Egli camminava lungo una via non centrale della città di Milano, affiancato alla donna che desiderava ed a cui era finalmente riuscito ad accompagnarsi per alcuni isolati. Non poteva toccarla, nemmeno sfiorarla come per sbaglio, lei si sarebbe ritratta. O forse no, era solo l’ennesimo picchetto nella sua mente di brufoloso (i brufolosi esistono ancora, di solito meglio dissimulati, ma altrettanto bloccati, come lui, appunto).
La donna era una tutto-sommato-banale ragazzina-mica-poi-male, in effetti niente di ché, che lui, nei suoi poco ampi pensieri adolescenziali, aveva messo su un fragile piedistallo e come scopo limitato di quel suo involuto scorcio di vita. Camminandole a fianco sentiva o pensava di sentire il suo odore: qualcosa di vero c’era, perché tutti hanno un odore; e di qualcosa, oltre al suo deodorante abbastanza ovvio e un poco usurato, comune ma non negativo, sentiva anche lei.
Il cielo era in generale milanese e in particolare dell’avvocato-sindaco di turno: un insieme, poco distinto, di aspirazioni pendenti per una città migliore, di una divina ben più vecchia e forte disgrazia climatica e insieme dello sporco alito di una metropoli di auto castigate e un poco ritratte e di autobus mancanti e ancora spesso sporchi: cioè, una mezza schifezza, grigiastra, senza sole.
Nelle sue sconnesse aspirazioni – Egli stentava ad aspirare, aveva già aspirato quasi tutto quello che nei suoi limiti poteva su questo – avrebbe dovuto accompagnarla per molto tempo, fino ad arrivare al mezzo pubblico, un lungo intermezzo privato, non rifinito nei contenuti, ma soffice, piacevole, continuo. In questo spazio si sarebbe potuto formare un colore, un calore, un contatto, un dialogo, un prosieguo.
Viceversa quasi subito Egli calpestò una merda di cane, essenza meno comune che in passato ma pur sempre presente nella piccola metropoli padana, presenza non colorita salvo talora nei toni del giallo, ma impellente all’olfatto in caso di calpestamento. Egli ritrasse il piede con la rapidità di un insetto ferito, ma ormai la sua disgraziata destra e maldestra calzatura dalla suola disgraziatamente scolpita era imbrattata, puzzolente, grevemente putida, quasi irrecuperabile, come di norma succede a chi cammina per le vie, ad esempio, di Marsiglia.
Egli avrebbe voluto continuare a pensare alla donna-ragazzina bellissima ai suoi occhi, a come entrare in contatto fisico con lei, alias toccarla, sentirne meglio l’odore, e poi magari allungare le mani e sentire di amarla palpando goffamente la di lei ordinaria ma non errata persona; invece l’odore della fresca merda canina che aveva calpestato si sparse ovunque, e prima di tutto nella sua mente debole e non determinata. Sconvolto, interrotto sul nascere nella sua goffa azione pseudo-amorosa, si trovò incapace di prendersela con Dio, con Palazzo Marino, con il clima, persino con i cani, diffuso inappropriato infelice fenomeno metropolitano.
Era più che altro sfigato, del tipo “perché, stavo per riuscirci, io e lei soli lungo alcuni isolati, le parlo, se ci riesco, la tocco, se ci riesco… magari ci riesco! E adesso, di colpo, ho le narici piene di odore di merda di cane umida, dio che puzza, ma perché con tutte le merde di cane che ci sono al mondo proprio a me doveva capitare proprio questa, così molle, grossa e schifosa, e proprio ora, ora che l’aborto di poeta voglioso che c’è in me ipotizzava di riuscire ad uscire a supportare la mia disperata bisogna genitale? PERCHE?”
Il perché, per chi non l’avesse intuito, è tutto nel detto di un antico saggio cinese: “la vita è come la scala di un pollaio: corta e sporca di merda”.
Di conseguenza, esiste una soluzione positiva? Beh, forse non di principio, ma nei fatti qualcosa ci può spingere oltre. Sta di fatto che Egli continuò a parlare con lei, in modo goffo ed incoerente, poco costruttivo, cioè non peggio di come avrebbe fatto anche con entrambe le calzature (relativamente) pulite, e andò avanti a blaterare anche alla fermata dell’autobus, perché il bus stentava ad arrivare. E sarebbe poco utile saperne l'esito, che potrebbe anche non essere stato negativo.
Più in generale, questa è un po’ tirata, qualcuno ora morto ma in alcuni di noi sempre vivo ed immortale, ha detto che dai diamanti non nasce niente, ma dal letame nascono i fiori.
Se a Milano può nascere un fiore, non sulla parete attrezzata di un nuovo edificio per questo previsto, sicuramente non dal tunnel della nuova metropolitana che fra 7 anni sorgerà dai crateri che ora ostacolano la nostra vita di continui spostamenti imbrattandola dai sedimenti corrotti della nostra città, ma da un Egli sfigato che accompagna una donna-ragazzina-poi-non-male riuscen-do a continuare a blaterare pur con un piede sporco di merda, non tutto è perduto, nonostante le zone blu e gialle, lo Stato Islamico, la recessione, la mancanza di valori, le annuali trappole dei saldi.
Se condividiamo il blaterare sfigato alla ricerca di un esito positivo, sarà voglia di proseguire.
Poi, quando il livello delle polveri sottili sarà di nuovo sceso a quando l’uomo non aveva ancora scoperto il fuoco, chi di noi vorrà, accendendo una sigaretta, potrà in santa pace tirare un respiro di sollievo, aspettando serenamente il suo personale cancro ai polmoni.