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Fuori è buio e fa freddo. Sento il respiro regolare del mio cane disteso sul divano accanto a me. “Sei stanco, amico mio?”.
Natale si sta avvicinando e con esso tante immagini del passato. Vi penso, sapete. Non ho mai smesso di farlo. Non posso condividere con nessuno gli anni della mia infanzia, sono stata una figlia unica. Sto cercando di mettere in pratica i vostri consigli. Sono una brava persona, sono madre e moglie. Mi mancate e questo sentimento fa male. Pensavo di essere forte ma ogni anno arrivano le feste. Ricordo le vostre voci. I preparativi del Natale, gli addobbi, la serenità e la spensieratezza degli anni giovanili. Ricordo l'odore di casa nostra, delle lenzuola di casa, risento i rumori del palazzo e della città fuori.
I tuoi modi cortesi e pacati, mamma, e il tuo umorismo e la tua saggezza, papà, non posso raccontarli. Non trovo le parole, non ci sono. Sono passati tanti anni e a me manca sempre qualcosa. Sono sempre incompleta, come un puzzle a cui manca un solo pezzettino. E tu pensi “ma è solo un piccolo pezzo”, senza quello però il puzzle non è finito. Non sono mai completamente me stessa. Mi sto cercando ancora come facevo a diciassette anni e mi guardavo mentre studiavo riflessa nel vetro della finestra della mia stanza. Sono ancora io? Ma dove è andato a finire tutto questo tempo? Chi se lo è mangiato? E la vita scorre, va sempre veloce lei, e a volte non vivo ma sopravvivo. Quanti siamo a farlo? “Perché mi guardi, amico mio?”, sai leggere i miei pensieri tu. Una carezza e il contatto con il tuo corpo morbido mi rassicura. Tu che non sai niente. O forse sai già tutto?
Questa sera mi pesa l'anima.
Come vorrei rifare il numero di casa mia. 8804814. Lo ricordo ancora.
“Eccola! Dai, vai all'altro telefono Francesco”, diceva mamma. “Che ci racconti? Come stai?”, mi incalzava papà.
Vi sono mancata molto, solo ora lo so. Voi non me lo avete mai detto.
Ciao mamma.
Ciso papà.
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Utente Anonimo
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