Non aprivo quella porta da due anni.
Due anni di silenzio e verità mai affrontate.
L'avevo chiusa e non l'avevo più aperta. Punto, via, cancellata. Come se non fosse mai esistita.
Un trilocale era all'improvviso diventato un bilocale. Ma ero costretta a passarci davanti tutti i giorni, e tutte le volte, con la coda dell'occhio, leggevo il nome adesivo attaccato sopra: Alicia.
Poi ieri ho deciso che potevo smetterla di fingere che non fossi mai esistita, che la casa non avesse una stanza grande abbastanza da poter essere usata per altri scopi. Così l'ho aperta, cinica e insofferente verso me stessa. Pronta a dimenticare e andare avanti.
L'ho aperta e sono caduta a terra.
Il tuo odore mi è giunto come un pugno nello stomaco, ho boccheggiato per la sorpresa e la mancanza d'aria. Un denso strato di polvere si era impossessato di tutti i tuoi giocattoli, delle ciabattine capovolte e del tuo letto con le lenzuola ancora smosse, come le lasciammo quella mattina. La mattina che corremmo in ospedale per l'ultima volta.
-Il cuore non è ancora arrivato. Alicia deve farcela da sola anche stavolta.- Disse il medico.
Mi sono seduta a terra facendo volare batuffoli di polvere attorno a me e ho raccolto le ciabattine di gomma; erano della Sirenetta, la tua principessa preferita. Le ho allineate e riposte ai piedi del letto. Ordinate. Hanno lasciato la loro sagoma sul tappeto impolverato.
Avrei voluto avere più tempo, tu avresti meritato più tempo.
-Ha avuto quattro infarti nelle ultime due ore. Signora...mi dispiace...
Il cuore nuovo era disponibile tre giorni dopo. Soltanto tre giorni. A volte mi chiedo quale sia il Dio che si diverte a giocare col destino delle persone. Con la vita dei bambini...
"Questa stanza è talmente grande che potrei farci un'immensa sala Hobby. Pensai. "Ma non oggi." Sono uscita richiudendo la porta dietro di me.
"Oggi è ancora la tua camera e noi abbiamo bisogno di più tempo".