò l’8 gennaio 2035, aveva 14 anni.
Guardò con stupore le proprie gambe e le braccia, non erano come le ricordava. Durante il processo di ibernazione il cervello non era rimasto inattivo: il programma del chip “vita non vissuta” aveva lavorato inserendo ricordi artificiali, dieci anni vissuti non realmente, ricordi di altri, innestati nella mente di ciascuno ma, per Sarah, questo non era accaduto. Il chip non aveva svolto il suo lavoro, era difettoso. Dunque, quando lei si svegliò, immaginò di avere ancora quattro anni.
Lo shock che subì fu devastante. Suo padre e sua madre ricordavano la crescita della figlia come se i dieci anni trascorsi in ibernazione non fossero mai avvenuti, Sarah, al momento della ricongiunzione parentale, era ferma all’età in cui si era addormentata. Ricordava i genitori, le insegnanti della scuola materna, le amichette, i nonni che non erano più con lei ma i passaggi della sua crescita evolutiva non esistevano.
Avrebbe dovuto recuperare dieci anni in poco tempo.
Il dottor Foster, specialista in psichiatria evolutiva, vide la ragazza dopo una settimana dal risveglio. Notò che Sarah si comportava come una bimba: non sapeva leggere o scrivere, voleva giocare con le sue bambole, non era capace a relazionarsi con i coetanei.
Venne ideato, per lei, un programma di evoluzione integrativa intensiva. Giorno e notte il cervello di Sarah veniva stimolato da elettrodi, in ipnosi si cercava di inserire dati inesistenti di quei dieci anni. Un buco enorme da colmare. Sarah sembrava rispondere positivamente alle cure, in sei mesi recuperò tre anni di vita, arrivando ad ottenere il cervello di una bambina di sette anni. Foster calcolò che sarebbero serviti almeno altri tre anni per aiutare il cervello ad elaborare i dati smarriti, non tenendo conto dei risvolti psicologici che avrebbero potuto anche non risolversi mai. Foster non avrebbe mai immaginato che il cervello di Sarah, stimolato meccanicamente, si sarebbe sviluppato in maniera iperbolica. In poco più di un anno, la ragazza recuperò le lacune e dimostrò di essere decisamente più recettiva dei suoi coetanei.
Foster fu sollecitato dal Comitato che governava Biblos a inserire la ragazzina in un programma speciale. Le sedute notturne che era costretta a subire presero una direttiva diversa da ciò che Foster aveva immaginato. Il Comitato forniva tutto il materiale necessario da inserire nel cervello di Sarah e il format dei microchip era top secret, decriptato da un sistema informatico avanzato, per cui nessuno poteva venire a conoscenza di cosa vi fosse contenuto. Sarah stessa non ne fece mai parola.
“Vorrei mangiare un gelato!” Disse Noha rivolto alla madre.
“Che gusto?” Rispose la donna.
“Banana e lampone.” Esordì il ragazzino dopo aver riflettuto un attimo.
La madre si avvicinò al robot della cucina e digitò il codice famigliare, dopo di che ordinò. Qualche secondo dopo la pancia del robot si aprì servendo l’alimento richiesto.
“Sarah, vuoi qualcosa anche tu?” chiese la mamma.
“Non ho fame. Questa roba fa piuttosto schifo. Perché non richiedi gli alimenti e cucini tu, non lo fai mai.”
“Tesoro, lo sai che non ho tempo, sono assorbita dal lavoro praticamente 24 ore su 24.”
“Quando cucinavi tu era meglio. Avevo più appetito.”
“Parli dell’era virus?” Chiese Noha leccandosi le dita sporche di gelato.
“Può essere” rispose Sarah “Ho le idee ancora un po’ confuse.”
“Ancora?!” si allarmò la madre.
“Ogni tanto… ma va meglio. Il professor Mardok ha assegnato un problema terribile, non ne vengo a capo. Dovrò collegarmi con Adam e farmi dettare la soluzione.”
“Secondo me sono solo scuse per vedere quel robot umano.” Intervenne Noha ridendo.
“Sei un cretino! E poi smettila di chiamare Adam robot, non sarà bello ma è un genio in matematica!”
“Con quella macchinetta nei denti è orribile, non so come fai a guardarlo in video. Che orrore!” Continuò il fratello.
Sarah lasciò cadere il discorso e si estraniò dalla conversazione.