Durante una giornata qualsiasi, in una città qualsiasi, Paolo usciva dall’officina di un carrozziere.
Aveva dovuto lasciare la sua automobile in riparazione dopo un incidente accaduto qualche giorno prima e attraversava un enorme piazzale vuoto per poter arrivare a una fermata del bus che lo avrebbe portato in città.
Intanto rimuginava sulla malasorte che lo aveva colpito:
«Proprio adesso che avevo un piccolo gruzzolo in banca, lo devo dare tutto al carrozziere, sperando che basti. Ancora una volta sarò senza soldi. Che destino maledetto!» esclamò.
«Ah no! Questo non lo accetto!» si sentì rispondere da una voce profonda con tono deciso.
Paolo si guardò intorno cercando l’origine del suono, ma era solo.
«Chi sei? Dove sei? Vuoi farmi del male?» chiese spaventato.
«No. Non voglio farti del male, anche se potrei, ma ho anch’io una mia etica».
«Allora cosa vuoi? Dove sei? Fatti vedere!»
Paolo era smarrito e anche un po' impaurito. Ma la voce riprese:
«Sono dappertutto, e, anche se non mi si vede mai in faccia, sono evidenti i segni che lascio. Io sono Destino e non accetto le tue proteste»
«Non ci credo», esclamò Paolo.
Ancora, la voce misteriosa, rispose:
«Lo so che tu non credi in me. Ma vedi? Io sono qui».
«Se tu sei colui che dici di essere, allora dimmi: è questo che avevi scritto per me? Devo sempre faticare per arrivare alla fine del mese?».
«No, non era così che era scritto all’inizio, ma la colpa è tua: non hai mai accettato la mia guida. A un certo punto ci ho rinunciato e ti ho lasciato fare come volevi».
Paolo rimase un po’ perplesso, ma poi rispose:
«Ah! Dunque è tutto frutto delle mie scelte passate?»
«Certo. È così.»
«Ok. Lo accetto. Però, scusami, ma cosa c’entro io se quel tizio mi è venuto contro con la sua macchina? Io stavo tranquillamente viaggiando sulla mia destra, per la mia strada. Non ho sbagliato nulla, È stato lui a saltare la corsia proprio in quel punto e a investirmi frontalmente. Mi dispiace che ora sia in ospedale in condizioni gravi, ma ha fatto tutto lui».
Destino attese qualche secondo, prima di rispondere, come se avesse dovuto trovare le parole giuste:
«Questo è un altro discorso: il suo destino era segnato da un pezzo. Era scritto».
«Come, come? Quindi è per quanto era scritto che quel tale mi è venuto addosso? Tu sapevi tutto dall’inizio?»
Ora la risposta di Destino fu ancora più sottotono, quasi fosse in imbarazzo e dovesse giustificarsi:
«Si. Sapevo tutto. Ma devi considerare che io non ho il dovere di proteggere nessuno. Devo solo verificare che tutto vada come previsto, anche se non piace. Per quanto ti riguarda, te l’ho già detto: ti ho perso di vista e non sapevo neppure che tu eri lì.»
«Non capisco! Se sei quello che dici di essere, come puoi farti sfuggire queste cose?» protestò Paolo.
Destino si spazientì ed esplose:
«Ecco! Vedi? Il tuo problema è che fai sempre un sacco di domande. Non puoi semplicemente accettare ciò che ti accade?»
Ma Paolo era altrettanto arrabbiato:
«Una cosa è certa: se il mio destino era come quello del tizio che mi è venuto incontro, allora ho fatto bene a ribellarmi a te»
«Non lo sai e non lo saprai mai» replicò la voce. E poi ancora:
«Nessuno potrà mai sapere quale altro destino avrebbe avuto se avesse compiuto altre scelte. Hai sempre fatto come hai voluto.»
Paolo pensò di infierire ancora di più:
«Non sarà che tu non sei l’unico arbitro delle nostre vite? Forse c'è di mezzo anche il “caso”? oppure il “caos”? O ancora la “fortuna” e la “sfortuna”? cosa mi rispondi?»
Destino, più calmo, spiegò:
«No, ti sbagli. Io sono l’unico responsabile. Ma sono sempre diverso. La fine di tutti voi umani è segnata, non può essere differente, ma ciò che cambia è il percorso che ognuno compie. Tu hai scelto di non affidarti a me. Hai fatto le tue scelte e ogni volta hai deciso per un destino diverso. Comunque, ammetto che a volte qualche cosa mi sfugga, ma si tratta di episodi sporadici.»
«Non mi convinci. Anzi penso che tutto questa discussione sia solo frutto della mia mente, tarlata dai dubbi, offuscata dai rimorsi e dalla paura del futuro. Penso che tu non esista proprio. Non credo che sia “tutto scritto”. Ti dirò di più: io amo scegliere, decidere per una via oppure per un’altra. Mi fa sentire vivo e… pensante. Anche se qualche volta sbaglio. Almeno, alla fine, saprò con chi prendermela, se dovrò pagare qualche errore».
«Sei un testone. Lo sapevo», disse Destino, dando sfogo alla propria frustrazione e poi:
« Non credere di cambiare le cose: puoi agitarti quanto vuoi ma il finale sarà sempre il solito».
«Questo lo so già, purtroppo» disse Paolo, con lo sguardo basso, ma poi proseguì:
«Io vorrei solo arrivare alla fine ancora vigile, guardando in faccia alla morte. Vorrei essere come un soldato in guerra, che cade combattendo».
«È questo ciò che vuoi? Morire combattendo? Ti auguro di riuscirci. Sai? molti muoiono solo… “attendendo”»
«Spero che non capiti a me. Spero che la voglia di fare, di conoscere, di inventare, insomma di vivere non mi abbandoni. Fino alla fine».
«Io, che sono Destino, ne ho visti molti cedere. Anche più forti di te.»
«Ah già, tu sei Destino» ripeté Paolo. E poi rifletté: «Per ora, il mio problema è quello di dover pagare in anticipo il carrozziere, in attesa dei soldi dall’assicurazione. Ma sai cosa ti dico? visto che quel disgraziato ha realizzato ciò che hai scritto tu, sarai tu a regolare il conto. Che ne dici?».
A quel punto la voce, che veniva da chissà dove, tacque.