Mentre andavo in Cancelleria ero tranquillo e camminavo sicuro sui marciapiedi, respirando l'aria sporca e guardando distrattamente le vetrine.
Gli accordi per quello che dovevo fare erano stati presi da tempo al bar fuori dal Palazzo di Giustizia.
In studio ero l'ultimo arrivato e i giovani devono fare un po' di tutto.
La busta con i venti milioni di lire era nascosta nella ventiquattr'ore che portavo sempre con me quando facevo il giro degli uffici: quella con le penne, i fogli protocollo, i fascicoli, la cucitrice e le marche da bollo.
I soldi erano in una tasca interna nascosta, legati con l'elastico.
L'Avvocato anziano era stato chiaro: l'asta per l'area industriale era molto importante per il Cliente e bisognava vincerla.
Con gli appoggi giusti la zona poteva diventare una miniera d'oro, un nuovo centro direzionale con qualche residenza di lusso.
Lo studio ultimamente era un po' in declino perché aveva perso una causa importante (il Giudice era una toga rossa, non ci si poteva fidare).
Occorreva un buon colpo per rimettersi in carreggiata e ritornare nel giro giusto.
Tutto quello che serviva era farsi aprire la cassaforte in Cancelleria, leggere le offerte degli altri e sostituire la nostra se fosse stata troppo bassa.
Il Cancelliere era un uomo tranquillo, settentrionale, con i baffetti: era ordinato e un po' giallo in faccia.
Si conoscevano con l'Avvocato dai tempi del '68, quando volantinavano tutti e due fuori dalle fabbriche.
Non c'era voluto molto per accordarsi.
Era bastato fare il nome dello studio, raccomandare discrezione, offrire qualche caffè e accennare discretamente al problema del mutuo: i padri divorziati impiegati statali fanno sempre un po' fatica a fine mese e sfregare pollice e indice era bastato senza che ci fosse bisogno di di troppi giri di parole.
Un po' di soldi gli facevano comodo e - in fondo - gli bastava dimenticare aperta una cassaforte e uscire dalla stanza qualche minuto.
Io venivo da fuori Milano ed ero l'ultimo figlio di due insegnanti di lettere, rimasto in casa dopo che le mie sorelle si erano sposate.
Ero scappato nella città del Corriere e delle donne sfuggenti per diventare qualcuno.
Per un po' al venerdì ero tornato a casa dalla fidanzata del liceo.
Poi, però, in provincia tutto mi era sembrato opaco, puzzolente di fallimento e di polenta vecchia e non avevo più preso il treno del rientro.
Man mano in studio si erano accorti di me e qualche volta mi avevano invitato a bere l'aperitivo verso le otto, quando si finiva di scrivere atti e di vedere i clienti.
La sera ero solo in camera d'affitto da due pensionati in Corso Buenos Aires, asportavo qualcosa da mangiare al “Ciao” e mi sdraiavo a letto distrutto pensando al futuro.
E poi il grande incarico: risolvere la grana dell'asta.
Era una cosa tra me e l'Avvocato anziano: gli altri colleghi non sapevano niente.
Mi aveva promesso il nome sulla targa dello studio e un po' di soldi: finalmente una macchina, finalmente poter alzare lo sguardo. Magari finalmente anche una donna da sposare, di quelle che parlano senza accento con le vocali giuste (tanto poi basta citofonare Giusy).
Certo, il Cancelliere poteva prendersi paura, magari farmi trovare la Polizia o mettersi d'accordo con altri studi per aprire la cassaforte diverse volte: di solito, però, nessuno vuole fare l'eroe o cercare troppe complicazioni.
E poi l'uomo aveva bisogno di soldi e conosceva l'avvocato dai tempo della contestazione.
Ho bevuto un caffè al Bar Boston. La cameriera tutta scura di lampada mi ha sorriso: di solito non lo faceva mai, forse era un buon segno…
Sono entrato nel Palazzo e ho incontrato un cronista che conoscevo. Mi ha invitato a bere un caffè.
Il giorno dopo due finanzieri in borghese hanno accompagnato l'Avvocato a San Vittore.
Io sono stato intervistato da tutti i giornali dopo avere consegnato alla Procura i dieci milioni di lire della mazzetta.
Sono anche stato invitato qualche volta in televisione a parlare di corruzione insieme a pensosi professori e a militanti per la giustizia e la legalità.
E' passato tanto tempo.
Stamattina ho baciato i bambini, salutato mia moglie che si vestiva, sono uscito di casa e sono venuto qui in studio.
Ormai sono il più vecchio e sto attento a chi assumo.
Nel portafoglio tengo ancora centomila lire con un vecchio elastico.