«Ci piaceva, eravamo sbronzi… Cazzo», dice lui.
«Lo siamo sempre, questo non cambia la percezione delle cose»
Lei è avvolta nel lenzuolo, i segni delle dita sugli avambracci e le cosce doloranti per l’ultima scopata. Sta in piedi davanti a lui, lo sovrasta nonostante l’esilità del suo giovane corpo.
Jim è nudo, disteso sul divano poggiato su un fianco, il pene è floscio, la luce arriva di sbieco dai lati delle spesse tende che non aprono mai.
Sembra un dio greco, spettinato e scomposto dopo il sesso forte. Vorrebbe solo dormire.
Nico rimane ferma davanti all’uomo, forse vorrebbe inginocchiarsi, prostrarsi di fronte alla sua negazione, ma non lo fa. Non è mai stata una donna succube, non lo sarà nemmeno ora, anche se lo strappo da quel corpo amante e fratello brucia, le estirpa il cuore. Ha freddo, solleva il lenzuolo sulle spalle, lo avvolge intorno al seno lentamente, come se la lentezza potesse offuscare la verità, allontanarla in un tempo che non è qui, né ora.
«Jim», sussurra.
Lui solleva il busto, si siede sul divano, il corpo della donna lo sovrasta, non può sopportare l’accusa. Infila i pantaloni della tuta, beve un sorso dalla bottiglia di birra rimasta lì da ieri sera.
«Che schifo», lo sputa per terra.
«Jim», ripete la donna con la voce roca «sei uno stronzo», poi va a sedersi sul bordo del letto. Per un minuto interminabile si guardano muti, nella penombra, occhi contro occhi, ma nessuno dei due li abbassa per primo.
«Eri bellissima, lo sei anche adesso… Ti scoperei di continuo e ti picchierei con tutte le forze.»
«La prima volta che ci siamo visti pensavo che volessi uccidermi, cazzo. Mi hai trascinato per i capelli… Io scappavo e gridavo a Danny “Vuole uccidermi”, ma sapevo che saresti stato inevitabile.»
«Quando ti ho vista nuda sul cornicione ho capito che eri la mia sfida. Potevi essere me. Ho pensato che non sarei potuto scappare da nessuna parte»
«E allora perché ti ostini a mandarmi via?»
Nico si alza, infila le mutande, si allaccia il reggiseno, solleva i capelli con entrambe le mani fissandoli in una coda di cavallo. Con le dita appiattisce la frangetta. I gesti rallentati, non c’è fretta di lasciare questa casa.
«Non ti amo, non ti ho mai amata. Tra di noi c’è stato solo sesso. Non sopporto di vederti nel mio letto… Di vedere che ti fai… Un altro me stesso che odio. »
«Tu», lei alza la voce, lo indica con il dito alzato come un’accusa «sei parte di me. Ci siamo legati nell’amore eterno, abbiamo unito il nostro sangue davanti all’immenso.»
«Abbiamo giocato come ragazzini stupidi, girovagando nel deserto fatti e ubriachi, non ti ho promesso niente.»
«Non serve promettere a parole. I nostri corpi hanno fatto le loro promesse. Ogni schiaffo che mi hai dato è stato una catena… Ogni buco che ci siamo fatti assieme ci ha reso un’entità unica. Io sono te e tu sei me»
«Vattene, cazzo. Senti come parli? Non ti posso ascoltare, la banalità di ciò che dici mi fa vomitare», Jim non sopporta la bellezza della donna, il pene è duro, le mani sono pronte a tirarle quei capelli rossi che lo fanno sbarellare.
Nico infila i pantaloni, poi si siede sul divano a fianco dell’uomo.
«Tu mi hai insegnato la determinazione, le parole che stai rinnegando», gli dice e mentre lo fa, gli accarezza la fronte.
«Tu mi hai insegnato a fare arte di me stessa, e la musica non c’entra… C’entra ciò che sento qui dentro», e si tocca la tempia.
Lui la spinge via, di scatto si alza, va a prendere una birra dal frigo.
Ritorna dalla cucina: «Nico, te ne vuoi andare?»
Beve. «Ora vattene e lasciami in pace. Non so dire perché. Non ti voglio più. Non voglio più averti nel mio letto, e nemmeno nella mia vita. Vai, canta, librati, fottiti, fai il cazzo che vuoi, ma non devi più stare con me.»
Nico non trattiene le lacrime silenziose che scorrono sulle guance, le lascia cadere senza curarsene, immobile.
«Ti amo», riesce a dire.
«Cosa vuoi da me? Cantalo nelle tue canzoni, sei brava. Devi tirare fuori le tue passioni, come fai a letto. Ecco, devi imparare a scrivere come scopi: senza ritegno, senza limiti né censure. Vai oltre le parole, i suoni… Godi nella sofferenza, imparalo e scrivi. Devi buttare giù il mondo. Ma non con me.»
Nico infila la giacca e scioglie i capelli, dà le spalle a Jim, per un attimo nella stanza ci sono due uomini, a Jim manca l’aria.
Poi lei si gira, ha smesso di piangere.
«Non tornerò a fare la modella, non mi è mai piaciuto», dice.
«Non mi interessa quello che farai, spetta a te decidere.»
«Siamo stati così vicini, abbiamo parlato per ore, e adesso sei così stronzo.»
«Vattene Nico, subito. Prendi le tue cose, non voglio rivederti a raccattare i tuoi stracci. Vai e non tornare.»
«Sei meno di una merda, non tornerò.»
Poi si avventa sull’uomo e lo colpisce con pugni sul dorso, gli morde un braccio, affonda i denti fino a fare uscire il sangue.
Lui la allontana prendendola per i capelli, entrambi si affannano in una danza violenta che li vede in piedi, poi sul pavimento a rotolare mentre cade la bottiglia della birra e i capelli di lei si allargano a terra tra il liquido e i vetri.
Sfiniti si fermano sul pavimento, si allontanano e rimangono immobili a guardare il soffitto.
Nico si alza e urla con tutto il fiato che ha in corpo. È un animale a cui stanno strappando il cuore. Per un attimo vede una scimmia al centro della stanza, le tagliano la scatola cranica e le mangiano il cervello mentre è ancora in vita.
Scappa da quella casa e non tornerà mai più.