Il colpo di pistola le perforò lo stomaco. Giulia cadde a terra.
I medici che si trovavano lì accanto entrarono nello studio della psicologa dopo lo sparo.
Fabio Novebaci era in piedi, immobile e con la pistola tra le mani. Pareva che la sua mente avesse lasciato il corpo.
Seguì una grande confusione prima che le guardie della sicurezza lo portassero via.
Giulia venne trasportata in pronto soccorso e operata d'urgenza per rimuovere il proiettile.
Questo fu quanto mi raccontarono i presenti. Io venni contattata da una segretaria. Dopo un'ora la raggiunsi.
Quello sparo aveva perforato anche me, nel cuore.
Riuscivo a immedesimarmi nel suo dolore.
Non volevo che restasse sola.
A distanza di giorni la mia angoscia crebbe. Stavo perdendo peso e ore di sonno.
Giulia era sedata e la prognosi ancora riservata.
Se fossero stati i suoi ultimi giorni mi chiedevo come avrebbe voluto viverli. Io li avrei trascorsi con lei e per questo motivo non riuscivo ad allontanarmi dalla sua stanza.
Avevo la sensazione che mi avesse già lasciata. Mi mancava da impazzire la sua voce, i suoi sorrisi e le sue carezze. Gli offrivo le mie nella speranza che l'amore facesse più dei farmaci.
Se l'avessi persa avrei chiesto di diventare un angelo per aspettarla in cielo, accoglierla in una nuova casa e farle trovare ciò che le piaceva. Non sono pronta a dirle addio. Sono troppo fragile per restare sola.
Non sapevo quante lacrime fossero nei miei occhi prima di vederla stesa su questo letto. Continuerò a vivere nel modo che mi ha insegnato. Se non ci fosse stata lei venderei ancora il mio corpo per sopravvivere. Eva, la prostituta.
Cercherò l'interruttore delle lacrime per non lasciarmi andare. Mi diceva sempre che ero bella e voglio restare così per lei, che mi ha resa bella dentro.
Il mio sguardo era rivolto al cielo. Stava albeggiando. In quell'azzurro rivedevo gli occhi di Giulia, chiusi da giorni.
Mi voltai verso di lei con le lacrime agli occhi e li vidi, aperti, che mi fissavano e luminosi come me li ricordavo.
Era tornata.