Metti una giornata di ferie, il sole che ti scalda, un plaid e un libro.
Appena fuori città si trovava il parco che faceva per me.
Un morbido prato dove sdraiarsi in pace e una babysitter a casa con la bambina.
Rilassata, il tempo scorreva inesorabile e giunse al termine senza che me ne accorgessi.
Non era rimasto nessuno nel parco.
Presi le mie cose e mi avviai verso il sentiero che conduceva all'uscita.
Tre uomini seduti su una panchina chiacchieravano fitto.
Appena passai davanti, uno di loro borbottò qualcosa e mi fece cenno di avvicinarmi.
Non feci in tempo a chiedere cosa volesse, che l’uomo mi prese una mano e me la strinse forte cercando di spezzarla.
Un altro suo compagno mi prese per i capelli e cominciò a tirarmeli.
Il terzo si avvicinò al mio viso tanto da sentirne il fiato pesante e mi chiese
“Da quando le streghe vanno in giro da sole?”
Poi urlò frasi incomprensibili in latino.
“Questi sono pazzi di manicomio.” Scrutai attorno a me.
Vidi l'uscita ancora lontana per raggiungerla, ma il bosco era a portata di mano.
Tra calci e graffi riuscii a scappare. Mi sentivo mancare sempre di più le forze. Persi l’equilibrio e svenni.
Una brezza mi ridestò dal sonno profondo.
Scattai in piedi, con gli occhi terrorizzati e un urlo strozzato in gola quasi da togliermi il respiro.
Il parco era di nuovo affollato, mamme con i figli, ragazzi che giocavano a pallone.
Troppo scossa per credere di aver sognato. Il cuore batteva ancora forte.
Mi ricomposi. Presi la mia roba e m’incamminai verso l’uscita.
Rividi la panchina. Mi soffermai un attimo, feci un respiro profondo e mi guardai attorno.
Niente.
Avevo quasi raggiunto il cancello quando udii una voce: “Da quando le streghe vanno in giro da sole?”.
Non volevo crederci. Di nuovo. Un incubo. Cominciai a correre. Veloce.
La foresta mi attendeva.
Sentivo gli uomini sempre più vicini. Non avevo più fiato.
Pochi metri e alzai le braccia al cielo sfogando la mia rabbia in un urlo.
“Alberi a me!”
I rami si sporsero in avanti e mi risucchiarono nel buio delle fronde. Dopo essersi scambiati sguardi perplessi, i tre proseguirono verso l’oscurità. Ora tremavano a ogni rumore. Erano in trappola.
La mia risata soddisfatta echeggiava in ogni dove.
“Mai importunare una strega da sola”.
Notai delle foglie secche e, con il gesto della mano, le alzai in aria.
Volteggiarono fino a prendere la forma di una fune e li legai saldamente.
Raggiunsi casa e sprofondai sul divano. Chiusi gli occhi per un attimo.
Poi un urlo. Mia figlia apparve impaurita.
"Ho sognato uomini cattivi che ti avevano scoperto e fatto del male!"
La strinsi forte e la baciai sulla fronte.
Mi alzai per andare in cucina, mentre con uno sguardo furtivo controllavo le mie prede svenute e nascoste in dispensa.
“Non ti preoccupare, tesoro. E’ stato solo un incubo. Vai a lavarti le mani che la mamma prepara la cena”.