Franz Hubert aiutò Sarah a sdraiarsi sul lettino, posizionò gli elettrodi collegandoli al suo computer personale. Gli occhi di lei iniziarono a farsi pesanti, sorrise al suo mentore e si addormentò.
Hubert si posizionò davanti al monitor e cliccò sull’icona del programma che gli avrebbe permesso di visionare il cervello della ragazza. Dal principio ciò che apparve ai suoi occhi fu sorprendente: il cervello di Sarah sembrava più grande del normale ma quello che raggelò il sangue nelle vene del giovane medico fu che quel cervello sembrava brillare sul serio.
Cercò di ampliare la visibilità e stabilizzare la luminosità, non era colpa dell’immagine sul monitor, quell’organo brillava veramente ed era particolarmente espanso. Forse quella era la ragione delle terribili cefalee che Sarah provava dopo ogni terapia. Franz Hubert iniziò con i dati di misurazione dell’organo poi passò alla fase due che consisteva nel comprendere quello che era stato inserito dalle numerose terapie a cui la ragazza era stata sottoposta nel corso della sua vita su Biblos. La scoperta che fece aveva dell’incredibile: nel cervello di Sarah erano state impiantate nozioni di cui neppure lui era a conoscenza. I ricordi della vita non vissuta erano scarsi, la maggior parte delle informazioni riguardavano le origini del pianeta Terra, il suo evolversi, la storia dell’umanità intera fino all’esodo su Biblos. Hubert leggeva, leggeva e leggeva ancora. Fatti incredibili, nozioni di cui mai nessuno era venuto a conoscenza, discorsi di uomini politici, formule di cui non riusciva a identificare la provenienza, dati su dati. Che cosa stavano facendo? Sarah era divenuta una specie di vaso di Pandora. Possibile che lei non avesse mai parlato con nessuno di tutto quello che aveva nella mente? Avrebbe dovuto essere spaventata a morte essendo a conoscenza di tutte quelle informazioni di cui, con molta probabilità, non ne comprendeva l’utilità. Ecco perché era così determinata a scoprire cosa ci fosse dentro al suo cervello.
In quattro ore di terapia il dottor Hubert scoprì solo un terzo delle nozioni impiantate in quel cervello e poi eccole lì: le fotografie! Ne salvò una copia, pensando di chiedere alla ragazza che cosa fossero, le osservò con attenzione e, come era accaduto a Sarah, Franz fece la stessa identica scoperta: le nuvole, l’albero, i nonni che non invecchiano, fotografie costruite per dare una parvenza di infanzia normale e serena. Che fine avevano fatto quelle immagini? Glielo avrebbe chiesto. Finì la seduta con l’ultima misurazione del cervello, si era ingrossato ancora di un decimo di millimetro con le ultime informazioni inserite, se avessero continuato a inserire dati Sarah sarebbe morta nel giro di poco tempo e il Comitato avrebbe espiantato il suo cervello mettendolo in cassaforte, era una inesauribile fonte di risorse umane ma di umano non vi era davvero nulla.
Spense il monitor e chiuse il suo personal computer, stoppò la registrazione e staccò gli elettrodi, lasciò dormire Sarah ancora per un’ora in modo che potesse riprendersi dallo stress subito. Sapeva già che si sarebbe svegliata con un terribile mal di testa.
Quando Sarah aprì gli occhi, come sempre, si sentiva stordita ma il suo primo pensiero fu quello di chiedere cosa avesse scoperto Franz.
“Non ti agitare.” Le disse il medico con premura “Stai tranquilla ancora per un po’.”
“Che cosa hai visto?”
Lo guardò dritta in viso e si accorse che era, non solo preoccupato ma decisamente spaventato.
“Che cosa hai visto?” Ripeté.
“Non dovrai fare più la terapia.”
“E’ quello che penso?”
“Non so che cosa pensi.”
“Il cervello si è ingrossato?”
“Si. Non solo. Si ingrossa ogni volta che impiantano nozioni. Se andrai avanti così nel giro di un anno morirai.”
“Si prenderanno il mio cervello non è vero?”
“Temo di sì. Non hai mai parlato con nessuno delle informazioni che hai, neppure con Foster?”
“No, con nessuno. Sei il primo.”
“In realtà non ne hai parlato neppure con me. Se non avessi scoperto da solo avresti continuato a non parlare.”
“Ti ho permesso di entrare, volevo che entrassi, che scoprissi, che conoscessi i miei segreti. Hai visto le fotografie?”
“Si, le ho viste. Ho capito quello che hai capito tu. Che fine hanno fatto?”
“Le ho consegnate a Foster due anni fa, non ne so più nulla. Mi disse che aveva qualcuno che gli doveva dei favori, che avrebbe indagato… invece, quando gli chiedo qualcosa in merito mi respinge e le fotografie sono sparite. Erano state stampate su carta di papiro, lo sapevi?”
“Carta di papiro?”
“Quella che circola a Biblos, estratta dalle serre a nord. Che cosa succede Franz? Ti sei fatto una minima idea?”
“Ti stanno usando. Usano il tuo cervello per impiantare dati inerenti al pianeta Terra, informazioni preziose che rischiano di andare perdute per sempre. Non comprendo se tutto questo è a fin di bene, per evitare di commettere gli stessi errori o se per scopi diversi. Il tuo cervello era come una lavagna bianca, ideale per impiantare i dati che ritenevano interessanti e lo hanno fatto. Stanno sacrificando la tua vita per i loro scopi. Non devi più sottoporti a questo tipo di terapia.”
“Come faccio a rifiutare?”
“Parla con Foster.”
“Non mi fido più di Foster, dopo tutto quello che ha combinato con le fotografie come posso farlo?”
“Ti segue da sempre, dovresti fidarti.”
“Appunto, mi segue da sempre. È lui che ha dato il via alla terapia.”
“I primi ricordi sono sereni è il dopo che impensierisce. Foster asserisce che, da un certo punto in avanti, è intervenuto il Comitato e i programmi venivano forniti direttamente dai piani alti, erano sigillati e provisti di un microchip, se li avesse aperti per esaminarli se ne sarebbero accorti e lo avrebbero fatto fuori.”
“Perché non ha mai voluto andare a fondo nella questione? Perché solo tu ti sei offerto di darmi una mano?”
“Perché nessuno pensa di controllare un assistente. Credo che il Comitato non abbia neppure idea di chi sia io, in realtà. Foster è monitorato, ogni minuto della sua vita è passato al setaccio, pensa come si deve sentire.”
“Pensa come mi sento io… Non se lo è mai domandato?”
“Ha fatto di tutto per permetterti di essere ammessa al turno di notte in laboratorio. Un passo avanti, non credi?”
Sarah scese dal lettino e rimise il casco della tuta ermetica:
“Ho bisogno di andare a casa, sono sfinita e ho mal di testa.”
“Certo. Grazie Sarah.”
“Grazie a te. Ne riparliamo la prossima notte a mente più lucida.”
Hubert la osservò mentre usciva dal laboratorio, infagottata nella sua tuta bianca, il volto pallido dietro al casco, il sudore che le rigava il viso ancora acerbo di donna. Provò una stretta al cuore, non avrebbe permesso che la sua nuova amica fosse sacrificata così dolorosamente.