Quando mi sveglio alla mattina, l'odore nauseante della pizza di almeno due giorni prima mi dà la nausea. Provo a buttarla ma vedo che la mozzarella è attaccata ad una pagina del libro di biologia.Troppo complicato, lo faccio un'altra volta.
Mentre cerco l'accappatoio nel cumulo di vestiti semi sporchi penso che devo assolutamente mettere a posto, ma, appena trovato l'accappatoio, mi dico che alla fine va bene anche così, l'accappatoio l'ho trovato, mi basta quello.
Mentre esco dalla stanza vado a sbattere contro l'anta dell'armadio, cosa che mi fa sempre arrabbiare - cazzo mi ha fatto male!-, poi tutta incazzata me ne vado, ignorando la possibilità di chiudere l'armadio.
Se mia madre vedesse la mia stanza diverrebbe una furia, oppure si gonfierebbe di rabbia
e poi trattenendola si metterebbe ad insegnarmi il rispetto per la scuola, come se mi importasse. Sinceramente la scuola è proprio l'ultimo dei miei problemi.
"Com'è andata a scuola?"
Ma non c'è un altro argomento di cui parlare? La scuola è davvero così importante? E ciò che provo io? Quel che mi capita ogni giorno, quando, per caso strano, riesco ad affrontare quel che c'è là fuori? Perché si dà tanto per scontato che per noi adolescenti sia così facile? Se fosse per me, passerei tutto l'inverno in letargo, come gli orsi.
Per fortuna ci sono i miei amici, che condividono questo mio stato di caos e depressione; gli adulti, anche se dicono di esserci passati, non capiscono.
Mentre lei aspetta una risposta, mi metto a scrivere agli amici, e concludo il discorso con un semplice: "Bene!"
Con un "Bene" spero che il discorso si chiuda.
Ma ovviamente non è convinta e si mette a farmi un'altra di quelle domande noiose e quotidiane: " Bene davvero o devo aprire il diario e scoprire qualcosa?"
In quei momenti mi verrebbe da urlarle addosso di lasciarmi in pace, che non sto bene, che il presente mi pressa, mi uccide le giornate, che con questo cavolo di freddo e inverno le giornate si fanno sempre più grigie, che della scuola non mi importa più niente, che mi sento una buona a nulla, e che non trovo un senso nella vita, se non quello di stare con gli amici a parlare, tal volta a fumare, a fare musica e a fingere di andare contro al mondo che tanto ci annoia, ma alla fine ci riuniamo solo per alleviare la solitudine che ci avvolge l'animo.
"Bene. Uffa! Si mangia?"le uniche parole che mi escono dalla bocca.
Quella mania del controllo che ha sempre mi irrita e finisco per mettere in secondo posto tutti i miei pensieri.
Chiedendole cosa si mangia, spero che si sia decisa a concludere il discorso.In questi momenti una piccola parte di me si sente una vera idiota, ma quest'ultima viene rapidamente zittita dalla fatica che ci vorrebbe per darle ascolto.
Mi sdraio sul divano stanca della mia pessima giornata, e lei se ne esce con il cane.
"Hai portato giù il cane? "
"No." Ma non si vede che sono stanca?
Ormai ci sto facendo l'abitudine a rispondere a monosillabi, si sta anche rivelando abbastanza comodo. E' in questi momenti che definirei i genitori rompi-palle.
Non so perché ci tengo tanto a mettere alla prova la pazienza di mia madre, probabilmente è più un affronto verso me stessa. Per quanto riuscirò a mentire e a convincermi che non mi importa di nulla? Da quando la voglia di crescere mi è sparita? Quando inizierà a diventare più divertente e spensierata la vita?
Mia madre non fa più domande, si fa silenziosa. Probabilmente ha capito che non è il momento migliore per parlare.
Magari uno di questi giorni le chiederò come si fa a vivere, come si fa a sentire che si sta vivendo sul serio la vita, come si fa a non sentirla così noiosa e stancante.
Magari in un momento che ci ritaglieremo solo per noi, quando sarò disposta a imparare, come quando mi hanno insegnato a camminare.
Faccio un giro dei canali, non c'è nulla che mi interessi sul serio, la vita si continua a far noiosa, la stanchezza si fa sempre più pesante e penso:" Andando di questo passo, la voglia di parlarle, mi verrà fra molto tempo".