CINQUANTA

 

Andavo verso la fine di un estate che non avevo vissuto. Quel giorno assaggiavo per la prima volta i miei cinquantanni. In quel tempo ero immerso in astinenze; d'amore, d'affetti, di compagnia. Non avevo programmato festini in quella data, mi bastava semplicemente, non consumare in solitudine, quello che era un primo traguardo; la metà degli anni dei centenari. La mattinata la passai lavorando nel caldo di una stagione che andava spegnendosi. All'ora del pranzo andai a casa, dove trovai la solitudine ad attendermi, insieme alla tavola imbandita che mi aveva devotamente preparato mia moglie: una scatoletta di pesce, chiusa; mezzo pezzo di pane, fresco; un coltello e una forchetta. Quel pranzo di celebrazione del mio cinquantesimo compleanno, non l'ho mai consumato. Semplicemente l'ho fotografato nella nella mia mente, insieme al calendario che riportava impressa una data: un giorno qualsiasi di fine agosto. Avrei potuto affogare il mio dolore in un oceano di alcol, mi sarebbe piaciuto, in quel dì mi era concesso. Al momento mi resi conto che la sbornia che avrei ricevuto in omaggio, non avrebbe festeggiato con me, probabilmente avrebbe solo aumentato sensi di colpe non mie; non mi tuffai. Il resto della giornata, trascorse in modo anonimo, consumandosi nell'indifferenza generale. Solo la mia partner ebbe voglia di festeggiare quei momenti, ma in un altra casa, con altra gente. Questo stato del mio essere è una brutta bestia, mi corteggia da sempre, sovente sono sua vittima. Mi ribello. Ho finito di scrollarmi la polvere da dosso, questi abiti che indosso li cambierò, non perché sono sporchi, essi non mi rappresentano più. Le mie priorità sono diverse. Mi sono rimesso di nuovo in piedi, il cammino continua, l'orizzonte è ancora lontano, non ho fretta di raggiungerlo, gli vado incontro comunque, il mio posto è la.

 

Domenico De Luca Bossa

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