Il cielo si rannuvolò velocemente e le cime delle montagne intorno a me non si vedevano più. Il sentiero, lungo cui avevo deciso di salire, non era quello segnato sulle carte, avevo preso una via solitaria che conoscevo da tempo: sapevo che non avrei incontrato anima viva da lì in avanti.
Avevo lasciato il bosco a cento metri sotto di me ormai ed ero sotto a due alte pareti. L’unico riparo che riuscivo a scorgere era un’insenatura alla base delle rocce verticali. Accelerai il passo, il vento aumentava ed arrivai giusto in tempo prima che un violento scroscio di pioggia si abbattesse su tutta la valle.
Il vento portava la pioggia fin dentro la grotta, costringendomi ad indietreggiare verso il buio alle mie spalle.
Osservare un temporale che attraversa la valle sottostante è sempre uno spettacolo, i tuoni echeggiano in maniera diversa in montagna.
Tolsi lo zaino e lo appoggiai sul fianco della parete. Osservavo quella meraviglia rimanendo estasiato, in uno stato in cui il tempo scorre in modo non più ordinario e tutti i sensi si espandono, il respiro si regolarizza nell’abbandono, il battito rallenta, vista e udito si fondono in un nuovo senso.
Immerso in questo sogno lucido, sentii una voce chiara che pronunciò il mio nome. Rimasi immobile, non ascoltavo più la pioggia ed il vento, ma indirizzai la mia attenzione uditiva dietro di me. All’interno della caverna c’era qualcuno.
Mi voltai lentamente, davanti a me solo il buio. Gli occhi spalancati, immobile, quasi senza respirare.
Nuovamente la voce, che mi sembrò essere quella di un vecchio, chiamò il mio nome. “Chi c’è?.... Chi sei?” - a queste domande non ottenni alcuna risposta, ma la presenza nella profondità della caverna era tangibile. Avanzai di qualche passo - “E’ buio, non ti vedo… non si vede nulla!” –
Cercavo di abituarmi a quelle tenebre avanzando con le braccia tese, il corpo all’indietro, tastando il terreno con i piedi. Ma non ebbi il coraggio di proseguire oltre, ero totalmente avvolto dalle tenebre più oscure.
La voce tuonò ancora, veniva dal fondo della caverna, mi ero avvicinato ma il vecchio era ancora lontano, disse – “E’ buio perché la candela è spenta!” –
“non ho candele con me e neanche la torcia.” - Lui rispose subito stavolta e con tono imperativo: “Tu … sei la candela!”.
“Io sono la candela?” chiesi perplesso ed iniziò a spiegare con tono pacato: “Ci sono persone che nascono lampadina, vengono al mondo per fare luce a tante persone, illuminano grandi spazi e sono seguite dalle folle, come insetti volanti che si ammassano sui lampioni. Alcune di queste persone hanno un grande cuore e lasciano un segno nella storia, tutti gli altri sono ciarlatani che bruciano le ali di coloro che si avvicinano troppo. Costoro non riescono a scaldare i cuori di nessuno.” Ci fu una pausa di silenzio ma non feci in tempo a dire nulla che ricominciò – “Ci sono persone che nascono poltrona, vengono al mondo per accogliere, spesso sono donne, ma non necessariamente. Queste hanno la grande capacità di saper ascoltare, sanno comprendere, sanno dare conforto con il loro paziente ascolto, sanno percepire empaticamente il peso ed il dolore delle persone, donando disponibilità e presenza. Ma non sanno dare risposte né soluzioni, sanno piangere insieme noi. Il mondo ne è pieno e senza queste persone a fianco, molti umani non riuscirebbero a sopravvivere.” – Un’altra breve pausa mi lasciò ancora immobile, immerso nelle tenebre cercando di capire cosa mi stesse succedendo. Ogni muscolo era impossibilitato a muoversi, percepivo solo lo sforzo vano delle mie pupille nel tentativo di catturare il ben che minimo barlume di luce. – “ci sono persone...” – ripartì la voce – “che nascono albero, altre sono orologio, la maggior parte semplici quadrati, pochi altri sono cerchi… e ci sono le persone che nascono candela. Esse vengono al mondo per illuminare solo le persone che le stanno vicino.
La loro luce crea una piccola sfera e solo la piccola cerchia che ne resta all’interno viene illuminata. A differenza degli altri, gli esseri candela hanno un secondo dono, riescono a scaldare la cerchia che gli sta più vicino. Si tratta di persone che oltre ad illuminare le tenebre, sanno vedere e trovare il modo di fornire le indicazioni per rimettere sulla Via ogni singola anima in cerca di conoscenza. Sanno trovare sempre le parole per scaldare ed illuminare con gioia, ogni compagnia di amici che desidera tenerle vicino. Le candele sanno illuminare e scaldare i cuori bisognosi.”
Il silenzio tornò a miscelarsi con la tenebra come una pece pesante che mi sentivo addosso. - “c’è un’altra caratteristica, un limite che hanno le candele. Esse vengono accese in giovane età da qualcuno che le ama profondamente e sono destinate a rimanere accese per spegnersi solo alla fine della loro vita, al termine del loro scopo. Tuttavia, gli umani le accendono e gli umani stessi possono spegnerle, e per essere riaccese hanno nuovamente bisogno di una “mano” umana che possa farlo. Le candele sono vincolate agli umani, sono dipendenti da qualcuno che si accorge che sono spente, qualcuno che abbia il desiderio di riaccenderle per poter stare all’interno del loro raggio di luce, dentro quella sfera di calore dedicato.” – un breve silenzio – “Tu sei una candela, e sei spenta, per questo non riesci ancora a vedermi!”.
Solo alla fine cominciavo a capire il senso di tutte quelle parole e in un lampo di luce all’improvviso mi sembrava di aver intuito chi fosse quel vecchio nascosto nelle profondità della caverna.
La luce mi colpiva abbagliandomi, ero disteso per terra, a stento tenevo gli occhi aperti.
Solo dopo qualche istante riuscivo a guardare la vallata sotto di me illuminata da un gran sole.
I colori delle rocce ed il verde del bosco erano divenuti estremamente brillanti, mi alzai, respirai profondamente… da quanto ero li?
Che giorno era? Che anno era?
Decisi di scoprirlo scendendo in valle. Presi lo zaino, mi voltai verso la grotta e salutai con un sonoro “ grazie, ciao” che continuò con il ritorno di un lungo eco “ ciao… ciao… ciao….”
….. ma chissà,
se sia stato davvero l’eco.