La palla lo prese in pieno petto.
Così scrivevano i romantici irredentisti italiani per descrivere gli eroi caduti per la Patria.
Ma nel tuo caso anzi, in tutti gli altri casi il romanticismo non c’entra. Il proiettile ha fondato lo sterno, le schegge ossee sono esplose andando a lacerare i polmoni, le arterie e le pareti polmonari mentre il piombo ha deviato la sua traiettoria verso l’alto andando a danneggiare una vertebra, probabilmente C7 o D1, fatto sta che la botta (che hai a malapena registrato visto quanto è stata istantanea) ti sta facendo cadere all'indietro con gli arti flaccidi.
Non te ne sei accorto subito, hai visto l’orizzonte saltare e piombare giù mentre le nubi si precipitavano a riempire lo spazio vuoto davanti ai tuoi occhi. Poi una sassata sulla nuca che ancora non era la testata che hai picchiato in terra, quel pensiero è arrivato dopo, in questi secondi ancora non ti raccapezzi e nemmeno ti viene da reagire, devi ancora capire che succede.
Forse non lo capirai mai, se tu ci arrivassi dovresti accettare l’idea che hai quattro minuti di tempo perché il tuo cervello ancora vivo muoia per la mancanza di ossigeno. Proprio così e forse lo hai sentito dire anche a qualche addestramento di primo soccorso: “Quando il cuore non batte, ci sono quattro minuti di tempo per salvare il ferito”. In realtà non è esatto ma tanto ora. che sei allo scoperto durante uno scontro a fuoco nessuno ci pensa e tu stai per morire di anossia celebrale per arresto cardiaco.
Il cervello è isolato, proprio come i ghigliottinati che arrivavano al patibolo intontiti dal laudano due secoli fa’ ma adesso sei intriso di cortisolo, adrenalina, testosterone e chissà che altro: le tue sinapsi lavorano a mille e creano più scenari ipotetici di quanti tu ne possa visualizzare, intanto cominci a renderti conto che qualcosa non va.
La bocca è aperta, la lingua sollevata ma non passa l’aria. Provi a forzare i polmoni ma non senti niente. Provi a scuoterti ma nessun movimento, il corpo è come se non ci fosse. Muovi gli occhi, poco e male, ti affidi alla vista periferica, vedi solo il cielo come quando ti sdraiavi sugli scogli… Il dolore alla testa, forse è una roccia ma qui non sei al mare, c’è il cemento e non capisci: sei sdraiato?
Sei ferito? Perché non arriva dolore, perché non puoi alzare le mani per vederle insanguinate?
In bocca un sapore metallico, nel naso il solito odore sporco della guerra, negli occhi le nuvole oscure, il resto non esiste e questo è davvero troppo poco per capire: se tu fossi vicino a soffocare tossiresti, se ti avessero ferito arriverebbe il dolore, non solo dalla testa ma dappertutto… E i suoni? Strani, soffocati e coperti da un ronzio, come quando ti svegli di soprassalto e il tuo corpo non ce la fa ad adattarsi. Dev'essere così, ti devi adattare… Se almeno tu respirassi!
Invece che aria fresca in gola senti un liquido caldo. E l’odore metallico sale anche nel naso adesso, lo riconosci, è sangue, quello di quando facevi a pugni per strada e ti usciva dal naso, invece stavolta ci entra, da dietro, da sotto. Forse pensi che i polmoni sono invasi e scorre per i bronchi, invece che cadere perché sei disteso. Potresti riflettere, pensare alla pressione sanguigna che si scarica, alla pletora che sale come a una marea ma il tempo sta scorrendo e i neuroni cominciano a soffrire, a rallentare per difendersi, per consumare meno energia nell'attesa che arrivi sangue fresco e ossigenato.
Attesa o speranza?
Chissà se le cellule del cervello sperano di sopravvivere o se per questo sia necessario un livello superiore, più complesso di elaborazione neurale, non lo sapremo mai, ne’ tu ne’ io, anzi, non so neppure a che stai pensando in questo momento, con gli occhi che si appannano, il ronzio che si acquieta, le labbra che si rilassano… Ti stai aggrappando? Cerchi di avere uno sguardo smarrito, l’espressione di chi chiede soccorso? Non puoi ma non importa, nessuno sta guardando dalla tua parte, nemmeno i nemici. In realtà ancora ti stai chiedendo cosa succede, perché non puoi urlare perché ti sta assalendo il panico e non scappi via disperato, perché vorresti strapparti le viscere pur di sentire dolore perché solo una lacrima ti esce dall'occhio mentre la bocca trabocca sangue e non ti senti soffocare. Perché.
Gli occhi sono spenti, i timpani fermi, fuori tutto ha cessato di esistere e ci sono soltanto i ricordi, neppure più i pensieri: fotografie pescate a caso nella enorme biblioteca che crolla, il sole riflesso nel mare quando correvi da bambino, l’asfalto in controluce mangiato dalla motocicletta, la lama di luce sparata nella retina durante una visita: è forse questa la Luce che si vede in fondo al tunnel?
No, solo le impressioni che hanno creato legami più forti e che sono più dure a scomparire, a spegnersi una ad una come candele mentre il tuo mondo viene sempre più inghiottito dall'oscurità e ti costringe ad arretrare fino ai sentimenti, senza nulla contro cui combattere ora che gli istinti hanno ceduto e in questa strage di sogni che ti abbandona, l’ultimo è quello che ti fa sentire
solo.