Non voglio trovarmi qui. La luce al neon che viene dal soffitto mortifica questi corpi coperti da un telo azzurrino. Tutto é sterile, tutto é ordinato sugli scaffali e negli armadietti. Sento le note aspre dei disinfettanti, é un odore crudele. Mi concentro sulle imperfezioni sulla superficie del muro e recito nella mia mente una filastrocca che recitavo da bambina. Mi manca l’aria, vorrei essere fuori, in campagna e sentire il vento caldo sul viso. Una luce flebile arriva dal corridoio. Provo orrore per l’immobilitá degli oggetti. Io stessa sono pietrificata e mi sento molle come se al mio interno non avessi piú le ossa ma mi fossi trasformata in un mollusco. 

L’assenza disperata di un suono, in questa stanza. Il medico legale mi chiede se sono pronta. - Sí - dico, ma é una bugia. 

Toglie il lenzuolo. Scopre quel corpo e guardo mia madre. Non respira, non soffre, é come se stesse dormendo. Penso alla sua vita, alla mia, cosí annodate. Le prendo una mano, le vene sono come affluenti e le sue dita sono lunghe e sottili. Il volto é sfiorito. 

Le dò un’ultima carezza sulla fronte. Ripenso alle parole dette e svanite.

 

Svegliati mamma ! Non si sveglierá

 

É morta quel giorno di maggio.

 

E io continuo a vivere.

  

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