Quanti Natali sono passati, ben più di cinquanta.
Quelli in cui ero piccolissima, quando per vedere il viso di mio padre dovevo guardare in su e mi sembrava un gigante, quelli in cui mia madre, poco più che ragazzina era per me un adulta con tutte le risposte.
Erano natali senza alberi e presepi ma sapevo che era un giorno speciale anche se non ricordo che mi avessero spiegato il perché, ricordo però il mio rifiuto di attenermi alle regole.
Non sono mai riusciti a farmi baciare la mano ai nonni dicendo:
"Auguri per cent'anni nano' ."
Amavo intensamente i miei nonni ma avrei voluto abbracciarli e baciarli sul viso.
Per fortuna il mio orgoglio veniva scambiato per timidezza e alla fine ricevevo anch'io il mio immeritato regalo: un cartoccio di dolci. C'erano di solito un pezzo di "copeta" qualche"susamieglio" e dei dolcetti meravigliosi con la glassa e i confettini luccicanti.Difficilmente arrivavano a Santo Stefano. Sono sempre stata ingorda.
E poi, più grandicella, i Natali a Torino.
Allora un alberello striminzito lo facevamo e c' erano le vetrine scintillanti del boom economico,ma le guardavo in fondo con indifferenza, niente di ciò che vi era esposto mi sarebbe mai appartenuto.
Ma qualcosa che illuminava la mia attesa del Natale c'era.
Nel grigio dei panni stesi ad asciugare al gelo e ritirati tutti rigidi e color smog, dei mucchi di neve che avevano perso irrimediabilmente il loro candore, c'era il sole del pacco dono della Fiat!
Che meraviglia!!
Un vero regalo, è preparato apposta per me!!!
Ricordo una bambola, e un teatrino di cartone da montare, ma soprattutto LIBRI.
Gli unici libri che possedevo erano il mio sussidiario e il libro di lettura di scuola, ma questi erano proprio libri da leggere, rileggere e custodire gelosamente.
Un deludente"Cuori in cammino", ricordo solo il titolo e che non mi era piaciuto.
Un libro di commedie con Arlecchino, Colombina ecc., che accompagnava il teatrino da montare e poi un libro che parlava di fate e mostri, ricco di poesie e di filastrocche.
Solo anni dopo ho capito che il protagonista era in realtà un gattino e i mostri che lo terrorizzavano rami di alberi mossi dal vento o cani aggressivi.Vorrei tanto rileggerlo ma non ricordo ne titolo ne autore.
Poi il ritorno a casa, al sud, e i Natali sono diventati una girandola di colori rosso e oro e di cenoni pantagruelici e litigate con i genitori per stare magari fino alle dieci a giocare a tombola con gli amici.Ho sempre odiato la tombola e i giochi con le carte,ma poter stare con gli altri a ridere e scherzare non aveva prezzo.
E i dolcissimi Natali,quelli che ricordo con più affetto, di quando i miei bambini erano piccoli e sull'albero di Natale appendevamo i biscotti a forma di cuore, di stella o di alberello, che avevamo fatti insieme, un po storti e bruciacchiati ma comunque irresistibili per i miei cuccioli, e per il giorno di Natale sull'albero erano rimasti solo i nastrini.
Poi ci sono stati i Natali bui, quelli in cui la ferita per una perdita inaspettata era troppo recente per riuscire a guardare oltre, quelli in cui il giorno di festa serviva solo ad esacerbare il dolore di un'assenza.
Ed eccoci ad oggi.
Natale uguale fatica.
La casa da pulire, i pranzi e le cene da organizzare, i festoni da tirare fuori dagli scatoloni e rispolverare.
Dov'e' finita la magia?
Tutta negli occhioni del mio nipotino quando, entrando in casa, scopre un enorme albero di Natale.