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e c’è indolente una musica jazz sparsa nell’aria che sganghera a tratti gli occhi e se non fosse ancora mattinata un gotto giallo ci starebbe bene a togliere gli avanzi di memoria da questa testa che rumoreggia frasi in sottofondo
e c’è persino una risata sfottente di una ventenne indocile che nel passato un po’ mi rassomiglia e che senza saperlo mi riconcilia con il pensare forse perché dentro di sé ha fresca e stupita l’irrequietezza dell’essere acerbi al mondo ed alle cose in subbuglio tenuta a bada senza troppa forza che so parte di me attraverso gli anni
e se non fosse l’ironia del tempo na gran minchiata cu lu bottu a bumma e del già fatto o già detto na gran sulenni pigghiata pi fissa mi curerei del corpo e senza appoggio con l’apparenza in oasi di minuzie a gingillare frasi me ne andrei a baloccare un mucchio di sinonimi da zavorrare a caso e senza batter ciglio in glossa tenue con le movenze a lato di una docile schiena nuda al clamore e scarabocchi di polpastrelli a pelle viva senza rancore all’esistere che si destreggia a vista tra visi noti e mani di leggerezza sin dal calar del sole al far del giorno
e tuttavia è questa una faccenda che non si può narrare a cinque soldi il pezzo eppure anche se chiusi gli occhi dicono e narrano l’invisibile al vero in un reale visto di sbieco sotto una luce fioca e brigantessa a tinteggiare gli angoli convessi e concavi con la memoria che assorta si riscrive nella realtà irreale a brache chine come a cagare in un vivaio saturo di fiori
qui sul mio letto bianco salta il fosso la scorza acerba di una femmina al tocco in foggia di sostanza a membra languide di selva inumidita e sottobosco incolto di giovinezza inquieta e sul ripiano incalza di fresca birra rossa un gran boccale lasciato a mezzo e un altro da riempire
ed un falò sul mare mosso dal vento e verde di schiamazzo all’onda travagliata come un agguato all’esistere fresco di stampa che non incrocia all’essere qui ed ora scaglie di senno nel corpo sparse a caso con la bottiglia impigliata nella sabbia a mano piena di vuoto e gola spudorata troppo vicina all’iride filosofa spugna sul mondo e vetro a sfumature d’immaginario tolto sfacciato all’alcova
ed alla fine mi salva da questo caos del cuore la mia risata insolente in faccia a tutto ciò che accade nei dintorni del cerchio sghembo del tempo che passa e passa intorno al mondo mentre preparo il mio vecchio telaio sempre disposto a tessere illusioni nel disincanto pronto ad incantarsi ogni volta qui e altrove con una moltitudine confusa di sciocchezze ed intuizioni ad esistere tra cianfrusaglie e perle nella merda
poco importa del resto che è d'avanzo se ogni volta i miei sogni a pugno chiuso in tasca o steso al sole rosso ed arancio spuntano ancora all’orizzonte calmo di storia e colmo di memoria e l’immaginazione impertinente si intrattiene con le sue utopie a sbrogliare ironica quel magico presente obliquo e sparso a caso sotto la sua luce fioca del tramonto e dell’alba sciolta e snodata dentro un bicchiere pieno ed un abbaglio pitturato di blues
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Utente Anonimo
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