Cuore: Ragazzo mio caro, non sono felice e credo anzi sia opportuno dire che ho fallito.
Tu mi accusi di essere ipocrita e così io accuso te di essere stolto.
Non vedi che non sono mai stato io la principale causa del tuo dolore? Non ero certo io quello che mascherava e ignorava ogni sentimento causandoti un malessere così profondo. Tu stesso ammetti di aver compiuto quelle azioni autonomamente e per scelta, utilizzandole per difenderti da quello che tu dici essere un veleno che io ti pompavo nel sangue e nell’animo.
Ma, caro mio, io non ho mai usato veleni: tu stesso hai creato il tuo veleno e ti ci sei intossicato da solo!
Non hai torto però quando dici che sono spesso stato causa di tue certe fastidiose sensazioni. Ma non è mica per mio gusto personale che agivo, non sono un sadico.
Ogni passione che ti muovevo dentro era un segnale, un messaggio che io ti mandavo affinché tu comprendessi qualcosa che ritenevo fosse importante. Avrei potuto sollevarti il morale ogni qualvolta che qualcosa ti causava sofferenza, così come tu mi sollecitavi a fare, ma poi non ti saresti accorto di ciò che ti faceva soffrire.
Avrei potuto privarti di ogni turbamento, ma era necessario che tu fossi turbato affinché comprendessi te stesso: i tuoi gusti, le tue passioni, le tue paure. E tramite quel turbamento speravo di farti crescere.
Ragazzo mio, non di sola gioia è fatta la vita!
Desideravo con tutto me stesso che tu lo capissi, ma eri così spaventato all’idea, così cieco, da non comprendere l’unica cosa che io volevo facessi: volevo solo che tu mi ascoltassi.
Non potevo certo parlare così come faccio ora e quindi le emozioni erano l’unico mezzo che avevo per farmi sentire da te e indicarti la mia presenza.
Ma tu non facevi che ignorarmi, seppellirmi, nascondermi, sia a te stesso che ad altri e speravi che continuando a fingere che io e i tuoi sentimenti non esistessimo ti saresti liberato di noi per davvero. Ma non funziona in questo modo, tu stesso ne hai fatto esperienza.
Così, l’unico modo che mi era rimasto per farmi ascoltare da te era provocarti con emozioni sempre più forti e assillanti: ecco perché ti tormentavo. Speravo che, così facendo, un giorno avresti ceduto e che quindi decidessi di porgere l’orecchio a ciò che avevo da dirti, considerandomi amico. Ma, ahimé, tu ti sei arreso e credendomi nemico hai cercato vendetta nei miei confronti.
E credi ora di esserti vendicato, ma pensa bene: chi è che adesso si sta dissanguando al suolo, senza possibilità di muoversi o di chiedere aiuto?
Chi per il forte dolore piange mentre perde ogni forza vitale?
Chi è che sarà privato di tutto ciò che avrebbero portato ulteriori ottant’anni di vita?
E chi con la propria mancanza sarà causa di forte sofferenza in coloro che gli volevano bene?
Non io di certo.
Ragazzo, altro non desideravo che il tuo stesso benessere, ma in tutta la tua vita, nel disperato tentativo di fuggirmi, combattermi e farmi del male, altro non hai fatto che impartire dolore a te stesso.
E questo ne è il risultato.
Ascoltando il discorso del suo cuore, il giovane prese a piangere più forte; non si fermò finché non esalò il suo ultimo respiro.
I suoi occhi pieni di lacrime rimasero fissi nel nulla e il suo corpo, ancora appoggiato al piede del tavolo, scivolò, battè al suolo e infine giacque immobile. Sotto questo un’enorme pozza di sangue rosso vivo si spargeva sul pavimento bianco.
Il ragazzo fu trovato qualche ora dopo dai suoi familiari che, appena rientrati in casa, si trovarono di fronte un’orrida visione: la posizione scomposta del suo corpo e il suo pallido viso ancora inumidito dalle lacrime e avvolto dalla pozza di sangue, fattasi ormai di un rosso più purpureo. Diverse grida si levarono all’unisono e tutti i presenti furono travolti da una disperazione mai provata prima.
Presto al cimitero di quella piccola città la lapide del giovane venne affiancata a quelle di coloro che erano già morti in precedenza. Sopra questa, una sua foto circondata da un bordo dorato ancora sorrideva.
La notizia si diffuse velocemente tra gli abitanti della città, accompagnata da forte sconcerto: chiunque avesse conosciuto il giovane ragazzo lo ricordava per il carattere allegro, i modi cordiali e il suo grande cuore. “Era un così bravo ragazzo!” ripetevano.
Nessuno si sarebbe aspettato che un ragazzo simile potesse compiere un gesto come quello. Nessuno ne comprese le motivazioni.
Nessuno.