E’ finita!!!!
Questo è il primo pensiero di Stefania appena varcato il portone del cimitero, respira a pieni polmoni e un senso di libertà le invade la mente, è sola fuori da quel portone, ma non si sente triste, è solo stanca.
Vorrebbe tornare indietro nel tempo per riparare gli errori fatti, ma non è possibile, deve solo andare avanti, per quanto si sforzi non riesce a capire quella sensazione di sollievo, lei che ha amato Eugenio più della sua vita, perché non si dispera? Perché non piange? Perché quella sensazione di sollievo? Si sente sfinita.
Di fronte al cimitero c’è la fermata del tram e lei senza sapere dove vada, sale e si siede. C’è da dire che i tram sono mezzi di trasporto strani, vanno molto lenti ed attraversano la città vecchia da una parte all’altra, ma a Stefania non importa, le serve solo per riposare perché è convinta che è solo la stanchezza a impedirle di piangere e disperarsi.
Mentre la città passa lentamente fuori del finestrino, Stefania ripensa alla sua vita con Eugenio, dal primo sguardo che si erano lanciati, ai primi baci rubati nei corridoi del liceo e ancora l’impegno sociale e quello artistico che li univa, lo scrivere fino a notte fonda, uno di fronte l’altro, dall’ultima sigaretta all’ultima tazzina di caffè condivisa, la polvere del palcoscenico che gli scorreva nelle vene e li rendeva un'unica cosa, tutta la loro vita come in un film d’autore, le immagini tornavano dalla memoria più profonda.
Immagini belle e brutte, senza distinzione, affollavano la sua mente e i suoi pensieri, il cuore che prima era leggero, ora via via si riempiva e diventava pesante.
Otto anni di rinunce e di corse in ospedale sono sufficienti per uccidere la passione e l’amore di chiunque, ma non il suo, otto anni passati al fianco dell’uomo amato e che aveva visto svanire piano piano… già perché in questi ultimi anni la malattia di Eugenio lo aveva logorato portando via l’essenza stessa di lui, la sua personalità estroversa, la sua genialità si erano assopite per poi svanire, il suo modo di farla sentire donna e desiderata si era perso nell’oblio di notti insonni ad ascoltare il suo respiro affannoso.
Lui che era un uomo geniale, un artista, un amante passionale, gli ultimi anni si era trasformato in una maschera inespressiva, un bambolotto da accudire… e Stefania sempre al suo fianco amorevolmente, con una pazienza infinita sperava in un guizzo di vita nel suo sguardo, mentre Eugenio era rannicchiato in un guscio oramai inadatto a lui, un guscio che solo la morte poteva rompere, ma con essa si sarebbe rotto anche il castello di sogni di Stefania, quindi Eugenio, forse con una coscienza remota, rimaneva come una crisalide nel bozzolo, ritardando la sua trasformazione in farfalla… la sua morte.
Mentre i pensieri si affollavano il tram era arrivato al capolinea e Stefania scende senza accorgersene, si incammina per un viale alberato di uno dei tanti parchi verdi che vivono nella città, il sole è al tramonto e lei si siede su di una panchina ad ascoltare i gridolini di gioia dei bambini… ormai il suo cuore è pieno di ricordi e di tenerezza, ma non ci sono lacrime, solo tanto tanto amore.