L’invito per la cena di Sabato mi ha colto alla sprovvista.
Il tempo scorre e Christian sta ancora aspettando la mia risposta. Socchiudo gli occhi e cerco di studiare il suo sguardo angelico, perché lo so che sta architettando qualcosa, ma non so cosa. Rispondo con un semplice «Non ho impegni.» Sono tre anni che ci frequentiamo, più uno che trascorro il fine settimana a casa sua. Cosa mai avrà in mente? Di solito ama organizzare feste a sorpresa per il mio compleanno, anniversario o promozioni in ufficio, solo che a breve non ci sono eventi da festeggiare. Comunque i giorni trascorrono veloci e in men che non si dica mi ritrovo al fatidico Sabato sera. Trucco e parrucco, un abito nuovo, et voilà sono pronta per l’appuntamento. «Passo a prenderti alle 20». Chiaro e conciso. All’orario prestabilito sono già con il cappotto in mano e in attesa di uno squillo sul cellulare per uscire di casa. Eccolo. Il telefono vibra. Un’ultima occhiata allo specchio e mi avvio verso la grande serata. Christian mi aspetta fuori dall’auto e con gesto romantico mi apre lo sportello e sorpresa delle sorprese, mi fa dono di una rosa. Sono stupita. Così sentimentale non lo era mai stato. Giriamo qualche isolato, poi finalmente parcheggiamo. Non riconosco il posto, ma non mi lamento, perché amo provare nuovi ristoranti e lui lo sa. Appena mi guardo intorno, un brivido mi percuote la schiena come uno strano presentimento. Non ci sono locali, non ci sono insegne, è una via solitaria e in chiaro stato di abbandono. Solo in lontananza si sentono rumori di una città che vive. «Cosa significa?» chiedo tradendo un’emozione dovuta più dalla paura che dallo stupore. Non mi risponde. Christian si avvicina a una saracinesca e bussa più volte, come un segnale in codice. Due tocchi forti e tre leggeri. Si ferma e poi ricomincia. Silenzio. Poi un rumore dall’interno, qualcuno tira su quella lamiera che ci divide da un ingresso buio e inquietante. Due donne anziane ci salutano con un cenno del capo. In mano hanno una candela per fare luce. «É andata via la corrente?» chiedo, cercando di sdrammatizzare il momento. E di nuovo, nessuno risponde alla mia domanda. Non so cosa pensare. Le due donne illuminano una scala che ci conduce al piano di sotto, forse in cantina. Lì, altre persone ci stanno aspettando. Non mi sento a mio agio. Christian raggiunge il centro della stanza, si ferma, mi guarda e infine parla: «Sarà difficile credermi, amore mio, ma ascolta ciò che ho da dirti e non mi giudicare pazzo finché non avrò finito. Sono vittima di un incantesimo che solo tu potrai spezzare.» Incantesimo? Scuoto la testa, non riesco a credere alle sue parole. Cosa dice mai? I suoi occhi mi fissano, mentre la sua voce calda riscalda la stanza buia e umida. Abbassa lo sguardo e la fiamma di una candela mostra un tavolino. Sopra si trova uno scrigno. Lo apre e tira fuori un anello unico nel suo genere: un solitario con un diamante dal raro color rosso. Sono senza parole. È bellissimo. «Sono trascorsi secoli, ma ricordo bene quando ero ancora un semplice contadino. Un giorno mi recai nel bosco in cerca di legna, e incontrai una donna stremata dalla fame e dalla fatica. Impietosito, la presi con me e la nascosi in casa. Rischiai la vita per lei. Era una strega e stava fuggendo da morte certa. Appena recuperò le forze, decise di andarsene, ma prima di salutarmi, mi regalò l’anello in segno di gratitudine. Con un avvertimento: “La purezza del tuo cuore merita il mio prezioso dono. Ricordati però che puro dovrà essere anche il cuore di colei che amerai. Fai tesoro delle mie parole e vi ricompenserò con salute e ricchezza, altrimenti vivrai senza tempo, finché non farai la giusta scelta”. Dimenticai presto il suo avvertimento. Trascorsero gli anni e m’innamorai di una fanciulla. Però lei non era pura, aveva saputo del diamante e aveva finto di amarmi per impossessarsene. Accecato da quel falso amore, le chiesi di sposarmi e le infilai l’anello al dito, ma ella invecchiò sotto i miei occhi e morì in pochi istanti. Ero stato avventato, così fui punito e dannato a vita eterna. Dopo tanto vagare, ora sono qui con te e non ho dubbi sui tuoi sentimenti. I testimoni qui presenti lo confermeranno e io finalmente sarò libero dalla maledizione.» Non ho dubbi nemmeno io e non ho paura di morire. Senza esitare, prendo l’anello e lo metto al dito anulare. La mano comincia a tremare. Il mio corpo trema. Mi sento sollevare e fluttuare nell’aria. Non sono più nella cantina. Sto volando fuori, nel cielo. Supero i grattacieli, supero la città e mi ritrovo a sorvolare la campagna. Sono sopra una casa. Nel giardino due bambini giocano con la palla. Una donna esce dalla porta d’ingresso e urla che la cena è pronta. Nel frattempo arriva un’auto e parcheggia nel viottolo. Un uomo scende con una ventiquattrore. Lo riconosco. È Christian. La donna sono io. I bambini devono essere i nostri. Ho visto il nostro futuro insieme. Lacrime di gioia scendono senza tregua. Continuo a osservarli fin quando non rincasano. Mi avvicino alla finestra, non li vedo, ma sento risate e rumori di baci. È amore questo, amore vero. Comincio a sentire freddo, tanto freddo. D’un tratto sono di nuovo nella cantina. Intorno a me vedo solo ombre e volti sfocati. Una donna mi sfila l’anello e lo ripone nello scrigno. Mi sorride. Una voce mi scuote all’improvviso: «Vuoi sposarmi?» Con lo sguardo cerco Christian per urlargli il mio «Sì», ma non lo vedo. Mi sento girare la testa. Non è possibile. Un nuovo cambio di scena. Ora mi trovo in un ristorante di lusso. Sono seduta attorno a una tavola apparecchiata. Al mio fianco c’è Christian, è in ginocchio e con un anello in mano. Quell’anello. Piango e ripeto senza sosta. «Sì. Sì. Sì.» Uno scroscio di applausi fa da sottofondo al nostro bacio appassionato. «Hai spezzato l’incantesimo!» Ancora incredula, mi guardo la mano e ammiro «Il mio anello di fidanzamento». «Già» continua lui «… e vissero felici e contenti per tutta la vita». Amore puro. Magia pura.