Mia mamma. Mia mamma mi ama di un amore strano. Vuole sempre mettere in ordine i giocattoli. Anche mentre ci sto giocando però. Infilarmi il pigiama già nel tardo pomeriggio. Guardare con me i cartoni animati commuovendosi per Dolce Remì. Mia mamma. Mia mamma mi vuole nutrire a orari fissi, controllandomi prima l’interno della bocca per vedere che non ci siano denti che dondolano, o altre cose che vede solo lei nel buio in fondo. Mia mamma ha una gonna da vecchia e calze da bambina, acconciatura da ex ragazza e faccia stanca. A volte cambia il colore dei capelli e anche i suoi occhi virano di conseguenza su quel tono mettendomi una gran paura. Quando succede devo aspettarmi quello sguardo monocromo e spalancato dal rimmel su di me anche a distanze impensabili per una mamma. Così mi capita di credere che invece sia la mia faccia a gonfiarsi tanto per il senso di colpa imposto da diventare visibile da tutti e quattro gli angoli del globo. Mia mamma non mi porta mai a fare la spesa: teme che mi rubino. A me sembra una cosa tanto assurda che qualcuno mi scambi per una baguette o un chilo di mele, ma lei dice che lo fanno e basta. Il problema, allora è che, trattandosi di merce non prezzata, ragiono io, la si può solo rubare, o prendere in prestito; ecco, magari poi mi restituirebbero, cerco anche di spiegarglielo ma ha smesso di ascoltarmi da un pezzo. La verità è che non mi disturba affatto l’idea di essere rubata da altri genitori, perché penso che sarebbero di sicuro più divertenti. A mia mamma piace la musica da balera. In casa la mette a tutto volume sul mangianastri. Ama anche ballare, ma il marito no. Per questo lo punisce lasciandolo solo con me e andando alla Capannina con le vicine, quelle con cui fa “taglio e cucito” e che, tra un’imbastitura e l’altra le hanno insegnato a fumare. Tanto balliamo tra noi donne, dice; seee, come no. Lui comunque abbocca o finge e ne approfitta per invitare un paio di amici e bevitori di birra, che frequentano femmine davvero assurde . Ad esempio non riesco proprio a capirla una a cui possa piacere avere un grosso manico ficcato tra le gambe. Già di più quella che ama prendere il biscotto, anch’io adoro i biscotti, soprattutto quelli al cioccolato, ma tanto da urlare e svegliare i vicini di notte per averlo ancora e ancora proprio no. Ma quanto è viziata? Papà non dice molto, lui, sbevazza e ridacchia in sordina, guardandomi con la coda dell’occhio. Sta aspettando che crolli per la noia per portarmi su in braccio camminando come la pantera rosa per il buio delle scale. Lui si, sembra davvero un ladro con il sacco della refurtiva, cioè me, sulle spalle. Ma non lo dico a mamma per non farla spaventare. Il giorno dopo lei è insofferente lui cane bastonato. È che la punizione non finisce mai di botto, ma sempre in dissolvenza, come le canzoni da balera di mamma che fino al cessare definitivo della musica ripetono la stessa frase sciocca sempre più fiocamente. È un modo, come quando la zia ti accompagna alla porta dopo che hai passato tutto il pomeriggio sul suo divano a fiori a sentirla sparlare degli altri parenti con la mamma, che fa sentire le persone su una specie di scivolo liberatorio: meno cinque, quattro, tre, due, uno, arrivosanosalvoeculoterra. Mia mamma mi chiede costantemente di salutare chiunque; mia mamma non vuole però che saluti la gente dal lunotto posteriore. Invidio quei ragazzini che hanno l’autorizzazione dai propri genitori a fare linguacce o addirittura a spararti in testa con l’indice puntato dritto e il pollice alzato. Lei che mi ha strappato a questi preziosi gesti, quando vede un bambino comportarsi così nei suoi confronti sta al gioco e ride intenerita. Mia mamma, che quando dice “andiamo a fare un giro”, intende in macchina, e oltre alle mani di papà agganciate saldamente al volante,quello che vedo è il mondo scivolarmi di lato, perlopiù marciapiedi, bordi strada, poi campi, prati, il nulla, via via che si sale tornante per tornante. Sempre quattordici, come le tappe della via Crucis percorsa da Gesù, ci ha spiegato la suora a catechismo. Infine, quando cominci a intravedere qualche cima rocciosa e a pensare “siamo arrivati, sono salva” si torna a casa. Non prima di aver mangiato qualcosa però. Gelato al fiordilatte di solito. Dopo ho sempre la nausea e devo passare il resto del viaggio a ritroso con un fazzoletto sudato in faccia per non vomitarmi il mondo addosso sulle note del Rondò Veneziano messo su da papà per l’occorrenza. Mia mamma che guarda le telenovelas e si immedesima con la giovane protagonista infelice. Mia mamma che non chiede mai scusa. Mia mamma che sbaglia le doppie come io gli accenti. Mia mamma ha lasciato il lavoro per me. È per questo che in segreto spezza la coda ai miei dinosauri di gomma. Lei dice che è perché sono una femmina e non è un gioco adatto. Ma io voglio fare la paleontologa, senza aspettare di essere grande però , ora, che da grande tanto già lo so, cambierò idea preferendo cose più noiose. Perché gli adulti sono così: noiosi. Per farla contenta comunque gioco con i pentolini emulandola con preparazioni a base di impasti d’erba e fango per un immaginario marito e padre delle mia bambole (per "l’immaginario marito” mi ispiro a papà).
Poi succede che rimango intrappolata con la testa nella ringhiera; è che voglio provare a essere la cocorita gialla canarino di Robi, e guardare spenzolante dall’alto, come da una gabbia, il via vai di sotto. La testa rimane incastrata e io giù a piangere come un torrente, come una demente, come una bambina; la faccia bordò. Lei arriva, i suoi occhi già da lontano, mi sfila; poi bagno, asciugamano caldo, borotalco e pigiama alle cinque di pomeriggio. Ora della merenda, cioccolato a go go nonostante il mio chiaro sovrappeso, ma i bambini più sono grassi più sono belli. Intuisco che in questo modo Robi non mi amerà mai, nemmeno da grande, nemmeno dovessi trasformarmi in una cocorita più gialla che più gialla non si può; al momento però ci sono i cartoni e mia mamma che si commuove con me per Dolce Remì.