Era l’odore. Quell’odore inebriante e devastante allo stesso tempo. Era lui che lo distrasse e lo fece finire con il piede nella pozzanghera. “Da dove arriva?” pensò. Non poteva non riconoscerlo, non poteva sbagliarsi, era chiaramente il Suo odore.
Sentirlo libero nell’aria gli faceva male, gli ricordò momenti felici, gli ricordò paesaggi, canzoni, treni in partenza e regali inaspettati. Corpi nudi e onde che si infrangevano sugli scogli e una bicicletta abbandonata in mezzo al prato. Voci lontane, cibo cinese, gli angoli più nascosti di Torino, una signora che chiamava la vicina dal balcone.
Tutto quello che erano statie che lui avrebbe voluto fossero per sempre. Proprio ultimamente stava anche pensando di chiederle di sposarlo.
Lei l’aveva lasciato soltanto pochi giorni prima, dopo due anni. Lo aveva chiamato, in piena notte. Gli aveva detto che era confusa, che voleva stare da sola, che aveva bisogno di riflettere. E poi aveva staccato il telefono e da quel momento non l’aveva più sentita.
Anzi, nell’ordine aveva: provato a richiamare, fatto la pipì, provato a richiamare, bevuto una tisana alla melissa, girovagato per casa in lacrime, provato a richiamare, acceso il PC, guardato la posta (vuota), provato a richiamare, scritto un’e-mail, provato a richiamare, infilato la giacca sopra il pigiama, preso la macchina, provato a richiamare, guidato fino sotto casa di lei, citofonato invano, provato a richiamare, fatto strada urlando verso casa, provato a richiamare, fatto nuovamente la pipì, preso dieci compresse di valeriana, provato a richiamare, finalmente preso sonno.
Il giorno successivo si era dato malato in ufficio e aveva passato tutto il tempo a dormire, stordito di birre e tranquillanti. E così anche per i tre giorni a venire. Fino a quando lei non l’aveva improvvisamente chiamato un paio d’ore prima. “Ci vediamo? Ho bisogno di parlarti... Magari ci prendiamo un gelato all’uva fragola e facciamo una passeggiata...” gli aveva detto al telefono. La sua voce era tranquilla, come se non fosse mai successo niente. Lui le aveva risposto di sì e poi era corso a farsi una doccia e a radersi, infilandosi i jeans e la camicia più belli che aveva nell’armadio.
L’unica cosa che aveva in mente era il gelato all’uva fragola, il suo preferito, ma praticamente introvabile. Non riusciva a pensare ad altro. Si convinse che se fosse riuscito a trovarlo e a portarglielo a quel loro incontro, lei si sarebbe assolutamente persuasa a tornare con lui. Raggiunse una storica gelateria poco lontano dal centro, dove era sicuro che l’avrebbe trovato, ma purtroppo era chiusa per ferie.
Allora provò in un supermercato di passaggio. Lasciò la macchina in doppia fila per fare più veloce, si catapultò fino al reparto dei banchi freezer e vi infilò la testa dentro. Cioccolato, Stracciatella, Nocciola. Pistacchio, Fragola, Crema, Zabaione, Zuppa Inglese, Limone. Niente Uva Fragola.
Altrettanto di corsa ritornò alla macchina, dove trovò una bella multa che troneggiava sul parabrezza per divieto di sosta.
Non imprecò, non gli importava. In fondo quel gelato era tutto. Dentro c’erano le promesse che non aveva ancora fatto in tempo a mantenere. C’era la famiglia che avrebbe voluto avere con lei, il mutuo, la spesa della domenica, le riunioni condominiali, le gite in montagna, i pranzi dalla suocera, le gioie e le tragedie.
Spremendo le meningi per trovare una soluzione gli venne in mente il grande spaccio di gelato all’ingrosso che avevano da poco aperto sulla tangenziale.
Si chiamava “Tutti i gusti del mondo”, li sicuramente l’avrebbe trovato.
Parcheggiò la macchina nuovamente in seconda fila, credendo nella teoria secondo la quale non avrebbero potuto multarlo lo stesso giorno per la stessa infrazione, ed entrò rapido.
“Avete il gelato all’uva fragola?” chiese ad un commesso senza perdere altro tempo.
“Certo, seconda corsia, il terzo banco frigo” gli rispose quello.
Di corsa giunse nel punto che gli aveva indicato il ragazzo e si ritrovò davanti una vasca enorme di poltiglia fredda e rosata. Eccolo, l’aveva trovato. Il gelato all’uva fragola.
La sorpresa si tramutò però ben presto in orrore quando si accorse del cartellino accanto:
“Il gelato si vende solo in vasche da 1 Kg. Gelato all’uva fragola € 35,00 al Kg”.
Si ricordò di non avere con sé più di dieci euro nel portafoglio, e di aver lasciato il bancomat a casa, sul tavolo della cucina.
Rattristato fece per uscire dal negozio, quando proprio vicino alle casse, notò qualcosa di straordinario. Erano in promozione solo per il resto di quella giornata, dei ghiaccioli all’uva fragola artigianali.
“Ne prendo quattro, ecco i soldi, tenga pure il resto!” esclamò alla cassiera uscendo di fretta per recarsi al suo appuntamento.
In macchina si sistemò il colletto della camicia fischiettando allegramente, accese la radio e posò i ghiaccioli con cura sul sedile accanto, sperando non si sciogliessero.
Quando arrivò lei era già li.
“Ciao…” gli disse. “Sono contenta di vederti...” Il cuore di lui batteva all’impazzata. Silenzio.
“Volevo dirti una cosa... per quello ti ho chiesto di vederci...”
Silenzio. Lui non riusciva ad aprire bocca, aveva un groppo nella gola.
“Volevo dirti che a settembre mi sposo... con Enzo.”
Il cervello di lui non riuscì a decifrare subito quelle parole. Non ebbe modo di darvi un senso. Sapeva che erano parole che facevano male, ma era ancora troppo presto per riuscire a comprenderle per davvero. Quando però si avvicinò a loro un uomo sulla cinquantina, un viso tozzo, i capelli unti e radi sulla testa, gli occhi piccoli come due fessure, che tutto sembrava essere tranne che un bell’uomo, allora ebbe tutto chiaro. Abbassò gli occhi sulla divisa che il signore indossava, e quello che lesse lo fece sussultare. La pettorina rossa e gialla diceva: "
Pasticceria “da Enzo”, produttore n°1 al mondo di gelato all’Uva Fragola!"