Conobbi Anna all’università.
Frequentavamo il secondo anno di Economia in Cattolica.
Me la presentò un amico a lezione. Era una delle ragazze più belle del corso: alta, mora e con due immensi occhi verdi.
Stringendomi la mano mi sorrise e mi disse: “Offrimi un caffè”.
Era sicura di sé, aveva gli occhi pieni di luce e le labbra carnose. Andammo al bar.
Mi travolse con un fiume di parole. Quando ci salutammo ero già ubriaco di lei.
Il suo fascino mi rapì.
Iniziai a cercarla ogni giorno tra aule e corridoi.
La ritrovai al bar. Mi disse: “Hai qualche spicciolo per offrirmi un altro caffe?”.
“Credo di averne abbastanza anche per offrirti il pranzo”.
Ci sedemmo in uno di quei tavoli d'angolo con il divanetto. Averla accanto, accrebbe il mio desiderio.
Ordinò un'insalata e una mousse al cioccolato.
Mi chiese: “Ti piace il cioccolato?”.
“Si”, le risposi.
“Vuoi sentire che sapore ha nella mia bocca?”.
Il sangue mi batté in testa e il cazzo mi diventò duro all’istante.
Mi mise una mano sulla gamba, mi fissò e si mordicchiò il labbro inferiore. Stavo per scoppiare.
Ritrasse la mano.
Respirai.
Spostò i capelli dietro alle spalle mettendo in risalto il collo sottile e sensuale.
Slacciò un bottone della camicetta e intravidi il pizzo bianco del reggiseno.
Fece scorrere una mano tra l'incavo dei seni, ritrasse la mano, annusò l'odore della sua pelle e con la lingua si leccò.
Ero di nuovo in apnea.
Mi sussurrò: "Se ti piace anche nuotare c'è un lago che ti attende".
Ero come una marionetta nelle mani del burattinaio.
Ci sono donne che sanno come annebbiare il cervello di un uomo. Anna era una di queste.
Pagai il conto e uscimmo.
Abitavo a due isolati. La portai da me.
Mi chiese dove fosse il bagno e la condussi tra i corridoi di quella grande casa che i miei genitori mi avevano messo a disposizione.
Sentii l'acqua della doccia scorrere.
La porta era socchiusa, spiai all'interno.
Anna si spogliò, si voltò e la vidi in tutta la sua bellezza. Aveva gambe lunghe e due seni gonfi che parevano meloni dove affondare la faccia.
Cercò il mio sguardo e mi fece cenno di entrare.
Lo facemmo con l'acqua che scorreva sui nostri corpi e con gli specchi che amplificavano quello spettacolo.
Non ricordo quante volte scopammo quel giorno ma Anna, da quella casa, non andò più via. Ero pazzo di lei.
Furono dieci anni di amore smisurato.
Sembrava tutto perfetto poi qualcosa si incrinò. Lei divenne triste e scontrosa, iniziò ad allontanarsi da me.
Iniziai a sentirmi in qualche modo colpevole finché non scoprii che si vedeva con un altro.
Luca.
Lavoravano nella stessa azienda. Nutrivo dei sospetti.
Una sera li vidi uscire dall'ufficio insieme, abbracciati. Erano quasi le dieci.
Lei indossava un abito a sottoveste che le arrivava al ginocchio e una giacca corta. Ero certo che sotto quell'abito non indossasse le mutande. Salirono in macchina e iniziarono a baciarsi. Lui abbassò il sedile e lei si chinò per succhiarglielo. Le mani di lui le cingevano i capelli per tenerla ben salda. Luca aveva il viso contratto. Anna si sollevò e si mise a carponi su di lui. Vidi nei loro occhi la frenesia di essere uno dentro l'altro. Lei iniziò a muoversi sempre più in un ritmo che si sussegue come il desiderio che cresce. Pochi minuti servirono per appagarli.
I vetri dell'auto si erano ormai appannati in un misto di umidità e sperma.
Anche quelli della mia auto si appannarono, per tutte le lacrime che stavo piangendo.
Soffrii fino a perdere di vista me stesso.
[Continua...]