Correvo, stavo per perdere qualsiasi cosa, stavo per perdere lei.
L’unica cosa che non dovevo rovinare l’ho fatto, non si può più tornare indietro ormai. Ho fottuto tutto, cazzo. Corro ancora, la testa mi scoppia, lei sarà già lontana anni luce, si stava già allontanando da me, mentre non me ne accorgevo. Piano piano, passo dopo passo lei ogni giorno era più lontana. Perché sto correndo? Ormai è andata via, mi avrà già rimpiazzato. Forse no, è per questo che sto correndo?
“No! Basta!” urla la mia testa, “Fermati!” urla ancora. Ho iniziato a correre durante gli anni più bui della mia vita e non mi fermavo mai, fino a quando non crollavo a terra senza forze. Correre era una delle mie autodistruzioni, nessuno si accorgeva di nulla, io crollavo, aspettavo di riprendere le forze e tornavo a casa come se niente fosse. Con il tempo sono diventata brava ed era sempre più difficile crollare, dovevo correre il doppio del tempo e non avevo tutto questo tempo a disposizione. Allora iniziai a cercare un altro modo, provai il bere, ma non potevo tornare a casa ubriaca (come se i miei si accorgessero di qualcosa), ma era più visibile al mondo, così scartai anche il fumo. Correre continuava ad essere una delle cose che preferivo fare e il fumo non aiutava. Così smisi anche con quello.
Correre, correre fino allo stremo, capii che se mangiavo meno crollavo prima, non era una soluzione ideale, ma per il momento funzionava. Ogni volta che qualcuno mi parlava le mie unghie si conficcavano nella carne delle mani. Iniziarono a mostrarsi i primi segni nelle mani, delle piccole mezzelune, 4 mezzelune, 4 piccole mezzelune nella carne.
Dimagrii tanto, troppo qualcuno iniziò a fare domande, ma io correndo tutti i giorni ero felice. In giro dissi che stavo seguendo una dieta per corridori strana e la gente di norma pigra non fa domande per capirne di più. Io avevo trovato il mio posto nel mondo, ero felice solo dopo essere crollata, collassata per terra dopo una corsa lunghissima.
Poi è arrivata lei. Lei ha scombussolato il mio mondo. È stata l’unica persona a cui ho raccontato di me. È stata l’unica a capire che non era una dieta per corridori, ma che volevo solo distruggere me stessa.
Lei è diventata il mio mondo, il mio unico mondo. Iniziai a mangiare di più con lei. Voleva venire a correre con me. A volte mi seguiva in bici. Io mi stavo lentamente innamorando, lei no. Lei era presa da altro per notare me. Lei era quasi irraggiungibile.
Andammo insieme ad una festa, io odiavo le feste. Lei le amava. Noi eravamo due opposti. Io la amavo sempre di più, lei no.
Cercai più volte di avvicinarmi, di farle capire che cosa significasse lei per me, ma lei nulla, non dava risposte. Andai nell’altra stanza per vedere se ci fosse da bere e quando tornai vidi solo lei, in mezzo alla pista da ballo con un tizio che le stava appiccicato. Che la toccava, la palpeggiava, non ci vidi più. Corsi fuori, ma lei non mi vide, corsi e corsi per chilometri interi, mi faceva male tutto, i piedi (scarpe sbagliate), le gambe, le braccia, la testa, il petto.
Mi accasciai la mano sul cuore, forse era arrivato il momento di andarmene, finalmente di morire. Mi risvegliai in ospedale, lei fuori dalla stanza, sorrise appena mi vide sveglia. Non sono morta.
Tornai a casa mille esami dopo. Mi hanno detto che non devo sforzarmi per tutto il mese. Il dottore mi disse che quello che avevo avuto la chiamano la sindrome dal cuore spezzato.
Scoprii che lei si era scopato il tizio che le ballava accanto e c’era di peggio, si erano messi insieme. Non volevo vederla, rimasi chiusa in casa per tantissimo tempo, molto più di un mese. Poi ricominciai a correre, ogni giorno andavo sempre più lontano, piangevo e correvo. Non crollavo, ero più forte oppure non volevo oltrepassare il limite di nuovo.
Non passavo più davanti casa sua, dal momento in cui ci avevo visto la macchina di lui. Era nell’orario perfetto, i suoi non erano a casa e l’unica stanza illuminata era la sua. Stavano scopando era palese. Corsi via.
Si vedeva che la evitavo, non riuscivo più a nasconderlo. Mi manca terribilmente. Cazzo.
Non le parlai più. Lei non mi parlò più. Prima ci cercavamo con lo sguardo, ora lei cerca lui.
“Ciao, pensavo volessi saperlo, sono in ospedale, sono malata da tanto tempo, sono le mie ultime ore, se vuoi salutarmi è questo il momento” fine chiamata.
Corsi come una disperata, correvo.
Correvo, stavo per perdere qualsiasi cosa, stavo per perdere lei.