Florida City, 26/8/2012
Il Confort Inn è un hotel delizioso. Di quelli che vedi nei film americani: a due piani, di forma rettangolare, pulito e, come dice il nome, confortevole. La nostra Lincoln trova posto davanti alla stanza, portar le valigie in camera è uno scherzo da ragazzi. Fuori non piove, ma le nuvole nere sono minacciose.
Siamo sfiniti, alle 17 ci addormentiamo e non ci svegliamo più per 12 ore.
Alle 5 di mattina gli occhi sono sbarrati, accensione TV: l’allarme per l’uragano Isaac è preoccupante, nel pomeriggio dovrebbe raggiungere le Isole Key e Florida City… che si fa?
Ci si consulta, di primo mattino, con la signora alla reception che dice: “Conviene scappare ora, altrimenti rischiate di rimanere bloccati qui”.
Inizia la corsa frenetica di telefonate all’albergo di Titusville, dove avremmo dovuto arrivare almeno il giorno dopo. Hanno posto!
Gettiamo le valigie in auto e alle 8 siamo già in strada.
Ben 6 ore di viaggio ci attendono. A tratti ci troviamo sotto ad un diluvio universale, la pioggia scende con un fracasso assordante rotto solo da tuoni laceranti. Non si vede nulla. Il silenzio cala nella vettura. Papà non si perde d’animo e procede con una apparente calma che disarma, Antonio sembra non rendersi neppure conto e ogni tanto schiaccia un pisolino, io sono in piena crisi isterica e prego tutti i Santi del Paradiso (anche sconosciuti) che ci facciano giungere alla meta.
Tutto sparisce inghiottito dalla valanga di pioggia e vento, l’autostrada è chiusa per un grave incidente e ci tocca uscire… dove rientreremo? Per fortuna il nostro Tom-tom, che per l'occasione porta il nome di Silvia, non perde un colpo e ci guida a destinazione.
Tesi, affaticati e preoccupati arriviamo finalmente a Titusville: è il sole!
Il Quality Inn di Titusville è pressoché identico al precedente albergo, grazioso e confortevole. Parcheggiamo la Lincoln davanti alla stanza: una bellezza e poi c’è il sole che non avevamo ancora visto dal nostro arrivo.
Ci rilassiamo un po’ visitando la cittadina: davvero una gradevole sorpresa!
La tipica periferia americana, con casette basse, colorate, in legno e mattoni, negozi chiusi perché è domenica, strade deserte e abitanti accoglienti e gentili.
Quell’atmosfera ci rasserena dopo tante preoccupazioni. Raggiungiamo la riva dell’Oceano, placido e immenso. Isaac è distante, almeno per ora…
Titusville, 28/8/2012
Oggi è il grande giorno! Il giorno che attendevano con ansia Antonio e papà: la visita al Kennedy Space Center. Accompagnati dalle solite nuvole minacciose ci dirigiamo verso la nostra meta guidati dalla fidata Silvia, il tom-tom che per ora non ha perso un colpo. Il parcheggio è enorme e ancora parzialmente vuoto, sono le 9 di mattina e la gente arriva con calma.
Come sempre gli americani ci stupiscono con le dimensioni spropositate dei loro siti. Il Kennedy Space center è qualcosa di magnifico, enorme… spaziale nel vero senso della parola.
Con un cielo ormai plumbeo ci addentriamo girando fra razzi, navicelle spaziali, shuttle, tute indossate da astronauti, diari di bordo, pezzi di una storia che sembra lontana ma che ci appartiene, che abbiamo vissuto in prima persona, almeno noi adulti. Con mio marito rammentiamo ancora quando il primo uomo sbarcò sulla luna, un giovane Tito Stagno, telecronista della Rai, con l’eccitazione di un bambino, gridava: “Ha toccato! Ha toccato! Il primo uomo ha messo piede sulla luna!” E noi tutti lì, a bocca aperta, intorpiditi dal sonno dei bimbi, spalancavamo gli occhi dalla meraviglia un po’ intimoriti da quello che stava accadendo. Ai nostri ragazzi sembra tutto scontato, per loro gli uomini ci sono sempre andati sulla luna e nello spazio, non hanno vissuto una prima volta come noi.
Inizia a piovere e ci rifugiamo nello Store che offre souvenir: i prezzi sono esorbitanti, anche se al tatto, si sente che l’abbigliamento è di prima qualità. Girovaghiamo per una buona mezz’ora tra distintivi, portachiavi, felpe, tute, pupazzi, e poster.
Abbiamo consumato i soliti panini al coperto in un’area attrezzata, contornati da famelici e spelacchiati corvi che sembra non abbiano alcun timore dell’uomo; però i cartelli sono chiari: “Non date cibo agli uccelli”, forse qualche briciola cade e noi facciamo finta di nulla mentre i corvi beccano avidi.
Nel pomeriggio, puntuale come sempre, Isaac ci raggiunge. Durante il tour con il bus il diluvio imperversa. Raffiche di vento e acqua a secchi trasformano le strade in fiumi, l’autobus è alto e procede con lentezza, il guidatore sembra non essere troppo impressionato dalla furia degli elementi. Raggiungiamo Cape Canaveral dove avvengono i lanci, ma le nuvole offuscano tutto e, a malapena, riusciamo a intravedere la rampa e il grande mezzo che trasporta gli shuttle coricati come giganti addormentati. Le foto appaiono sfocate ma il dito non smette di scattare. Quando giungiamo nell’hangar dove riposa Saturno 13 il fiato si blocca. Papà è entusiasta, Antonio impazzito, io, che in realtà ne so poco, scatto foto in continuazione. Il gigante sembra addormentato, i grandi motori imponenti riposano, tutti con il naso all’insù a contemplare chi ha visto cose grandiose e stupefacenti.
L’emozione di accarezzare un frammento di luna è indescrivibile, vedere con i nostri occhi una vera parte della storia dell’umanità è coinvolgente anche per chi non pensava potesse esserlo. Siamo catturati dalla bellezza e dalla grandezza di ciò che l’uomo è riuscito a realizzare. Papà non smette di spiegare il funzionamento dei motori, come avviene l’accensione, quando si stacca il modulo; non lo seguo più, mi sono persa guardando in alto a bocca aperta.
La sala operativa e i filmati d’epoca ci riportano nel passato, un passato spesso gioioso, talvolta tragico per i numerosi incidenti accaduti e le vite umane sacrificate.
Verso sera ci attende l’Astronaut Hall of Fame dove sperimentiamo la sensazione di partire con una navicella. Avrei pensato peggio, in realtà sembra una giostra, solo che sei chiuso dentro ad una specie di bara volante.
La giornata è terminata, abbiamo camminato tanto e siamo sfiniti ma i nostri occhi brillano ancora per il sogno che forse tutti abbiamo dentro: la conquista dello spazio e dell’universo!