Esattamente due giorni fa mi è venuto in mente di fare testamento (e sarebbe pure ora direbbe qualcuno), così ho chiamato il notaio che mi ha portato tutti i documenti relativi alla mia famiglia, per visionare papabili eredi vicini e lontani; quando presi il foglio relativo alla famiglia della sorella di mia madre ecco cosa mi si parò davanti:
“ Marie, Genevieve Fasci. Nata il 27/11/ 1931, Roma.
Sofia Ilaria Fasci. Nata il 27/11/ 1931, Roma. Deceduta il 14/01/1932, Roma.
Margot, Michelle, Fasci. Nata il 27/11/1931, Roma. Deceduta il 14/01/1932, Roma.”
Ebbi come una stilettata in pieno petto; Marie aveva due sorelle gemelle, e non ne sapevo niente. Mai in tutti questi anni ne avevo saputo niente; cercai di fare mente locale mentre il notaio mi guardava con apprensione;
-Si rilassi buon’uomo non sto tirando le cuoia...Solo una domanda: mia zia si è suicidata quindici anni fa dico bene?-
-Oh sì, ecco, mi sembra di sì...Nel documento che ha in mano appare come deceduta...Non so adesso se..-
-Glielo dico io, si è suicidata....Ma perchè?-
La risposta mi giunse il giorno dopo da Marie versione infanta; mi attendeva fuori la porta del mio bagno; non mi spaventai, sono troppo vecchia per queste cose; mi limitai a seguirla, entrai nel mio bagno che nulla aveva a che vedere con il vecchio tugurio di mia zia ed ebbi una visione, nitida; sentii anche i suoni, e le sensazioni. Sentivo il caldo vapore acqueo sulla pelle, il rumore dello scroscio dell’acqua nella vasca, udii dei gridolini infantili e Marie su una carrozzina. Era sveglia, osservava muta le sue sorelline che stavano invece nell’acqua, depositate dentro delle minuscole tinozze piene a metà, mia zia ne stava lavando una mentre l’altra sgambettava felice sollevando alti spruzzi d’acqua. Nelle tinozze galleggiavano tanti giocattoli di gomma. Zia ne prese uno e lo diede alla piccola mentre insaponava la testa dell’altra. Poi si bloccò, non capii bene il motivo di tale gesto, non dal mio punto di vista; vedevo mia zia di spalle e non avevo modo di cambiare visuale. Mise la mano sinistra sulla pancia della neonata, la destra sulla minuscola testolina, e la spinse sotto. Inizialmente non accadde nulla, la piccola rimase immobile, poi cominciò a scalciare, ad agitarsi. Decine di bollicine salivano dall’acqua per andare a liberare aria sulla superficie, mia zia non allentò mai la presa, non ebbe mai un’esitazione. Nel giro di pochi istanti la neonata smise di agitarsi. Marie, dalla carrozzina, mi guardava fisso. Io non potevo muovermi, non potevo gridare ne intervenire in nessun modo. Zia passò all’altra gemella, fece le stesse cose, ne scorsi il volto nel momento in cui cambiò postazione, duro, rigido, di pietra. I suoi pensieri mi erano oscuri, sentivo caldo. Cominciai a piangere, la gemellina seguì il mio esempio e pianse anche lei, questo facilitò le cose a quell’essere che mi ostinavo a chiamare “zia”. La spinse sott’acqua senza difficoltà, talmente delicatamente da non lasciare nessun tipo di segno sulla loro pelle candida, il fatto che la bambina piangesse mentre la spingeva fece durare tutta l’operazione molto meno tempo della prima. Quando anche lei giacque immobile, galleggiante, nella tinozza, mia zia cominciò ad urlare, anche Marie, che aveva smesso di guardarmi, urlò, ed io tornai in me.