Paco amava la notte. Con la sua coperta di soffice silenzio rimboccata sulle strade di campagna che percorreva ogni sera. Preferiva lavorare fino a tardi e poi guidare quando gli altri erano già rincasati. Paco non aveva una famiglia ad aspettarlo. Lella non era rimasta abbastanza per costruirla. Era svanita come il buio quando incontra l’alba. Lei invece aveva incontrato Gerry. Ormai il cuore di Paco non guaiva più al ricordo di quelle ombre. Si accoccolava nella cuccia della notte e respirava l’alito degli alberi impettiti che delimitavano la cerniera d’asfalto.
Paco alzò un poco il volume del cd e rallentò istintivamente all’approssimarsi della curva a gomito. Qualcosa attirò la sua attenzione a lato del fascio di luce dei fari. Una sagoma scura appariva sempre più netta sull’orizzonte del prato. Saliva dalla scarpata sottostante. Una figura femminile che agitava le braccia freneticamente. Il cuore di Paco uscì dalla cuccia adattando il ritmo al movimento scomposto della sconosciuta. L’auto si fermò in un’ansa della curva, la donna immediatamente avvinghiata con le dita al finestrino abbassato a metà:
“Abbiamo avuto un incidente io e mio marito, deve avvisare nostra figlia”
Una morsa di terrore gelido afferrò Paco per la nuca paralizzandolo. La lingua inerte attaccata al palato gli occhi incapaci di staccarsi dal volto della donna. Lei tornava a ripetere la frase come un disco rotto mentre dal grumo scuro di capelli impastati a un lato della testa scorrevano matite di sangue che disegnavano copiose ragnatele lungo la guancia e il collo. Paco non riusciva nemmeno a muovere la fronte verso il basso per annuire. La donna aveva smesso di ripetere la prima frase e gli dava istruzioni sul nome e l’indirizzo della figlia. Poi lo lasciò all’improvviso:
“Ora torno giù da mio marito, faccia presto” la notte scomposta la inghiottì senza rumore.
Paco ritornò in sé poco alla volta. Non era la prima volta che sperimentava uno stato di shock, ma mai così intenso. Il telefono non dava segni di vita. Strano, forse si era solo dimenticato di ricaricarlo. Una luce da una casa colonica gli diede un po’ di conforto. Si avvicinò con l’auto e scese a suonare in cerca di aiuto. Nonostante i ripetuti appelli di campanello nessuno si presentò alla porta e Paco dovette rassegnarsi a proseguire. Cercò di ricordare le istruzioni della donna. Il navigatore dava indicazioni ottimistiche. Paco arrivò molto presto all’indirizzo indicato. Cercò di scacciare la sgradevole sensazione che gli era rimasta addosso con un sospiro di sollievo quando avvertì i passi dietro la porta. Questa volta c’era qualcuno in casa.
Una giovane donna socchiuse l’uscio senza staccare la catenella. Si leggeva un vago allarme nei suoi occhi di muschio. Paco cominciò impacciato:
“Buonasera. Mi deve scusare…io non vorrei allarmarla. Si tratta dei suoi genitori. Stanno bene però hanno avuto un incidente poco distante da qui. Alla curvona delle querce…forse sa di quale si tratta.”
Gli occhi della donna si erano stretti in due fessure ostili. Paco cercò di spiegare:
“Sua madre mi ha detto di venire qui da lei…il mio telefono non va e non ho potuto ancora chiamare i soccorsi. Dobbiamo farlo immediatamente da qui…”
Una scossa di nervi scatenò un grido dalla bocca incrinata della giovane:
“Come si può fare questo. Chi siete …è uno scherzo da criminali” singhiozzi senza lacrime le strappavano il fiato dal petto. Paco senti di nuovo una morsa gelida, questa volta stringeva lo stomaco così forte che temette di vomitare sui gradini di pietra del portone ancora aperto a metà.
“Non capisco. Mi deve credere, non capisco…” qualcosa nel suo sguardo trasparente e buono dovette convincere la ragazza:
“I miei hanno avuto un incidente a quella curva. Due mesi fa. E sono morti sul colpo…. capisce ora?”
Paco sentì una sensazione di vuoto sotto i piedi ma cercò disperatamente di aggrapparsi a qualcosa di razionale. Una scansione dei pensieri, ricordi di quei momenti convulsi. Ripensò alle parole della donna ferita.