Tanto tempo fa mi capitò di frequentare, per un certo periodo, un bar della provincia: "Il Walter." Il locale costeggiava un parco, di giorno ricettacolo di bambinaie e anziani claudicanti, di sera serraglio palpitante di tossici e coppie limonanti.
Il bar era misero nel suo arredamento. Appena entrati si veniva introdotti in un piccolo anfratto costituito da due tavoli in formica gialla e da uno striminzito bancone sopra cui campeggiava una bacheca in plexiglass perennemente vuota. Poi c'era una seconda stanza attigua, più ampia, a cui si accedeva da una porta a vetri basculante, vero e proprio coagulo di una triste e malinconica fauna locale variegata e folcloristica.
Il bar era famoso anche nei paesi limitrofi per la peculiarità di offrire un Negroni a 2000 lire. Il Walter te lo portava senza ghiaccio abbinato a una ciotolina in cui erano contenute, in un impiattamento che avrebbe fatto inorridire Carlo Cracco, arachidi e acciughe sparpagliate alla cazzo.
Fu qui che mi capitò , spesso, di incontrare Il Professore.
Era un vecchio insegnante del liceo, ormai in pensione. Chi non conosceva la sua storia veniva sopraffatto dalle sue parossistiche reazioni verbali e muscolari. Il Nostro alternava, senza preavviso, calma zen a episodi esagitati di alterazione psicomotoria.
Il Professore era affetto da sindrome di Tourette, una malattia neuropsichiatrica caratterizzata dall'emissione di tic sonori e da movimenti esagitati e involontari del corpo e del viso.
Il Professore era incline anche a bestemmie accompagnate da pugni sul tavolo.
Tutti in paese lo conoscevano e il Walter gli aveva riservato un tavolo nella seconda stanza.
Il Professore si accompagnava sempre con una scatola di cartone in cui erano contenute le foto della sua infanzia e del suo grande amore: Sua figlia Clara che si occupava di lui da quando la moglie l'aveva lasciato. Dentro quella scatola c'era tutta la vita del Professore. Lui non se ne separava mai.
Uomo colto e amante del buon vino, Il Professore era stato investito dalla comunità locale del fregio di Guru. Chiunque poteva andare da lui a chiedere consigli o vaticini. Lui, tra una bestemmia e l'altra rispondeva con aforismi. "Quanto darei per sostituire la mia saggezza e lungimiranza con un farmaco miorilassante miracoloso" diceva trangugiando un bicchiere di Chianti.
Quel giorno Il Professore aveva una visita. Davanti a lui, seduto, in una postura deferente e rispettosa c'era Gioseffi, un suo ex alunno. Gioseffi era alle prese con l'ennesima sofferenza amorosa, uno di quegli accadimenti del cuore che fa transitare ogni giovane dalla fase dei brufoli a quella del mutuo familiare. Gioseffi non sapeva più che fare con Giovanna la sua storica fidanzata. L'aveva vista uscire da un negozio di articoli sportivi con Daniele Casalucci, il personal trainer che lavorava nella palestra del paese. Gioseffi era disperato. L'unica persona in grado di aiutarlo era Il Professore che aveva ascoltato il racconto consumando un Bonarda Fermo, ingozzandosi di arachidi e pestando i pugni sulla Gazzetta dello Sport. Alla fine del racconto Il Professore fissò a lungo negli occhi Gioseffi e pronunciò queste parole:
"L'amore è come una lasagna. Se ci metti pochi strati finisce subito. Se ce ne metti troppi lo puoi usare come fermaporta."
Poi diede un pugno sul tavolo e ordinó un'altra bottiglia di Bonarda.