1.
So che è giunta la mia fine.
In queste ultime ore, l’orrore e l’angoscia hanno lasciato il posto alla compassione per i miei tanti compagni di sventura.
E’ per loro che ho deciso di stendere queste poche righe.
Voglio far sapere al mondo intero quello che sta accadendo tra queste squallide mura, impregnate del rancido odore della nostra paura, ammorbate dai nostri corpi straziati.
Perché gli altri sappiano.
Perché possano capire.
Perché possano reagire!
2.
Fui catturato tre giorni fa, anche se il ricordo del cielo azzurro e della terra tiepida mi sembra ormai lontano; avrei sicuramente perso la nozione del tempo se non avessi tenuto traccia delle albe, ovvero della fioca luce che trapela fin dentro queste gelide pareti dopo l’oscurità della notte.
Con me furono presi i miei fratelli, gli amici, i vicini. Tutti quelli che erano nel campo.
Nessuno, che io sappia, è sfuggito a questi mostri.
Nessuno è riuscito a dare l’allarme.
Fummo buttati dentro sacchi di iuta, fetidi di marciume e muffa, per impedirci di vedere dove venivamo portati.
Dopo un giorno intero di viaggio giungemmo in questo carcere, sbattuti in queste tristi celle, senza una parola, una ragione, un indizio della nostra fine.
Fin da subito cominciarono a circolare le voci.
Alcuni di noi ricordavano di aver sentito dagli anziani storie di mostri che catturavano, straziavano e divoravano tutti quelli di noi che riuscivano a imprigionare.
All’inizio io non volevo crederci, ma l’isolamento, la paura del non sapere, il panico nel ricordare antiche e misteriose sparizioni, mi hanno progressivamente fiaccato nell’animo e oppresso nel cuore.
L’incertezza di questi giorni ci ha tutti logorati, in un’altalena di disperazione e attesa.
Fino a oggi.
3.
Stamane infine sono venuti a prenderci.
Terrorizzati dai mostri, nessuno di noi ha emesso un suono. Ci siamo lasciati afferrare dai loro tremendi artigli, rassegnati a un’orrenda fine.
Ma nulla di quello che avevamo potuto immaginare è paragonabile alla spaventosa verità.
Dopo averci fatti spogliare nudi, siamo stati fatti entrare a forza dentro grosse vasche, pigiati gli uni sugli altri, in una pozza di acqua marcescente che, a detta dei nostri aguzzini, doveva toglierci la miseria dei nostri umori.
Adesso, ad uno ad uno ci stanno prendendo.
Ci mettono su grossi tavolacci e sezionano i nostri corpi, buttando le parti dentro un orrendo vascone di liquido vischioso e bollente.
Io aspetto stordito il mio turno, quasi sperando che venga presto, per farla finita!
Ma non così presto da impedirmi di stendere queste poche righe e riporle in un posto sicuro. Finché qualcuno le troverà e potrà rispondere alla mia straziante domanda. Perché?
4.
"Giù quegli artigli, Anna!"
"Mamma, posso avere ancora patatine? Sono buonissime".
"Tesoro, aspetta un attimo! Non faccio in tempo a tagliarle e friggerle, che tu le hai già divorate... sei più vorace di un mostro!"